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3 Luglio 2006 | Archivio / Una città una storia

N°19-UNA CITTA’ UNA STORIA

L’Argentina raccontata da un giovane emiliano romagnolo… d’Australia. Seconda puntata: Cordoba.

Continua il viaggio in Argentina assieme ad Edward Caruso, australiano di origini emiliano romagnole.Come spiegavamo nelle precedenti puntate di “Una città una storia”ci sono tanti modi per raccontare una città,  fino ad ora abbiamo ascoltato il racconto di chi il luogo lo vive giorno dopo giorno, di chi vi è nato o che lì è cresciuto, lavora. Adesso vi proponiamo invece un altro modo che è quello del viaggiatore, di chi sceglie di conoscere un luogo nuovo e cerca di catturarne l’essenza, guardandosi intorno, scoprendone la  realtà passo dopo passo. Il diario di viaggio del nostro Edward Caruso, emiliano romagnolo d’Australia di cui potrete apprezzare l’ottimo italiano e perdonare qualche piccolo errore, ci porta oggi a Cordoba.

La capitale, Buenos Aires, l’ho lasciata da qualche giorno Dopo un lungo percorso in corriera, ecco Cordoba, geograficamente il cuore dell’Argentina. Cordoba, dopo tanti anni di speranze che un giorno io mi trovassi qua, eccomi. Lasciamo perdere la stanchezza, la solita curiosità che accompagna le prime ore che seguono l’arrivo. Mettiamo da parte tutte le speculazioni e l’orgoglio di avercela fatta – la città piace, o sì o no? Beh, c’era un cielo azzurro e un sole forte, ma ahimè il solito traffico nelle vie principali, strettissime in paragone a quelle di Buenos Aries. Sì, sì, c’erano le zone pedonali e le piazze centrali, fiancheggiate da tanti negozi e zone commerciali dedicate al solito consumismo del mercato, ma erano il miglior modo di evitare le nube di smog degli autobus e delle macchine del centro.
Di nuovo era l’ora di seguire il percorso attorno il centro storico per capire meglio la città. C’è voluta quasi una settimana per curiosare tra le gallerie d’arte, i musei, le varie chiese, i mercatini e l’università. E mi sono preso alcuni altri giorni per fuggire sulle sierre, luoghi di piccoli paesi con i loro paesaggi unici, e luoghi di un verde rilassante di primavera. Una delle chiavi per capire la storia più recente (e parlo dei tempi europei) di questa regione è la presenza gesuitica. E nella capitale ho trovato alcuni cenni paralleli alla cultura della città di Bologna: Cordoba, per la sua storia, cultura e architettura (religiosa, universitaria e coloniale) è riconosciuta come la ‘docta’, o dotta, e inoltre vanta un’università, che è la più antica dell’Argentina.
Ed eccoci nel quartiere della Manzana Jesuítica. Nel 2000 è stato dichiarato dall’UNESCO come sito storico del patrimonio dell’umanità (e questo comprende inoltre le cinque “estancias” gesuitiche che si trovano nella regione). I gesuiti si sono stabiliti nella zone nel 1599, e nel 1608 hanno cominciato a costruire: dal Colegio Máximo (1610) all’università (1622); dal Colegio Nacional de Monserrat (fondato nel 1678) al Colegio de las Huerfanas; e dalla chiesa più antica d’Argentina, la Compagnia di Gesù (iniziata nel 1640), alla Capilla Doméstica (1644). Qui possiamo trovarci nel cortile del Colegio Nacional de Montserrat, con i suoi portici verniciati di un colore giallo vibrante molto simile ai gialli del centro storico di Bologna. Uno può entrare con una guida per visitare le varie aule e biblioteche, con le loro collezioni di libri di teologia e filosofia dal 600 (e con tanti volumi dall’Italia).

Una sera indimenticabile nella chiesa di Compagnia di Gesù è stato il concerto corale del Coro de Niños de Cordoba e di La Rioja, ambedue cori ricchi di giovani talenti e con un repertorio che comprendeva tre pezzi dall’Italia: “La Pastorella”, “La Montanara” e “O Santissimo!”. Inoltre, la chiesa del complesso gesuitico e i corridoi dell’università valgano a visitare per la loro arte, lavorazioni di marmo e di pietra, e per i loro musei.
Il viaggiare porta la solita irrequietezza  verso gli spazi all’aperto. Ma in città ci vuole qualche compromesso. Ci sono gli altri punti storici da visitare dove uno si può perdere nel architettura barocca. Basta a pensare alla cattedrale di Cordoba, con la sua cupola interiore decorata dall’artista italiano Emilio Caraffa (a cui è stato dedicato una galleria d’arte vicino il parco Sarmiento), o alla Basilica de la Merced con le sue murali di ceramica, o la Basilica di Santa Domingo con le sue cupole di maioliche. Uno si può perdere tra i monumenti, o trovare rifugio in Piazza San Martín per osservare la gente mentre che si incontra. O uno si può cercare un bar, con un atmosfera mai descritto nelle guide della città, con un jukebox che suona canzoni dagli anni cinquanta con quell’aria di un tempo tutto da ritrovare (pieno zeppo di gente comune e tutta allegra). Ma il mio luogo favorito era il ristorante “Mandarina!”, vicino all’università. Luogo di cibi freschi e tutti preparati in una cucina quasi all’aperto, e con una bella scelta di piatti italiani, dove si può in Italia prendere un piatto di pasta per circa 3 euro in un ristorante? E il conto, con i suoi disegni di fate e di fiorellini, vale la pena di tenerlo come souvenir.

Dopo un bel pranzo uno si può fare un tour dei musei e gallerie d’arte per conoscere meglio il periodo coloniale fino ai nostri tempi. Il Museo Histórico Provincial Marqués de Sobremonte è la casa ottocentesca del ex-governatore, Rafael Núñez, e la sua famiglia. Le 26 stanze del complesso di palazzi rispecchiano il periodo, mostrando lo stile coloniale ed il tenore della vita per una famiglia benestante di quei tempi. Il Museo Municipal de Bellas Artes Dr Genero Pérez e il Museo Provincial de Bellas Artes Emilio Caraffa danno mostre di artisti contemporanei assieme a collezioni di dipinti dell’ottocento e del novecento. Tra gli artisti c’è sempre qualche nome italiano, come Lucio Fontana e Lino Spilimbergo. Le mostre durante il mio periodo trascorso lì erano tante. Tra i miei favoriti, quella dedicata a Ulpiano Checa. I suoi quadri, con tanti immagini dell’epoca romana, hanno influenzato i registi hollywoodiani degli anni 50 nei loro film basati su quel periodo. La mostra dedicata a Daniel Santoro conteneva molti quadri contro la censura degli anni 50 imposto dal regime militare sulla libertà di espressione. Altri punti d’interesse nella città sono la Criptica Jesuítica; il Cabildo, con il suo Museo de la Ciudad; e il Parco Sarmiento per i suoi spazi, adiacente ad una zona della città nota per i suoi bei palazzi.
Oltre i confini della città troviamo i paesaggi verdi che suscitano passi tra percorsi storici e luoghi noti per la loro bellezza. L’epoca gesuitica ci ha tramandato le viarie “estancias” della regione, patrimonio dell’umanità. Ci sono cinque aperti al pubblico: ad Alta Grazia (1643), a Santa Catalina (1622), a Jesús Maria (1618), a Caroya (1616) e a La Candeleria (1683). Non tutti sono facili da raggiungere (io ne ho solamente visitato tre), ma ognuno rispecchia la propria storia, con vari musei dedicati all’arte sacra del complesso di chiese e monasteri compresi, all’immigrazione, alle culture indigene prima del contatto europeo, allo stile di vita del periodo coloniale, e ai tessuti locali. Tutti contengono splendidi palazzi in stile barocco, e alcuni con giardini in campagna.
L’ultima parola va alle piccole città della regione. Qui non dobbiamo dimenticare l’ospitalità della gente argentina che si incontra per strada, nei bar, nei ristoranti ed inoltre nelle corriere che collegano ogni città al resto del paese. Ho avuto la possibilità di visitare solo sei piccole città della regione di Cordoba, ed ognuno merita una breve descrizione. La prima, Jesús María, è già stata segnalata per la sua “estancia”. Alta Grazia, 35 chilometri da Cordoba, e situata nelle sierre, vanta une delle “estancias” gesuitiche (con una bellissima veduta del fiume e un ottimo ristorante spagnolo a pochi passi – per trovarlo basta a chiedere all’ufficio d’informazioni in centro). Due musei da visitare sono la Casa di Ernesto Che Guevara e la Casa di Manuel de Falla, il compositore spagnolo che decise di vivere gli ultimi anni della sua vita ad Alta Grazia.
La Cumbrecita, un piccolo villaggio in montagna, è testamento dell’influenza tedesca con le sue casa alpine fatte di legno, e tra la selva e le stradette sterrate. Questo è un luogo per turisti, ma dove uno si può perdere nei sentieri che portano alle cascate o a La Olla, area di bagni termali. La Falda e La Cumbre, situate nella Valle Punilla della Sierras Chicas, meritano qualche giorno, la prima per le sue cascate, e la seconda per il suo ritmo rilassato (la pace del verde e le montagne che lo circondano), negozi di dolci e di prodotti artigianali, e per la vista della valle dalla statua del Cristo Redentor. Mino Clavero vale un giro in bicicletta, per il suo fiume, luogo balneare durante l’estate, e per le sue montagne. Inoltre, la tangenziale, Nuevo Camino de las Altas Cumbres, è notevole per una seria di vedute maestose di un terreno che sembra da un altro pianeta.
Questi spazi, facili da visitare, dabnno un’idea del centro dell’Argentina, regione unica e luogo dove uno può trovare un po’ di pace interiore e al tempo stesso tenere il contatto con una gente molto ospitabile e gentile.

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