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23 Marzo 2006 | Archivio / Una città una storia

N°3-UNA CITTA’ UNA STORIA

New York. 1° puntata

Musica: Frank Sinatra, Autumn in New York 


Là dove l’Hudson si ubriaca d’olio – scriveva García Lorca. Là dove un fiume viene cantando, nei dormitori delle periferie, ed è argento, cemento o brezza. Là dove ogni giorno ammazzano milioni di animali per dar da mangiare a milioni di persone. Là dove gli amori diventano in fretta fotografie. Là dove non dorme nessuno – là è New York.


New York è il dolore che sta nei posti giusti. New York sono le sirene dei transatlantici, la luna, i poliziotti. Sono i ragazzi di East River e del Bronx che cantano mostrando le cinture dei pantaloni. New York sono le impalcature dei sobborghi, è sbagliare strada, sono le mani vuote nel rumore della foce. New York è  il dolore che tiene sveglie le cose, l’aurora che sale le scale antincendio, è la dolcezza delle foglie che cadono ai piedi dei grattacieli, è una canzone di Frank Sinatra. E’ il vento sterminatore che viene dal nord, sono i ponti, i fiumi, gli edifici, la città minacciosa e sporca e la città romantica e splendente. Tutto questo è New York. New York.



Musica: Liza Minelli, New York New York



Il nostro viaggio nei luoghi di emigrazione, che si chiama “Una città, una storia”, è iniziato con Montevideo e prosegue ora a New York. Lo spunto per parlare di questa metropoli, in cui sono presenti otto associazioni di emiliano-romagnoli, ce l’hanno dato Massimo Toschi e Alberto Quartaroli, che avremo come ospiti nel corso delle nostre due puntate dedicate alla Big Apple. A questi due esponenti della “nuova” emigrazione, come viene chiamata, cioè quella dei funzionari e dei managers, chiederemo cosa significa, oggi, essere italiani a New York. E, soprattutto, cos’è oggi New York, dopo l’11 settembre? Dove sta andando la città che cambia più velocemente al mondo?


Massimo Toschi è un giovane funzionario delle Nazioni Unite, e il suo punto di vista ci è utile per capire non solo New York ma anche i destini del mondo che in questa metropoli trovano uno snodo, una direzione.


Alberto Quartaroli, presidente dell’Emilia-Romagna Network di New York, è l’imprenditore che lo scorso Natale ha organizzato un grande evento promozionale del made in Italy presso i magazzini Fortunoff che sono il tempio dello shopping a New York.


Parleremo dunque con i nostri due amici che vivono a New York. Tra l’altro, la ripresa, a partire dall’11 maggio, del volo diretto estivo Eurofly Bologna – New York, rappresenta un ulteriore motivo di avvicinamento tra la nostra regione e la metropoli americana. I costi e le distanze, dunque, si riducono, anche se le differenze rimangono molte. Divise dall’Oceano, la vecchia Europa e la giovane America. La tartaruga e Achille pie’ veloce. La tradizione e l’innovazione. Il vero e il finto. Le antiche chiese gotiche da un lato e, dall’altro, la neve di Manhattan che dona grazia anche alle false ogive – per riprendere un’immagine di García Lorca in Poeta en Nueva York, scritto durante la sua permanenza in città nel 1929-30.



Musica:  New York state of mind.



Quelli erano gli anni della grande immigrazione dai paesi europei, e lo stesso poeta spagnolo, che non parlava inglese, frequentava i quartieri degli emigranti e dei neri, ascoltava il jazz e si sentiva straniero.


D’altra parte, un vero newyorchese è uno straniero. Oltre la metà della gente di questa città ha origine altrove, viene da fuori. Così come più di 100 milioni di americani possono dire di discendere da un uomo, una donna o un bambino che passarono per la grande sala di registrazione e di controllo sanitario di Ellis Island. Tra il 1892 e il 1924 qui sono sbarcate 22 milioni di persone, provenienti in buona parte dall’Europa centro-orientale e meridionale.


Ellis Island: immaginiamo quest’isoletta nella meravigliosa baia di New York, a pochi km dal porto e da Manhattan, quando era la stazione di smistamento degli immigrati ed era chiamata “l’isola delle lacrime”. Le scene che si svolgevano in quelle stanze, ora occupate dal Museo dell’Immigrazione, erano strazianti. Quando le navi a vapore entravano nel porto di New York, gli immigrati erano al limite dell’umano: sporchi, affamati, senza un soldo, con negli occhi i ricordi struggenti, lacrimosi, delle loro povere campagne abbandonate, e davanti la metropoli ricca, bellissima, con il suo skyline già superbo. E loro lì sotto, allibiti davanti allo splendore mai visto degli edifici.



Musica: Ennio Morricone e Dulce Pontes, The balade of Sacco e Vanzetti



Quella che sta finendo è “La ballata di Sacco e Vanzetti”: musica di Ennio Morricone e voce – meravigliosa – di Dulce Pontes. La canzone, resa famosa da Joan Baez,è  dedicata ai due anarchici italiani finiti sulla sedia elettrica per un delitto che non avevano commesso. Ci viene in mente, a questo proposito, il libro illuminante del giornalista Gian Antonio Stella in cui sono raccolti i giudizi negativi degli americani sugli immigrati italiani. Il libro si chiama “L’orda: quando gli albanesi eravamo noi”. Vi leggiamo che il New York Times del 9 luglio 1905 pubblicò un articolo di questo tenore: è giusto deturpare una bella città come Manhattan con la vista dell’angoscioso squallore dei napoletani – gente abituata a schiamazzare nell’immondizia dei pesci appesi al sole e a urlare nel biancore delle case, coi bambini straccioni e denutriti, con la frutta in decomposizione sui carretti spinti a mano e la verdura mezza marcia sulle bancarelle?


Un altro giornale scrive: siete mai stati a Little Italy? Andateci, non farete fatica a trovarlo: basta seguire l’odore dell’aglio che perfino la fresca brezza del mare non può soffiare via. Sempre il New York Times, il 13 febbraio 1882, diceva di andare a Broadway a vedere i mendicanti italiani con scimmietta e organetto, mentre il Report della Commissione Immigrazione del 1911 nota come gli italiani “forniscono il grosso della criminalità alla polizia a ai tribunali”. Gli italiani sono malfattori, camorristi, odorano di spaghetti, si infiammano per niente, con lo stesso coltello tagliano il pane e la gola, sono gli ultimi a imparare l’inglese, ecc. ecc.


Ma i tempi sono cambiati, vero, Alberto Quartaroli? A te, che hai curato gli eventi promozionali del made in Italy presso i grandi magazzini Fortunoff ed hai in programma, nel 2006, altri eventi di promozione dei nostri prodotti, chiediamo quale Italia piace all’America; quale Italia piace a New York. 




Musica: Anouk, Hotel New York



Quartaroli, tu sei presidente dell’Emilia Romagna Network di New York. Sappiamo che stai preparando un profilo professionale dei membri dell’associazione. Ci puoi dire cosa fanno gli emiliano-romagnoli a New York?



Musica: Laurie Anderson,  Sharkey’s day



Bene. Quanto ai legami tra Emilia-Romagna e New York, ricordiamo che dall’11 maggio Bologna e New York saranno più vicine grazie al volo diretto intercontinentale estivo. Ma i legami tra le due città sono sempre stati intensi. Legami culturali, soprattutto. Nel capoluogo emiliano ha sede una delle più prestigiose Università americane, la John Hopkins University.


Inoltre, nei primi anni ’80, una giovane insegnante dell’Università di Bologna, e nota critica d’arte, Francesca Alinovi, scomparsa in circostanze tragiche, aveva creato un forte collegamento tra Bologna e New York. Teorica dell’arte di frontiera, aveva organizzato per prima in Italia una mostra di giovanissimi graffitisti di New York: nomi presto divenuti celebri, come Keith Haring, Rammelzee, Kenny Sharf, Basquiat, che avevano iniziato il loro percorso artistico lasciando disegni veloci sui vagoni della metropolitana. Con lo spray, firmavano tutta la loro disperazione di emarginati delle periferie, prima di approdare alle gallerie d’arte downtown, di arricchirsi e di venire imitati da altri gruppi di ragazzi e giovani pittori in tutta Europa.



Bologna così, grazie all’Alinovi, aveva conosciuto per prima, in un momento di grande vitalità artistica, il linguaggio immediato, rapido, espressivo nato nella subway e sui muri del Bronx e di Brooklyn: un linguaggio giovanile poi coniugato nella performance, nel rap, nella danza, nei videotapes, nel fumetto, nell’elettronica. Ma di questo parleremo nella prossima puntata, dove cercheremo di capire la natura di questo travaso di energie, da New York a Bologna, all’Emilia, all’Italia. Arrivederci dunque alla seconda puntata di “Una città Una storia”, dedicata a New York.

Brano corrente

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