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27 Marzo 2006 | Archivio / Una città una storia

N°5-UNA CITTA’ UNA STORIA

New York. 3° puntata

Riprendiamo a parlare di New York con Massimo Toschi e Alberto Quartaroli, due emiliano-romagnoli, rispettivamente funzionario dell’ONU e imprenditore, che vivono nella Grande Mela.


Qual è il miglior osservatorio per cogliere l’anima della città? La metropolitana all’ora di punta? Il ristorante in cima a un grattacielo coperto dalle nubi? Le librerie di Upper Broadway? Le donne sole nei bar che sembrano stare nei quadri di Edward Hopper? O una corsa in taxi che fa pensare a Taxi Driver? 


Lo chiediamo a entrambi i nostri ospiti.



Ciò che rende affascinante New York non è forse, anche, questo sradicamento che fa sì che tu ti guardi in una vetrina e non ti riconosci più come italiano, come romagnolo? E in fondo, nel tuo vederti straniero, provi anche una leggerezza, un’assenza di peso, una sensazione di libertà dal tuo passato e dalla tua identità.



Alberto, è così anche per te? Voglio dire: a casa nostra, in Italia, è difficile staccarci dallo sfondo che ci circonda: il peso della cultura, delle tradizioni, della storia, il significato profondo che hanno le cose. Lì da voi, a New York, tutto è subito visibile, le finestre a Manhattan non hanno tende, non c’è sfondo, è tutto immediatamente presente, reale, contemporaneo. 



Massimo, quali sono le cose per cui vale la pena di vivere a New York. Provo a elencarne alcune, possibili: il turbinare della città che ti fa sentire incredibilmente vivo? La ricchezza di stimoli? La sensazione costante di eccitazione visuale, cioè il fatto che non sai mai cosa troverai dietro l’angolo? I musei? I parchi? Il suo skyline riflesso nell’acqua del laghetto di Central Park?  


Musica: Patti Smith: Sweet Jane



Abbiamo ascoltato Sweet Jane di Lou Reed nella delicata versione di Patti Smith. Come avrete capito, tutti i brani di questa nostra trasmissione riguardano New York o sono di artisti newyorchesi.



Torniamo ora da Alberto Quartaroli, al quale giriamo la stessa domanda che abbiamo fatto a Massimo Toschi: Alberto, quali sono per te le cose per cui vale la pena di vivere a New York? Ed è vero che in questa città ci si sente naufraghi o avventurieri, più che residenti?



La prima volta che si arriva a New York, si ha l’impressione di entrare in un set, tanto si è sovrastati dalle immagini viste al cinema o in tv, che fanno percepire i luoghi come già visti nella mente. Tutto a New York è iperreale: più vero del vero.


Qual è stata, Massimo, la tua prima impressione della città?



Vogliamo chiudere questo ritratto newyorchese con una riflessione sul famoso 11 settembre 2001, che resterà per sempre nell’immaginario collettivo della città. Lo facciamo leggendo alcune righe del libro forse più bello su questa tragedia, “Molto forte, incredibilmente vicino” del giovane scrittore Jonathan Safran Foer.



Musica: Laurie Anderson, O Superman


Ho cercato di contare i piani sopra il punto in cui erano finiti gli aerei, il fuoco avrebbe bruciato il palazzo verso l’alto, sapevo che quelle persone non si sarebbero salvate, e quanti erano sugli aerei, e quanti sulla strada, e ho pensato, pensato.(…) Quel pomeriggio i caffè erano affollati, la gente rideva, c’erano code davanti ai cinema, andavano a vedere film comici, il mondo è così grande e così piccolo, eravamo vicini e lontani nello stesso momento. Nei giorni e settimane successive ho letto l’elenco dei morti sul giornale: madre di tre figli, studente del second’anno di università, tifoso degli Yankees, avvocato, fratello, agente finanziario, dilettante di magia, burlone, sorella, filantropo, figlio di mezzo, cinofilo, bidello, figlio unico, imprenditore, cameriera, nonno di 14 nipoti, infermiera diplomata, commercialista, medico internista, sassofonista jazz, zio amoroso, riservista, poeta notturno, sorella, pulitore di finestre, giocatore di Scarabeo, pompiere volontario, padre, padre, addetto agli ascensori, amante del vino, dirigente aziendale, segretaria, cuoco, finanziere, vicepresidente esecutivo, bird watcher, padre, lavapiatti, veterano del Vietnam, neomamma, avido lettore, figlio unico, scacchista competitivo, allenatore di calcio, fratello, analista, maître, cintura nera, amministratore delegato, compagno di bridge, architetto, idraulico, direttore di pubbliche relazioni, padre, artista residente, pianificatore urbano, sposo novello, banchiere, chef, ingegnere elettronico, neopapà…”.



Ecco, alla fine di questa lettura, c’è un commento da fare. Nonostante abbiano subito un attacco terroristico che ha causato migliaia di morti, gli abitanti di New York non sono diventati bellicosi, fanatici, guerrafondai. Sono rimasti cool, liberali, come prima. Certo, come scrive Safran Foer, ora ci sono molte cose che danno il panico, come i ponti sospesi, gli aerei, gli arabi nel metrò, i tombini delle fogne, le griglie del metrò, le borse senza proprietario, gli uomini baffuti, gli ascensori, i grattacieli, i turbanti… Ma New York ha trovato il modo di andare avanti. E quando anche il centro dell’economia mondiale si sarà spostato dall’Atlantico al Pacifico, tra cent’anni o anche prima, New York resterà fedele a se stessa: un mito della bellezza ultramoderna, come Venezia lo è di quella antica… Un mito, sì, perché qui, come dice questa canzone di Paul Simon, Diamonds on the soles of her shoes, sotto le scarpe di lei ci sono i diamanti…



Musica: Paul Simon, Diamonds on the soles of her shoes



Ricordiamo ai nostri ascoltatori che in queste tre puntate su New York abbiamo parlato con Massimo Toschi, funzionario delle Nazioni Unite, e Alberto Quartaroli, imprenditore, entrambi appartenenti all’Emilia Romagna Network di New York. Abbiamo fondato le nostre considerazioni su alcuni testi:


“Poeta a New York” di Federico Garcia Lorca, “America” di Jean Baudrillard, “Finestre di Manhattan” di Antonio Muñoz Molina, “Molto forte, incredibilmente vicino” di Jonathan Safran Foer.




Abbiamo infine ascoltato i seguenti brani musicali: Autumn in New York di Frank Sinatra, New York New York di Liza Minelli, New York state of mind di Billy Joel, La ballata di Sacco e Vanzetti di Ennio Morricone, Sharkey’s day e Coolsville di Laurie Anderson, Chelsea Hotel di Leonard Cohen, Liquid days di Philip Glass, Wake up in New York di Craig Armstrong, Kokoku di Laurie Anderson, Sweet Jane di Patti Smith, O Superman di Laurie Anderson, Diamonds on the soles of her shoes di Paul Simon.

Brano corrente

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