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10 Luglio 2007 | Archivio / Una città una storia

N°68-UNA CITTA’ UNA STORIA

Bologna e la sua Università.

Cari amici, torniamo in regione questa settimana per parlare di Bologna e della sua Università, che si disputa con Parigi il vanto di essere la più antica d’Europa. Utilizziamo ancora le guide di Hermatena, editore bolognese specializzato nella ricerca di elementi simbolici ed esoterici nelle architetture urbane. Anche per oggi, dunque, i nostri Virgilio, che ci conducono attraverso la città, sono Morena Poltronieri ed Ernesto Fazioli.


Quando tra le materie di studio c’era anche l’astrologia


Le Università, com’è noto, furono una creazione originale del Medioevo occidentale. Le Università medioevali nacquero verso la fine dell’XI secolo in due città: Bologna e Parigi, seguite poi da Montpellier, Oxford, Cambrige, Padova, Napoli e Salamanca. Fino a quel momento la scuola aveva vissuto solo attraverso istituzioni ecclesiastiche, parti integranti dell’organizzazione di cattedrali e monasteri, oppure attraverso gruppi informali di discepoli raggruppati intorno a un maestro itinerante. Con le Università si formarono istituzioni stabili e specifiche per l’insegnamento superiore.


Nasce un nuovo concetto giuridico, quello di Studium, vale a dire un’istituzione per l’insegnamento superiore, fondata e confermata da un’autorità, tale da conferire dei diritti, primo tra i quali quello legato al riconoscimento internazionale dei titoli di studio. Dal XV secolo si comincia a fornire agli studenti le aule di studio, sale per corsi, riunioni e biblioteche.


A Bologna gli studenti stranieri costituivano la vera e propria Università, mentre i Dottori, reclutati e pagati dagli stessi studenti e solo in seguito dal Comune, ne erano esclusi. I bolognesi in quanto cittadini non fruivano di particolari agevolazioni. L’Università di Bologna, pur avendo un irradiamento internazionale, si fondava su un profondo radicamento locale, che mise le basi per una cultura comunale, al di là dei nascenti nazionalismi. Bologna fu terreno di disquisizione a proposito della nascita delle nuove scuole universitarie. Studium fuit Bononiae, dai tempi di Odofredo (secolo XIII), aprì fra gli storici la discussione sulle origini delle scuole di Diritto che, convenzionalmente, vennero fatte coincidere con la nascita dell’Università. A Bologna un gruppo di studenti e maestri appartenenti a facoltà nate per moto spontaneo lottarono per rendere lo Studio indipendente. Questa fu la condizione necessaria affinché il sapere maturasse e fosse trasmesso attraverso i giusti valori. Dal grande scisma del 1378, il potere del papato subì un pesante declino a favore di quello dei sovrani, che cominciarono ad avere una certa influenza sulle Università tale da modificare il tipo di studio.


Nello Studio bolognese erano presenti le sette Arti Liberali, contenute nel Trivio (Grammatica, Logica e Retorica) e nel Quatrivio (Geometria, Aritmetica, Medicina-Astrologia e Musica).


Già dal 1200, la cultura dell’Europa medioevale venne quasi interamente suggestionata dai classici e dagli arabi. Questi ultimi avevano da tempo curato interessanti traduzioni, sull’uso dell’abaco e dell’astrolabio da antichi testi caldei, persiani, indiani e greci. Avevano curato studi su Galeno, Socrate e Aristotele. Inoltre circolavano testi falsamente attribuiti a Pitagora, Empedocle, Tolomeo e Plutarco, che costituirono elementi di studio per l’alchimia, l’astrologia e la filosofia di concezione islamica. Alle idee di Platone e Aristotele, vennero aggiunte quelle legate alla concezione della scuola pitagorica, attraverso la comunità sabea di Harran, che riconosceva quale proprio capo il profeta Idris (il biblico Enoch, spesso identificato con Ermete Trismegisto, creatore di tutte le arti magiche, dall’alchimia, all’astrologia, fino ai tarocchi).


Avicenna era un medico persiano che approfondì studi su Aristotele e i neoplatonici e si occupò di filosofia e medicina. Egli ammise l’immortalità dell’anima che distinse dall’intelletto. Ebbe una particolare influenza su Federico II e il suo Canone di Medicina, e fece parte dei programmi di studio all’Università di Bologna. Venne trattato lo studio dei numeri, ritenendo che riducendo a formule numeriche l’intero cosmo, si sarebbero potute trasformare le singole nature, in modo tale da ricavare nuove sostanze, enunciato che poi fu la base dell’alchimia.


L’insegnamento di queste materie rese più ricco il panorama universitario del XIII secolo, con centri di studio di filosofia e scienza a Parigi e Oxford, mentre a Bologna lo studio della legge e della medicina si univa all’analisi dei pianeti, attraverso i testi di Sacrobosco, come l’Algorismo e il De Spherae. In quel secolo l’insegnamento di astrologia era affiancato e inserito a medicina e filosofia. All’epoca si diceva che un bravo medico dovesse essere anche un bravo astrologo. All’interno della facoltà di medicina si crearono delle spaccature tra la medicina ispirata a Galeno e Ippocrate, e quella che aveva subito le infiltrazioni arabe innovative, che furono considerate negativamente dalla chiesa. Questa frattura tra Bologna religiosa e laica, determinò la nascita di due correnti che si tradusse in due differenti scuole, situate presso le basiliche di San Francesco e San Domenico, dove si organizzarono rispettivamente l’Università delle Arti e quella di Diritto e Teologia. Quest’ultima di Diritto canonico, di stampo guelfo, studiava l’insieme delle legislazioni ecclesiastiche formulate da Graziano, raccolte da fonti relative ai primi padri della Chiesa (Decretum) e si contrapponeva alla Facoltà di Giurisprudenza, di diritto laico ghibellino, che studiava invece il Corpus Juris di Irnerio, cioè la raccolta di tutte le più antiche leggi emanate dai codici Giustinianei, giunti da Ravenna a Bologna (codice di leggi imperiali).


In questo modo, venne ad essere confermata una tendenza rivoluzionaria e anticlericale all’interno di una Bologna influenzata fortemente dal papato. Per questo motivo, molti studi e ricerche relative alle cure magiche attraverso talismani e preparati alchemici, dovettero proseguire in maniera sotterranea, al di là dei vigili occhi della Santa Inquisizione.


Nonostante le invettive della Chiesa, la cattedra di Astrologia sopravvisse per più di tre secoli con tutta una serie di importanti docenti. Uno dei primi fu Guido Bonatti, citato anche da Dante Alighieri nel suo Inferno, di tendenza ghibellina che fu al servizio per molto tempo presso Guido da Montefeltro. Seguirono Boninsegna e Bartolomeo Bolognese, entrambi lettori presenti a Bologna dalla fine del 1200 all’inizio del 1300. Uno dei più grandi lettori d’astrologia fu Cecco D’Ascoli, che morì sul rogo a Firenze a causa dei suoi studi. La successione di insegnanti proseguì con Bonfiglio da Gubbio, Benintende da Firenze, Tommaso Pizzani, Guglielmo Argeli, Giovanni da Cipro e tanti altri ancora fino al senatore Da Noto, sacerdote siciliano e successivamente vescovo di Mileto, che sostenne l’astrologia naturale, affermando che essa non era da considerarsi contrastante con la fede cattolica, in quanto parte integrante della natura. Persino Papa Giulio II incaricò gli astrologi di scegliere il giorno più favorevole per la propria nomina ufficiale e Papa Paolo III decise di porre ogni Concistoro sotto i migliori auspici astrali.


Nel XV e XVI secolo i medici astrologi furono molto richiesti, come nel caso di Pietro Giovannetti che per la sua fama venne chiamato a Siena dal Cardinale Enea Silvio Piccolomini. Al suo ritorno a Bologna fu magistrato degli Anziani e uno dei 16 riformatori dello Studio. Il riconoscimento ufficiale dell’attività sociale dell’Astrologia venne sancito dall’obbligo fatto al Lettore di preparare annualmente un pronostico che doveva servire da guida pratica per la medicina, l’agricoltura e tutti i fenomeni sociali, il Tacuinus. Il professore era tenuto a compilarlo ogni anno e a renderlo pubblico affinché tutti potessero consultarlo. Girolamo Manfredi fu il massimo esponente dell’Astrologia medica del 1400 a Bologna e tra il 1475 e il 1476 redasse il primo Tacuinus stampato.


Questa pubblicazione, tra l’ufficiale e il popolare, veniva redatta per anticipare i principali accadimenti che avrebbero coinvolto la città durante l’anno esaminato ed era composta da varie parti. Iniziava con una dedica ai Bentivoglio o al Papa, o comunque al Governo locale, al fine di mantenere buoni rapporti col potere. Seguiva uno scritto di sottomissione ai voleri di Dio, chiedendo perdono per gli eventuali errori. Vi era poi una parte che trattava fenomeni astronomici, come eclissi di sole e luna e i loro effetti ai quali seguivano i fenomeni astrologici, con l’indicazione degli aspetti planetari, congiunzioni tra astri, studi sui segni dello zodiaco e il procedere delle costellazioni. Tutto ciò veniva tradotto nell’ambito sociale e negli avvenimenti pubblici attraverso le previsioni. Poi veniva trattata la materia medica, descrivendo cure e rimedi, ma anche date astrologiche da seguire per una corretta  somministrazione dei farmaci. Vi erano inoltre disegnati grafici che descrivevano le corrispondenze anatomiche tra il corpo umano e le stelle. La parte più importante era tuttavia quella legata agli accadimenti nella città, la vita dei politici e la fortuna dei signori locali. Si conosce bene la storia dell’astrologo dottore Luca Gaurico, che predisse la caduta dei Bentivoglio. Nel momento in cui la profezia si avverrò, ebbe cinque frustate, la prigione e l’esilio come ricompensa. Dovette riparare a Ferrara ove venne accolto con il massimo onore, divenendo lettore all’Università e ottenendo successivamente alte cariche ecclesiastiche.


Il Tacuinus proseguiva con anticipazioni relative agli aspetti meteorologici per tutto l’anno, e poi, partendo dalla primavera, approfondendo via via le varie stagioni. Infine venivano indicati mese per mese i giorni fausti e nefasti, al fine di dare informazioni utili per intraprendere qualsiasi iniziativa. Il periodo migliore di questa pubblicazione fu compreso tra il 1472 e il 1560. Dopo questa data il Tacuinus perse  la sua ufficialità, anche per via del risultato del Concilio di Trento e per la guerra aperta contro l’astrologia. Da quel momento la pubblicazione non fu più connessa a previsioni e studi astrologici, per cui i dotti astrologi vennero sostituiti da dilettanti superficiali e poco attenti.


Il Tacuinus perse così il suo cuore, trasformandosi nel Lunario, detto anche Almanacco. A Bologna dal Sei al Settecento apparvero tutta una serie di magnifici lunari tra i quali primeggiò il plurisecolare Duttour Truvlein, in dialetto bolognese che rappresentò la satira del vecchio medico astrologo.


Uno degli ultimi pittoreschi personaggi legati a questo studio, fu Ovidio Montalbani. Egli scrisse alcuni testi relativi all’astrologia come Cometoscopia, Selenoscopia e Afroditologia, trattati bizzarri che vennero molto criticati.  Fondò nella sua abitazione l’Accademia dei Vespertini, nella quale si impartivano lezioni di astrologia, matematica, geometria e fisica. Tra i suoi docenti apparve Cornelio Ghirardelli, un frate minore riformato, che ricevette dal senato di Bologna l’incarico di redigere il Tacuinus.


Il colpo di grazia contro la materia astrologica venne dato da Geminiano Montanari, studioso presso la Specola, che con la sua opera L’Astrologia convinta di falso svelò il segreto di una sua precedente pubblicazione, Il Frigniuolo, almanacco che ebbe dal 1676 al 1685 un’enorme diffusione per via delle previsioni astrologiche legate ai vari eventi dell’anno. Rivelò che questo almanacco era stato scritto a caso e come burla, insieme a importanti personaggi bolognesi come Domenico Guglielmini e il senatore Gerolamo Bentivoglio. Questo avvenimento decretò il declino del grande studio che carpiva dai movimenti celesti le dinamiche della vita e che finì dimenticato per secoli.

Brano corrente

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