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17 Luglio 2007 | Archivio / Una città una storia

N°69-UNA CITTA’ UNA STORIA

Carlos Nadalini: dall’Argentina un inno alla “bolognesità”.



Mi chiamo Carlos Nadalini, sono medico generico e dietologo, nipote di bolognesi e abito a Buenos Aires. Sono molto legato alle mie origini e, appena ho un momento libero, mi piace studiare la storia e la cultura d’Italia e di Bologna.  Non sono ancora stato “di persona” a Bologna, ma ho imparato a conoscerla, amarla e a sentirmi parte della cosiddetta “bolognesità”.

Ma che cosa è la bolognesità? Come definirla? A mio parere, è l’essere o il sentirsi bolognese, includendo tutte le caratteristiche dell’essere bolognese. Si riferisce, pertanto, alla nostra cultura, e più in generale al patrimonio specifico di conoscenze organicamente legate fra loro che una comunità possiede: la storia, le tradizioni, la musica, le danze, l’architettura, la religiosità, la gastronomia, nel nostro caso il Bologna Football Club, il modo di essere e di parlare in lingua o in dialetto ecc. Il concetto esprime dunque una totalità.  Un’identità che non deve essere perduta, dal momento che è necessario mantenere un “modo di essere, di sentire e di vivere”.

Ma chi riguarda la bolognesità? Credo che sia patrimonio di tutti i bolognesi, nati a Bologna o no. E’, per così dire, una questione cromosomica, che ci si porta addosso. Un amico bolognese mi ha detto che si tratta di un certo modo di vedere la vita e la società: una visione del mondo che comprende solidarietà, condivisione, divertimento e senso della comunità. E’ un valore sociale patrimonio di tutti. 


Ci sono anche quelli che, pur non avendo origini felsinee, amano la cultura e le tradizioni della provincia bolognese. Francesco Guccini è nato a Modena ma è sicuramente bolognese d’adozione, essendo l’autore di canzoni come “Via Paolo Fabbri 43”, l’indirizzo della casa dove abitava a Bologna, “La Fiera di San Lazzaro”, un brano scherzoso e furbacchione, e quella intitolata appunto “Bologna”.  Ma i cantautori di Bologna non omaggiano soltanto le torri o i portici. Luca Carboni canta un’altra meraviglia bolognese: le ragazze. Le ragazze “che sono fiori da non calpestare, le ragazze che si fidanzano, che ci distruggono”…


 La città è stata chiamata “la dotta”, “la turrita”, “la grassa”, ma a mio parere potrebbe essere anche chiamata “capitale culturale” o “capitale gastronomica” d’Italia, e “città valorosa”, dato che ha sempre lottato in difesa della sua libertà.  Credo che questi complimenti possano riferirsi all’intera provincia, non soltanto alla città, dal momento che centro e periferia, città e campagna, hanno in comune una storia, una cultura, un modo di essere e di sentire, che li porta a condividere la stessa bolognesità.


Ed é appunto a questa Bologna periferica che si riferisce il cantautore Fausto Carpani, al borgo della sua infanzia, i prati di Caprara, fuori Porta San Felice: i “Pré ed Cavrera”. Ed era appunto nelle balere di Prati di Caprara che si ballava al suono della musica di Leonildo Marcheselli, il re della Filuzzi.


Ma cosa vuol dire essere bolognese? Renzo Renzi, nella sua opera sulla storia dei luoghi di Bologna, afferma che “quello che siamo, lo siamo grazie a Bologna”. Secondo lui, sono le città (e le province) a fare gli uomini, e dunque il fatto di essere bolognese è un gran merito. Certamente anche noi condividiamo questa opinione.


Non ci resta, dunque, che definire i bolognesi. Sono accoglienti e di natura aperta e solidale. A mio parere, il bolognese é distinto, elegante, buongustaio, colto, pragmatico e razionale.  Sincero e capace di dire “pane al pane e vino al vino”, ma forse un po’ esagerato. I bolognesi hanno notoriamente il senso dell’umorismo, presente nella parlata, nella musica, nel teatro e in una certa teatralità dei gesti.


La bolognesitá si manifesta anche nella fede. I cittadini di Bologna amano definirsi “petroniani” dal loro patrono San Petronio, cui hanno dedicato una grande basilica costruita con i contributi del popolo per rappresentarne lo spirito di libertà. Sono devoti anche della Beata Vergine di San Luca, il cui santuario si trova sul Monte della Guardia.


Bisogna aggiungere che i bolognesi hanno sempre avuto il primato della buona cucina.


Quanto alla lingua italiana, la parlano correttamente anche se con un accento particolare, dove si distingue la famosa “s” bolognese.  Pure il dialetto è legato alla cultura della provincia. Per fortuna, oggi sono in pochi a vergognarsi della lingua materna o a considerarla “una lingua di ieri”. E’ in corso, invece, una rivalutazione della lingua materna, tanto che in città si tengono con gran successo i corsi di dialetto organizzati da istituzioni culturali quali Il Club Il Diapason, il Teatro Alemanni e Il Sito Bolognese (Al Sít Bulgnais) a cura di Aldo Jani, Roberto Serra e Daniele Vitale.  Il poeta romagnolo Raffaello Baldini diceva “scrivo in dialetto perché è il modo più intimo di esprimermi, perché ci sono cose che succedono in dialetto”. 


C’è anche un importante rapporto fra le attività artistiche e la bolognesità. La canzone dialettale nasce con Carlo Musi e canzoni come “L’era Fasôl” e “Caranvel” per continuare con Adriano Ungarelli, Aldo Varini, Mario Medici e Quinto Ferrari, forse il più importante cantante dialettale di Bologna. Quinto é l’autore dell’indimenticabile canzone “La Madunènna dal Baurg San Pîr” (“La Madonna del Borgo San Pietro”) che comincia così: “In fannd al Baurg San Pìr i êra una volta, bèla cme l’paradís una cisénna…”.  Quinto Ferrari ha avuto un erede artistic Fausto Carpani, di cui abbiamo già parlato. 


Cantanti bolognesi famosi, oltre a Francesco Guccini, sono Lucio Dalla, Andrea Mingardi, Luca Carboni e Gianni Morandi, l’eterno ragazzo dalla faccia sorridente. In provincia operano gruppi come il coro del Gruppo Emiliano, I Castellani della Valle, il coro Castiglionese e la Pneumatica Emiliano Romagnola.


La zirudèla è un antico componimento popolare scherzoso in dialetto che veniva declamato in occasioni come nozze e pranzi di campagna, lauree, compleanni e altri eventi. Ne furono maestri Giuseppe Ragni e Marino Piazza. Il teatro ha avuto un grande sviluppo con Alfredo Testoni, autore che dà del bolognese un’immagine allegra, bonacciona, amabile e ironica. Testoni è l’autore del “Cardinale Lambertini”, il quale sarebbe poi diventato Papa Benedetto XIV, molto amato dai bolognesi. 


La vita culturale è intensissima a Bologna, dove si organizzano continuamente attività artistiche, festival e concerti. Ci sono istituzioni come il Teatro Alemanni che produce le migliori compagnie di teatro bolognese; il Club il Diapason, attivo nella realizzazione di progetti musicali; la compagnia di teatro dialettale I Felsinei fondata dal maestro Bruno Dellos, l’Associazione Culturale Il Ponte della Bionda e La Famiglia Bolognese. Non si possono dimenticare i grandi interpreti del teatro bolognese: Bruno Lanzarini, Arrigo Lucchini e la signora Carla Astolfi. 


Sono famosi anche i burattini con personaggi quali Fagiolino e il Dottor Balanzone. Fagiolino è il tipico “cinno”, ragazzo, con la berretta bianca e il neo sulla guancia. Balanzone è invece la caricatura dell’accademico pedante, il sapientone che parla molto con parole difficili per non dire niente. Filippo e Angelo Cuccoli, Nino Presini e Romano Danielli sono i grandi burattinai di Bologna.


Riguardo al cinema: Pupi Avati è il più bolognese dei registi italiani, e la sua opera è un canto alla bolognesità, da “Il testimone dello sposo” – un racconto sulla borghesia di fine Ottocento – a “Storia di ragazzi e ragazze” o “Il cuore altrove”.  Bologna ha dato al cinema italiano due grandi interpreti: Gino Cervi e Giulietta Masina, l’indimenticabile Gelsomina del film “La strada” di Federico Fellini, di cui la Masina fu moglie.


Fanno parte della tradizione alcuni eventi come “Le Felsinarie”, rievocazione della storia cittadina con parate in costume; “Bologna città del cibo”, una festa della gastronomia; il Carnevale di San Giovanni in Persiceto, ispirato alle maschere di Bertoldo e Bertoldino ideate da Giulio Cesare Croce; Il Baccanale di Imola, con eventi che combinano gastronomia, enologia, arte e cultura.


Per concludere, sono parte di Bologna anche scienziati come Guglielmo Marconi, Ulisse Aldovrandi, Marcello Malpighi, e artisti della pittura come Guido Reni e Giorgio Morandi.


Ho voluto fare una sintesi, non imparziale ovviamente, di quella che io credo si possa definire come “bolognesitá”, per rendere omaggio a tutti coloro che ne sono parte, chiedendo scusa per tutti quelli che ho dimenticato. 


Da Buenos Aires vi invio un saluto oltreoceanico.


 


Carlos Nadalini.

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