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22 Agosto 2011 | Archivio / Radio sonora

Radio sonora – Glocal band

Intervista ai The Doorman

A cura di Radio Sonora

22 agosto 2011

Dal primo sguardo diretto alla copertina dell’album d’esordio dei The doormen ci si rende conto del viaggio che ci si appresta a percorrere. Una austera foto in bianco e nero, una intelleggibile porta, probabilmente di una chiesa, che riporta immediatamente indietro nel tempo, quandoi i dischi erano prodotti nella maniera più asciutta, economica e creativa possibile.

La foto all’interno del gruppo è invece una dichiarazione di appartenenza, si vedono nel paesaggio le ciminiere e gli enormi vasconi chimici delle fabbriche ravennati di carbone e petrolio, pochi segni molto significativi. E la musica? Come la copertina fa intendere si tratta di un percorso elettrico monocromatico, che è ben lontano dall’idea di monotonia. L’ispirazione per i più giovani potrebbe apparire essere quella di gruppi che sono emersi sull’onda neo new wave dello scorso decennio, un’esempio gli Interpol. Io personalmente ho sentito la forza primigenia del post punk originario, dove il bianco e nero dominava, anche nelle emozioni espresse. Chiaroscuri diretti, ma sempre figli di un’epoca di tensioni, futuro cupo e interiorità poetica espressa con la forza della musica elettrica.

Vi ricorda qualcosa? Senza togliere nulla al gruppo, la presenza di una figura come il produttore Paolo Mauri, una delle figure centrali della rinascita rock italiana degli anni ’90, è stata importante. Ha saputo tenere il suono asciutto, senza mai enfatizzarlo, lasciando che fossero le canzoni ad esprimersi ed entrare nell’ascoltatore. Così le linee melodiche del chitarrista Luca Malatesta sono rimaste fili elettrici tesi che si muovono sulla ritmica nervosa e metronomica di Nicola Monti alla batteria e Marco Luongo (ex Cavemen) al basso. La voce di Vincenzo Baruzzi è vicina, forse per lui sorprendentemente non so, al primo Peter Murphy dei Bauhaus in molte occasioni, e con la giusta miscellanea di mercurialità e spleen britannico è lo spirito nella macchina del gruppo.

I brani uniscono dispacci diretti come Italy, o New season ad altri come le lunghe ballate finali Impossible love e More time che sono decisamente le più vicine allo spirito post punk di cui sopra. La parte centrale è la più sulfurea con Here comes that bitch e la scheggia elettrica You can’t stop me. Un disco che rappresenta una generazione alternativa che alle spiagge assolate e gli aperitivi ha preferito i sotterranei vellutati, e che con questo album ha trovato una voce importante, per uno dei dischi col potenziale di esposizione più forte in circolazione tra le tante band brillanti della nuova scena romagnola, una delle più importanti in questo momento del nostro paese.

Brano corrente

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