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2 Maggio 2017 | Archivio / Protagonisti

Roberto Freak Antoni: non c’è gusto a essere vincenti

Il cantante, scrittore e poeta bolognese, leader degli “Skiantos”

A cura di Vittorio Ferorelli, con la collaborazione di Ermanno Guarneri

Quarant’anni fa, sul finire del ’77, usciva il disco di esordio degli “Skiantos”, una band bolognese unica nel suo genere, o “degenere”, come avrebbe detto con ironia il suo leader, Roberto Antoni, in arte “Freak”. La storia che vi raccontiamo oggi, cari amici e care amiche di RadioEmiliaRomagna, ripercorre in breve la vicenda di un autentico creativo, nato ben prima che questo aggettivo perdesse buona parte del suo significato.

Il titolo di quel primo disco è “Inascoltable”, un titolo che può essere letto all’italiana oppure all’inglese, a seconda dei gusti. Giocare con le parole, fin da allora, è una delle grandi passioni di Antoni, originario di quella San Giovanni in Persiceto in cui nacque il cantastorie cinquecentesco Giulio Cesare Croce, l’autore satirico delle “Sottilissime astuzie di Bertoldo”.
“La mia stessa intera esistenza” – dirà un giorno – “è cambiata quando ho sentito mia nonna dire così: ‘Quando muoio fate quello che volete, basta che non mi cromate'”. Nato nel 1954, Roberto fa parte della generazione che vive in pieno i fermenti culturali degli anni Settanta. Studia al DAMS, il corso di laurea in Discipline delle arti, della musica e dello spettacolo varato allora, da poco, all’Università di Bologna. Alla fine del corso discute una tesi sui Beatles e sui riferimenti al fantastico delle loro canzoni. Al suo fianco, come relatore, c’è un docente che conosce bene il valore sovversivo della comicità, lo scrittore Gianni Celati.

Quando si laurea, nel luglio del 1978, il primo disco degli “Skiantos” è uscito da qualche mese. In realtà si tratta di una musicassetta prodotta da una piccola etichetta indipendente, la Harpo’s Bazaar, tanto coraggiosa da scommettere su un gruppo di scatenati emuli dei punk inglesi, che suonano nella cantina di casa Antoni, interpretando a modo loro il messaggio di rivolta proveniente dalle periferie londinesi, dai Clash e dai Sex Pistols, tingendolo di buffo, di assurdo, di demenziale. E nella difficoltà di definire in qualche modo la musica che fanno, il termine che prevale è proprio “demenziale”. Dove però la demenza è voluta, consapevole, cercata come spazio di libertà e di critica.
Quando inneggiano alle “sbarbine” (la versione bolognese delle “lolite”), o quando fanno il verso ai cantanti anglosassoni adorati in Italia, da Shel Shapiro a Mal dei Primitives, quando in concerto tirano verdura addosso al pubblico o smettono di suonare e cucinano i maccheroni, sotto ogni sberleffo il messaggio da intendere è questo: anche se stiamo sul palco non siamo delle star, più che guardarci ascoltate le nostre parole e, soprattutto, parlate e pensate anche voi con la vostra testa.

La band resterà insieme per ben 35 anni, producendo quasi una ventina di album. Nel 1980 arrivano a un passo dal Festival di Sanremo, poi si sparge la voce che “quei matti voglio spogliarsi nudi e bestemmiare sul palco dell’Ariston” e vengono esclusi. Non saranno mai famosi, gli Skiantos. Ma entrano nel mito, mantenendo fino all’ultimo la loro autenticità, anche a costo di essere fraintesi o non capiti dai più.
Nel corso degli anni Freak Antoni collabora con molte altre band, quasi sempre esordienti, e spende il suo talento comico in formazioni alternative che fanno ridere già dal nome: Astro Vitelli, Beppe Starnazza e i Vortici, i Ruvidi del Liscio, i Rotolones, gli Avanzi di Balera, i Pollok. I suoi aforismi diventano virali: “A volte il fumo è meglio dell’arrosto”, “La fortuna è cieca ma la sfiga ci vede benissimo”, “Una volta toccato il fondo non puoi che risalire. A me capita di cominciare a scavare”.
Nel 2010 riceve il prestigioso “Premio Tenco” e, tre anni dopo, la sua storia (tossicodipendenza compresa) viene raccontata in un film che si intitola “Biografreak”. E tuttavia, quando muore, nel 2014, si può ben dire che Roberto Antoni abbia resistito: non ha mai avuto successo. L’ironia è e rimane questione di nicchia e, del resto, come dice nella sua ultima canzone, “Cosa pretendi da un paese che ha la forma di una scarpa”?

Per riascoltare la voce di Freak Antoni vi proponiamo una parte dell’intervista realizzata nel 2008 da Ermanno Guarneri per il sito Gomma Tv, dove è possibile scaricare il podcast integrale.

 

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