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29 Novembre 2008 | Archivio / Economia

Il Congo incontra l’Emilia-Romagna

A cura di Claudio Bacilieri. Lettura di Mascia Foschi.

29 novembre 2008

Per le imprese emiliano-romagnole si possono aprire nuove opportunità di business nella Repubblica del Congo. Nonostante i problemi che ancora l’affliggono, questo Paese centro-africano che ha per capitale Brazzaville, risulta molto interessante per l’imprenditoria della nostra regione, almeno stando a quanto è emerso nella sede di Unioncamere a Bologna, dove una delegazione guidata dal ministro congolese per le piccole e medie imprese, Adelaide Moundele Ngollo, e dall’ambasciatore del Congo in Italia, Mamadou Dekamo Camara, ha incontrato rappresentanti di Camere di commercio, Unioncamere, Sprint Emilia-Romagna e organizzazioni economiche.

Risorse naturali in abbondanza, dal petrolio, al legno, al gas, ai diamanti e all’oro, ai minerali, ma anche una ritrovata stabilità politica e una serie di misure fiscali e agevolazioni doganali possono favorire l’afflusso di capitali stranieri e collaborazioni produttive in questo Paese. “Per la Repubblica del Congo – ha spiegato il ministro Ngollo – l’Italia è il secondo partner commerciale dopo la Francia, e puntiamo a intensificare questo rapporto. Guardiamo con attenzione al sistema economico dell’Emilia-Romagna, in particolare alle piccole medie imprese e al modello cooperativo”.

Secondo i dati di Unioncamere regionale, nel 2007 l’Emilia-Romagna ha esportato beni per 77 milioni di euro, quasi interamente nel settore meccanico, e la tendenza è in forte crescita, essendo decuplicate le esportazioni negli ultimi sei anni. Le importazioni, invece, sono state pari a 3 milioni e 400 mila euro e hanno riguardato lana, prodotti agricoli e tessile, con un aumento del 50 per cento nello stesso periodo. L’Emilia-Romagna concentra il 28 per cento degli investimenti italiani in Africa Subsahariana.

“Da questo incontro – ha detto Ugo Girardi, segretario generale di Unioncamere Emilia-Romagna – sono emerse indicazioni per sviluppare rapporti commerciali e joint venture in vari settori: dalla filiera agro-alimentare alla ceramica, al tessile. E’ possibile anche pensare – ha concluso Girardi – a un collegamento con i centri di ricerca per l’agricoltura e l’innovazione per agevolare collaborazioni produttive”.

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