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6 Febbraio 2015 | Mostre

La poesia dell’industria negli scatti di Emil Otto Hoppé

Al Mast di Bologna in anteprima assoluta le immagini di uno dei più importanti fotografi del Novecento

A cura di Carlo Tovoli

Cari ascoltatori è con grande piacere che ritorniamo al MAST, la Manifattura di Arti Sperimentazione e Tecnologia che dalla sua apertura, nel 2013 , ha fatto di Bologna una delle capitali europee della fotografia. Qui fino al 3 maggio, e in anteprima mondiale, possiamo ammirare le immagini di Emil Otto Hoppé (1878-1972), un fotografo che ebbe grande fama nella prima metà del Novecento, per sprofondare nell’oblìo dopo gli anni Cinquanta, prima che la maggior parte della storia della fotografia fosse scritta. Il motivo è forse da ricercare in un banalissimo errore del destino: nel 1954, all’età di 76 anni il fotografo decise di vendere cinquant’anni del suo lavoro a un archivio fotografico di Londra. Qui il suo lavoro fu catalogato per argomento insieme a milioni di altre immagini del patrimonio dell’archivio. Quasi tutta l’opera di Hoppé – quella con cui aveva ottenuto la fama di fotografo più influente della Gran Bretagna tra il 1907 e il 1939 –rimase letteralmente sepolta sotto un principio di catalogazione.  Anche la “riscoperta” di quelle migliaia di immagini è legata al caso, o, meglio, alla determinazione di uno storico della fotografia australiano, Graham Howe, il quale durante una conferenza sentì per la prima volta il nome di Hoppè, totalmente assente nei manuali, e decise di partire per Londra, alla ricerca di quell’archivio dimenticato. E dopo mesi e mesi di duro lavoro, riuscì a ricostruire l’intero corpus fotografico.

Come dicevamo, al pari di suoi contemporanei come Alfred Stieglitz, Edward Steichen, Edward Weston, Hoppé fu tra i principali fotografi del suo tempo, noto anche per le sue immagini di paesaggio e di viaggio. A Londra,nella sua grande casa atelier a South Kensington, fotografò alcuni tra i più famosi artisti, politici, scienziati europei, George Bernard Shaw, Ezra Pound, Filippo Tommaso Marinetti, Albert Einstein, per citarne alcuni, e anche membri della famiglia reale britannica, tra cui re Giorgio V. Dopo aver consolidato la sua fama di ritrattista, negli anni Venti e Trenta si mise in viaggio allo scopo di descrivere il fascino della grandiosità dei siti industriali in tutto il mondo. Nel corso delle sue esplorazioni – in Germania, Gran Bretagna, Stati Uniti, India, Australia, Nuova Zelanda e altri paesi – fotografò l’avveniristico paesaggio dell’industria, vedendo arte e tecnologia nelle sue macchine smisurate. Hoppé era profondamente consapevole di come la tecnologia industriale contemporanea stesse segnando l’arrivo di una nuova era. E anche di una nuova, rivoluzionaria, architettura, fatta di ponti, torri di ferro e acciaio, fonderie, impianti industriali, altiforni.

Nei 190 scatti di realtà industriali presenti in mostra c’è una concezione che mescola entusiasmo futurista a un sentimento profondamente umano e romantico, quasi spirituale. “Se nell’industria può esserci idealismo può esserci anche poesia…, può esserci bellezza e fascino…, il fascino del potere della mente umana sulla materia”. Così scriveva Hoppé nel 1929.
Alle fotografie si affianca l’allestimento di una “camera oscura” , un grande spazio adibito a proiezioni digitali , finalizzato a valorizzare l’eclettica produzione del maestro. Qui scorrono splendide immagini con i ritratti, i suoi nudi, la serie dedicata ai balletti russi e le tante fotografie di viaggio. Visioni d’artista finalmente ritrovate. Tutte le informazioni sul sito www.mast.org

Un saluto dal Vostro Carlo Tovoli

 

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