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27 Gennaio 2015 | Archivio / Protagonisti

Gino Cervi, un attore per tutte le stagioni

A quarant’anni dalla morte Bologna ha ricordato il grande interprete del sindaco comunista Peppone e del commissario Maigret

A cura di Claudio Bacilieri. Lettura di Paolo Rambaldi.

A quarant’anni dalla morte di Gino Cervi, Bologna ha ricordato in un seminario alla Biblioteca dell’Archiginnasio, presenti autorità, studiosi e giornalisti, il suo attore più rappresentativo, in grado di testimoniare al meglio, nell’immaginario collettivo, l’esempio del bolognese laborioso, cordiale, vitale, indomito, bonario, ma capace, come i bolognesi furono e sono, di rimboccarsi le maniche per edificare un mondo migliore. Nella sapienza della sua arte si identificano le diverse anime dell’Emilia: il sindaco-operaio (Peppone), il cardinale illuminato e poi pontefice (il cardinal Lambertini), l’uomo intelligente, pacifico, ma inflessibile nel perseguire il bene comune, come il commissario Maigret. Ricordare Cervi non significa soltanto celebrare un artista e inquadrarlo nelle vicende dell’Italia dell’epoca, ma rendere il giusto onore al “lavoro” di un bolognese, che conquistò con l’impegno, con l’umiltà e la dedizione al lavoro un successo internazionale.

Gino Cervi è nato a Bologna il 3 maggio 1901 da Antonio e da Angela Dall’Alpi. Il padre è stato critico teatrale del Resto del Carlino dal 1889 al 1923 e autore di alcuni scritti sui grandi attori bolognesi. Possedeva una pregevole raccolta di testi drammatici e biografie di attori, grazie alla quale il figlio Gino poté acquistare una notevole cultura teatrale, iniziando a coltivare una intensa passione per le scene. Ostacolato dal padre, che non approvava questa inclinazione, Gino cominciò a recitare, negli anni del liceo, nelle filodrammatiche bolognesi del “Cantagalli”, dove aveva esordito il grande Gustavo Modena, e degli “Impiegati civili”. Questa doppia origine, bolognese e filodrammatica, è stata più volte sottolineata dalla critica, che ha visto in Gino Cervi la moderna espressione dello spirito pigro e bonario delle maschere cittadine e l’erede dei grandi attori petroniani, da Tabarrino Meneghini a Petronio Zanarini e, infine, a Ermete Zacconi, cui lo avvicinava la presenza scenica e la dizione sapida e corposa.

Cervi esordì in teatro con Alda Borrelli nel 1924 e in seguito lavorò con alcune delle principali compagnie italiane, fino a diventare, nel 1935, primo attore della Tofano-Maltagliati. Dopo il debutto cinematografico in L’armata azzurra (1932) di Gennaro Righelli, Gino Cervi è protagonista di film come Ettore Fieramosca (1938) di Alessandro Blasetti, I promessi sposi (1941) di Mario Camerini, La corona di ferro (1941) e
Quattro passi tra le nuvole (1942), ancora di Blasetti. Nel dopoguerra, l’attore emiliano è Jean Valjean nel film di Riccardo Freda I miserabili (1947) e nel 1952 impersona per la prima volta Peppone, in Don Camillo di Julien Duvivier. L’anno dopo, Fernandel e Gino Cervi sono di nuovo nei panni dei personaggi creati da Giovanni Guareschi in Il ritorno di Don Camillo (1953), sempre diretto da Duvivier. In coppia con Fernandel, che impersonava don Camillo, un deciso e sfrontato prete emiliano, Gino Cervi seppe delineare in Peppone, sindaco comunista, sanguigno, iracondo, violento, dai modi piuttosto rozzi eppur umanissimo, un personaggio che gli si adattava perfettamente. La grande popolarità conquistata con questo personaggio gli valse il Nastro d’argento nel 1953.
Nel lo stesso anno, Cervi è con Jennifer Jones e Montgomery Clift in Stazione Termini, di Vittorio De Sica, e nel 1954 è protagonista del film di Giorgio Pastina Il cardinale Lambertini , tratto dall’omonima commedia di Alfredo Testoni. Il parroco e il sindaco comunista di Brescello, continuano a scontrarsi in Don Camillo e l’onorevole Peppone (1955) e in Don Camillo monsignore’ ma non troppo (1961), diretti da Carmine Gallone. Nel 1965, Luigi Comencini dirige Il compagno Don Camillo, l’ultimo film in cui Fernandel e Gino Cervi interpretano i personaggi di Guareschi.

Dal 1964 inizia la fortunata serie televisiva di Maigret, tratta dai romanzi di Georges Simenon per l’adattamento di Diego Fabbri e Romildo Craveri, che lo occupò per otto anni, se si eccettuano alcune fugaci apparizioni sulla scena teatrale. Dopo l’esordio del 1964 (Un Natale a casa Maigret,Cecilia è morta,La vita di un uomo,Maigret e la chiromante), il ciclo continuò nel 1965 (Non si uccidono dei poveri diavoli,L’innamorato della signora Maigret,L’ombra cinese,La vecchia signora di Bayeux), nel 1967 (Maigret e il chierichetto,Maigret e l’ispettore sfortunato), nel 1968 (Le inchieste del commissario Maigret), nel 1971 (Le avventure del commissario Maigret), per terminare nel 1972 (Maigret va in pensione). Ilpersonaggio, che pure aveva avuto interpreti famosi come Jean Gabin e Charles Laughton, fu una creazione originale di Gino Cervi che seppe farne un tipico antieroe modesto e casalingo, fatto di una ruvida schiettezza e di uno stile pacato e riflessivo. Il successo del Maigret televisivo, porta l’attore bolognese ad interpretare il personaggio  di Georges Simenon anche sul grande schermo, in Maigret a Pigalle (1966).
Gino Cervi è scomparso a Punta Ala il 3 gennaio 1974. La nipote Valentina, figlia del regista Tonino Cervi,
è nata poco tempo dopo e non ha mai conosciuto il celebre nonno.

 

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