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8 Gennaio 2007 | Archivio / Protagonisti

N°42-I PROTAGONISTI DI IERI E DI OGGI

Hugo Pratt ovvero la fantasia al potere.

La vita dell’autore di Corto Maltese, il più bel fumetto italiano, è stata una lunga e meravigliosa avventura iniziata a Rimini. Di Claudio Bacilieri

Era nato a Rimini, Hugo Pratt, su una spiaggia. Tutti noi che l’abbiamo amato, che abbiamo sognato meravigliose avventure con Corto Maltese e gli altri indimenticabili personaggi dei suoi fumetti, eravamo convinti che fosse veneziano, punto e basta. Venezia era la sua città d’adozione, nell’intrico di calli e canali Corto Maltese andava alla ricerca di un luogo nascosto e misterioso, la “corte sconta”. Invece il primo mare su cui il grande disegnatore ha aperto gli occhi è stato quello della Riviera. Sempre di Adriatico si tratta – e niente a che vedere con i più affascinanti scenari marini dell’Africa, delle Antille o del Pacifico che fanno da sfondo alle avventure di Corto. Un po’ di merito, allora, ce l’ha anche la nostra terra, che gli ha dato i natali.

Della nascita riminese di Pratt ci ha informato una nostra lettrice argentina che ancora ricorda quel giorno del 1994 in cui il grande disegnatore, ormai preda della malattia (sarebbe morto l’anno dopo a Losanna, a 68 anni), presenziò a Buenos Aires alla mostra dedicatagli dal Centro Cultural de la Recoleta. “Sembrava volesse dare un addio all’Argentina prima di morire”, commenta questa nostra lettrice.

I legami di Hugo Pratt con l’Argentina furono davvero forti (e lo sono tuttora: basti vedere i numerosi siti Web in spagnolo a lui dedicati). Dopo aver fondato a Venezia, con un gruppo di amici, Asso di Picche – la prima rivista di fumetti interamente realizzata da autori italiani – nel 1950 il gruppo si trasferisce a Buenos Aires, dove l’Editorial Abril accetta di pubblicare le storie dell’Asso di Picche, che fu anche il primo personaggio di rilievo creato dalla matita di Pratt. Il periodo argentino del disegnatore dura una decina d’anni, nel corso dei quali prendono vita altri eroi del fumetto come Sargento Kirk, Ernie Pike e Ticonderoga, gli ultimi due pubblicati dall’Editorial Frontera. Lo stile di Pratt, in questi lavori, si fa più personale, meno legato al modello dei comics americani, sia sul piano grafico che su quello narrativo. Oltre a inventare storie, in Argentina Pratt attraversa la Pampa in lungo e in largo, canta in un’orchestra e fa amicizia col cantante jazz Dizzy Gillespie.

Dopo una breve parentesi a Londra, in Messico (dove si sposa per la seconda volta, la prima era stata a Venezia nel ’53) e nel West Virginia, l’artista veneziano torna in Argentina per lavorare a una serie di avventure ambientate in Africa. Nel 1961 si sposta in Brasile dove fonda l’Escuela panamericana de arte, ma è dell’Argentina che sente nostalgia ed è lì che ritorna: al suo paese preferito dedicherà anni dopo, ormai famoso, le avventure di Tango e di El Gaucho, quest’ultimo in collaborazione con Milo Manara. Il tango, in particolare, fu una passione per Pratt: conosceva tutti i posti a Buenos Aires in cui si ballava, come il mitico cabaret “La parda Flora” che compare nelle strisce finali de La ballata del mare salato (la “parda” è una ragazza di ambiente popolare e carnagione scura ritratta più volte da Pratt). In Tango la città appare in tutta la sua brulicante bellezza grazie alla forza straordinaria delle inquadrature che si soffermano su particolari come un biliardo alla goriziana, la parillada (la carne alla griglia) o il profilo della mulatta Esmeralda, amata da Corto.

Nel 1962 la crisi economica in Argentina lo costringe a tornare in Italia ma il filo rosso che lo lega al Sud America non si spezza, anche perché lì sono rimasti a vivere la figlia avuta da una mulatta e il figlio nato in seguito a un soggiorno presso gli indios Xavantes del Brasile (altri due figli li ha avuti dalla prima moglie). Sempre a Buenos Aires, tra il ’62 e il ’64 la rivista Supermix pubblica Wheeling, una storia di frontiera ambientata tra i forti dei coloni e i boschi del Canada al tempo della guerra d’indipendenza americana, su cui Pratt tornerà con splendidi acquerelli pochi mesi prima di morire.

Nel 1967 un ricco promotore immobiliare innamorato delle sue storie avventurose gli propone di realizzare una lussuosa rivista utilizzando e ampliando i lavori pubblicati in Argentina. Vede così la luce a Genova Sgt. Kirk, nel cui primo numero compare La ballata del mare salato, una lunga saga ricca di personaggi tra i quali spicca un marinaio solitario con orecchino, Corto Maltese, destinato a diventare uno degli eroi di carta più amati in tutto il mondo.

Di questo avventuriero romantico alla Conrad, giramondo esistenzialista e assetato di giustizia, è già stato detto tutto. Se ne sono occupati prestigiosi intellettuali come Umberto Eco, centinaia di studenti ne hanno fatto l’oggetto della tesi di laurea e ancora oggi basta scorrere il Web per trovarvi interminabili forum di discussione (soprattutto francesi) su Corto e sull’opera di Pratt. Il quale ha dedicato al suo alter ego, alla sua ombra vagabonda, gli anni dal ’70 al ’75 trascorsi a Parigi e dintorni. Per la rivista francese Pif nascono in questo periodo, forse il migliore della sua produzione, le grandi strutture narrative – veri e propri romanzi disegnati – di Sotto il segno del Capricorno, Le Celtiche, Le Etiopiche, Corte sconta detta arcana. A questi capolavori seguono negli anni Favola di Venezia, La casa dorata di Samarcanda, La giovinezza di Corto Maltese, Tango, Le Elvetiche e.

Così Hugo Pratt è diventato un mito culturale. La sua vita e la sua opera sono talmente intrecciate che forse la nascita su una spiaggia di Rimini era già un destino. Così come l’infanzia e l’adolescenza trascorse in Etiopia al seguito del padre, membro della polizia coloniale italiana: in Africa il piccolo Hugo rimase dal ’37 al ’41, un tempo sufficiente per imparare lo swahili, udire i tam tam dancali e subire il fascino di una cultura diversa. 

Pratt non fu solo un autore di fumetti ma un vero romanziere: scriveva per immagini (“per me il fumetto è una scrittura”, disse in un’intervista) e i suoi disegni sono come istantanee di fotografia, inquadrature sospese tra il sogno e la realtà. Oggi, mentre gli appassionati discutono se il colore degli ultimi lavori abbia tolto poesia al bianco e nero dei primi Corto Maltese, dobbiamo interrogarci sul valore universale dell’opera di Pratt. Ciò che tutti noi vi troviamo è la capacità di sognare: avventure in luoghi e paesi lontani, donne affascinanti e misteriose, sentimenti forti come l’amicizia e l’onore sono gli ingredienti che fanno di Corto Maltese il più bel fumetto italiano. Corto, come disse una volta il suo autore, è un marinaio che dorme e sogna ad occhi aperti, e “quelli che sognano ad occhi aperti sono i più pericolosi, perché non si sa quando i loro sogni terminano”.

In una struggente intervista a Dominique Petitfaux, pubblicata nel ’96 col titolo “Il desiderio di essere inutile”, Pratt ribadisce la sua filosofia del nomadismo, del vagabondaggio intellettuale: partire, viaggiare, munito solo della sua tavolozza di acquerelli per annotare gli appunti di un’esistenza che vuole essere “inutile”, sottratta alla necessità capitalistica di produrre e consumare.

Corto è tutti noi. Basta chiudere gli occhi un momento ed ecco: un dolce canto viene da lontano, una brezza marina ci accarezza il viso, comincia La ballata del mare salato, l’amico Cush ci invita a bere del tè, già ne sentiamo il profumo… Quando intorno a noi tutto è grigio, colori slavati, stanchezza e monotonia, è il momento giusto per partire, per avventurarsi dentro le notti di Venezia,  le sabbie del Sahara, i misteri dei Celti, le stagioni della nostra infanzia. Ecco: siamo nel quartiere ebraico di Cordova e nostra madre è quella bella gitana laggiù in fondo, siamo nel delta dell’Orinoco e fa un caldo insopportabile, inseguiamo Butch Cassidy su una fangosa pista della Patagonia, incrociamo nel porto di Ancona un certo Djougatchvili, giovane portiere di notte russo che un giorno sarà meglio conosciuto come Stalin… Tutto può capitare nel mondo magico dell’avventura, per esempio incontrare donne come Bocca Dorata, la cartomante dal lungo sigarillo e gli inconfondibili orecchini, o la bella Esmeralda, di professione prostituta: donne sempre al centro di intrighi, tra i Caraibi e il Sud America.

Già, le donne di Pratt. Milo Manara, altro grande del fumetto italiano, ricorda che Pratt “nei suoi innumerevoli viaggi per il mondo, da vero gentiluomo di ventura e vagabondo, portava sempre con sé una piccola scatola di acquerelli (l’ultima gliel’ho regalata io) e un taccuino. Così, in qualsiasi angolo del globo si trovasse, c’erano sempre delle modelle da schizzare velocemente. Preferiva ritrarle nella penombra, in modo che i loro occhi e i loro corpi apparissero morbidi e vellutati. Nella penombra di certe verande tropicali, o di certi ripari nei deserti, o di certe rovine nelle foreste pluviali. Talvolta, qualcuna di quelle ragazze entrava anche nelle sue storie a fumetti e poteva vivere avventure bellissime”. Manara, oggi autore celebratissimo per l’eroticità del suo disegno,  ha collaborato con Pratt in Estate indiana e El Gaucho, romanzi d’avventura cui ha prestato la penna, il tratto sensuale. La stessa operazione Manara ha compiuto con Federico Fellini, di cui ha illustrato due soggetti cinematografici mai convertiti in film, Viaggio a Tulum e Viaggio di G. Mastorna.

E qui il cerchio si chiude, perché Pratt e Fellini, oltre a condividere i natali riminesi, rappresentano la fantasia al potere, la magia, l’avventura: le luci scintillanti del varietà o i colori dei tropici al tramonto si fanno beffe della realtà. “La fantasia è qualcosa di dorato che serve per andar via dal mondo grigio”, diceva Pratt. E aggiungeva, sconsolato, che “in un mondo dove tutto è elettronico, calcolato, industrializzato, non c’è posto per un tipo come Corto Maltese”. 

 

 

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