Salta al contenuto principale
3 Marzo 2016 | Archivio / Protagonisti

L’Eco dei segni

Umberto Eco dalla semiotica al fumetto

A cura di Valerica Cicala

Nomen omen dicevano i latini, sostenendo che nel nome si annida qualcosa di ben definito del nostro essere. Il professor Umberto Eco, da grande semiologo quale era, si sarà mai soffermato su questo cognome così calzante ai percorsi e ai successi della sua esistenza, costellata di riconoscimenti e di premi?

E’ stato studioso di fama internazionale. Ha raccontato dentro e fuori dalle aule universitarie il linguaggio dei segni. Ha ininterrottamente lavorato sulle parole, da filosofo, da scrittore, da collaboratore di testate prestigiose. Da funzionario, poco dopo la laurea, di una eccellente Rai, che ormai ha assunto contorni epici, ne aveva colto subito potenzialità e limiti, ricordate Fenomenologia di Mike Buongiorno?

La carriera accademica lo ha radicato proprio a Bologna dove ha creato corsi di laurea, la Scuola Superiore di Studi Umanistici. Lui piemontese, nato ad Alessandria, laureato a Torino aveva però in comune con questa terra il grande fiume, atmosfere caliginose e oniriche, come pure le architetture e i paesaggi appenninici che si incontravano bene con alcune delle sue vocazioni.

Non era necessario frequentare la Facoltà di Lettere o essere inscritti al DAMS, per andare ad ascoltare le sue lezioni, ma lo si poteva incontrare e partecipare a una conversazione anche frequentando lo stesso caffè dove si sedeva con allievi e colleghi. Rigoroso nei libri di ricerca, i suoi romanzi fin dal Il nome della rosa hanno coniugato studi, fantasia, la capacità di compenetrare generi letterari differenti, mostrando sempre in filigrana un percorso sterminato di letture. Lo affascinava il gioco, un’altra delle caratteristiche della sua intelligenza sempre disponibile a sorridere a dissacrare con leggerezza. E, giocando con le parole scomponendole, rovesciandone il senso o scoprendone dei nuovi, regalava esercizi di conoscenza e intuizioni fulminanti.

Non saremo mai sufficientemente grati al grande professore, anche per essere stato colui che, sul finire degli anni sessanta, insieme a Oreste del Buono, riuscì ad imporre, grazie alla sua passione incondizionata per Schulz, il papà di Charlie Brown, un’attenzione e una considerazione per i fumetti che in Italia erano guardati con sguardo preconcetto.

Se questa è la rubrica dedicata ai protagonisti, certamente non potevamo non dedicare tale spazio a un ricordo di Umberto Eco. Sono state digitate in questi giorni pagine e pagine a lui dedicate e abbiamo ascoltato molti discorsi e interviste cariche di stima, di riconoscenza, di affetto anche da parte di tanta gente che pur non conoscendo i suoi studi su San Tommaso, o i suoi tomi ponderosi di semiologia e nemmeno le prestigiose curatele editoriali, riconosceva in lui la cifra di un Paese di cui essere orgogliosi.

Un sostantivo è ricorso frequente parlando di lui: leggerezza, associandolo così ad un altro straordinario protagonista della cultura italiana che come lui “oltre a scriverli i libri li pensava”: Italo Calvino.

Dalla passione per i manoscritti alla curiosità critica per le nuove tecnologie, Umberto Eco è giunto nel ventunesimo secolo portando Aristotele e “La bustina di Minerva”; Roland Barthes e Sherlock Holmes. Progettando ”La nave di Teseo” a dimostrazione di una inestinguibile vitalità che ci accompagnerà creando un Eco senza fine.

Brano corrente

Brano corrente

Playlist

Programmi