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27 Aprile 2010 | Archivio / Protagonisti

L’ultimo dei grandi figurativi

In memoria di Leonardo Cremonini, pittore bolognese trapiantato a Parigi

A cura di Claudio Bacilieri. Lettura di Fulvio Redeghieri.

27 aprile 2010

La nostra vita è lì, affacciati a una finestra sul mare, o tra i malva, gli azzurri, l’indaco di un tramonto sul lago: una coppia abbracciata, e tutto passa, tutto se ne va. Come la vita di Leonardo Cremonini, tra i massimi pittori figurativi del secondo Novecento, che si è spenta il 12 aprile scorso a Parigi, la città che l’artista bolognese aveva eletto a sua residenza principale.

Al suo artista émigré, Bologna aveva dedicato nel 2003 un’antologica retrospettiva promossa dalla Galleria d’Arte Moderna, dal Comune, dall’Accademia di Belle Arti e dalla Soprintendenza per i Beni Storico­ Artistici. ­ Erano arrivate in città circa 120 opere, provenienti da collezioni private americane, dalla collezione Dreyfuss di Parigi e da istituzioni pubbliche italiane. A Bologna, dove Cremonini periodicamente ritornava per brevi soggiorni, nel 1969 gli era già stata dedicata una mostra presso il Museo Civico Archeologico, curata dalla Galleria d’Arte Moderna. E sue opere erano presenti in due importanti rassegne collettive quali Pittura iconica nel 1999 presso la Galleria d’Arte Moderna, e Figure del Novecento 2. Oltre l’Accademia, nelle sale dell’Accademia di Belle Arti.

A parte questo, Leonardo Cremonini era sicuramente più noto all’estero che in Italia, anche a causa del suo auto-esilio a Parigi. Talmente noto da avere in Francia estimatori del calibro di Louis Althusser, filosofo allievo di Bachelard, che provocatoriamente lo definiva “pittore dell’astratto”, Pierre Emmanuel e Régis Debray, mentre in Italia era ammirato da Umberto Eco, Italo Calvino, Alberto Moravia, Franco Solmi e tanti altri. Ma sicuramente il riconoscimento cui teneva di più era quello del sommo Francis Bacon, che aveva citato proprio lui, Cremonini, come unico artista italiano contemporaneo che gli piaceva, forse proprio per il suo stile neofigurativo fatto di colori intensi, tinte acide e soggetti spesso sgradevoli.

Vediamo in breve la sua biografia. Nato nel 1925 a Bologna, Leonardo Cremonini si diploma all’Accademia di Belle Arti e giovanissimo si trasferisce a Milano, dove frequenta l’ambiente artistico di Brera. Il 1947 è l’anno della prima personale a Verona, cui segue, due anni dopo, la mostra bolognese, dove l’artista presenta soggetti cruenti, gli animali squartati riprodotti con vigore sulla tela, che creano scalpore recandogli notorietà.

La svolta decisiva della sua vita e della sua carriera pittorica avviene nel 1951, quando decide di stabilirsi a Parigi. Qui ha occasione di frequentare l’ambiente artistico francese degli anni Cinquanta, diventando uno dei rappresentanti di spicco della “nuova figurazione” internazionale. Tiene mostre personali alla Catherine Viviano Gallery di New York nel 1952, 1954, 1957 e 1962, alla Galleria L’Obelisco di Roma nel 1954, alla Hanover Gallery di Londra nel 1955. Nel 1960 è alla Galleria del Milione di Milano con una personale, nel 1962 alla Galerie du Dragon di Parigi e, due anni dopo, ha una sala personale alla Biennale di Venezia. Da allora e per più di quarant’anni espone in tutto il mondo con mostre personali e collettive. Per nove anni (dal 1983 al 1992) ha insegnato all’Accademia di Belle Arti di Parigi. Nel 2003 la Pinacoteca di Brera gli ha dedicato la mostra antologica poi approdata a Bologna. Lo scorso marzo era stata Atene ad accogliere una grande retrospettiva.

Nella sua presentazione dell’esposizione bolognese, il critico Adriano Baccilieri ha scritto che “La qualità della pittura di Cremonini è felicemente ambigua, alta e trasmutante fra effetti realistici, libertà astratte, invenzioni informali. Una tastiera ricca e virtuosa messa a disposizione degli spartiti più complessi. Il mare, la porta-finestra, le sedie, il treno, le donne, i bambini, il cane, questi i temi più cari a Leonardo Cremonini, il quale opera su un’economia cromatica rappresa tra i grigi e i bruni dominanti e i celesti e i rossi dissonanti”.
Tra le sue creazioni più belle, ricordiamo il ciclo di spiagge che si apre nel 1965-’66 con Les parenthèses de l’été, irreali nella loro assolata, implacabile realtà, surreali nell’artificio prospettico, pop-iperrealista, di un trompe l’oeil che lascia spiazzato l’osservatore.

È, quella di Cremonini, una pittura di magnetica attrazione che indaga la metafisica del quotidiano, gli “scoppi di silenzio” (come s’intitola un suo celebre dipinto) che fanno sentire la palpitazione del vivente. “L’arte di Cremonini – scrive ancora Baccilieri – è capace di evocare atmosfere enigmatiche, cariche di suspense. Sono i soft thrillers degli scompartimenti ferroviari o degli abitacoli dei bus, delle fermate in stazione, dei finestrini affrontati di due convogli”.

Da molti Cremonini è considerato un prosecutore dell’opera di Georges Seurat, da cui mutua certe atmosfere, riproducendo soggetti intenti a festeggiare sulla spiaggia oppure colti in espressioni malinconiche. Trovata la sua strada nell’arte come interprete del Nuovo Figurativismo, l’artista si è poi contraddistinto per il suo stile fatto di campiture ampie, partiture geometriche e evanescenze materiche. La sua rappresentazione di anonimi interni familiari, porte semiaperte che rimandano a considerazioni metafisiche,l’ha portato – scrive Umberto Eco – a una pittura che è anche “letteraria e filosofica” in quanto “racconta, organizza intrecci ambigui e sottintende una serie di ragionamenti (visivi, certo) sul ruolo del soggetto, dello sguardo, del desiderio e della voluttà”.

Ora, è davvero scoppiato il silenzio. Dopo la cerimonia funebre nella chiesa degli artisti di Saint-Germain-des-Près, la salma tornerà a Bologna, la sua città natale, per essere tumulata nel Cimitero Monumentale della Certosa. A parlare, adesso, resta l’apparente calma sovrana della sua pittura.

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