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28 Settembre 2010 | Archivio / Protagonisti

Viaggio Settentrionale

Il ravennate Francesco Negri nel 1663 fu forse il primo europeo a indossare gli sci

A cura di Claudio Bacilieri. Lettura di Fulvio Redeghieri.

28 settembre 2010

Il Nord magnetico. Il Nord che attira gli avventurosi, gli esploratori folli. Come il prelato Francesco Negri da Ravenna, il primo viaggiatore europeo arrivato via terra fino a Capo Nord. Come il gesuita Pasquale Tosi da Santarcangelo di Romagna, fondatore della Chiesa d’Alaska, che per primo percorse in lungo e in largo l’inesplorata valle dello Yukon. Come Felice Pedroni da Fanano, che in Alaska scoprì l’oro e fu all’origine della fondazione della città di Fairbanks. Tre storie, tre vite diverse accomunate dalle radici emiliano-romagnole e, soprattutto, da una tenacia furibonda, dalla capacità di sopportare fatiche indescrivibili pur di arrivare allo scopo. Un viaggio – il loro – verso la verità, dove alla fine non s’incontra altro che se stessi.

Prendiamo il primo in ordine di tempo. La ristampa anastatica del Viaggio Settentrionale fatto e descritto da Francesco Negri da Ravenna, trecento anni dopo la prima edizione del 1700, ci consegna la cronaca di un viaggiatore del Seicento che anelava alla banchisa polare come al luogo della sobrietà e dell’umiltà. Così almeno ci fa intendere la sua descrizione degli usi e costumi dei lapponi e degli altri popoli del Nord, raggiunti attraverso un cammino da lui stesso definito “uno dei più penosi e pericolosi che possano farsi al mondo”. Il viaggio di Francesco Negri si svolse nel 1663, quand’era quarantenne, per puro desiderio di conoscenza. Durò tre anni e fu compiuto in solitudine, senza fretta e con destinazione il punto più settentrionale d’Europa. Cercò di raggiungere Capo Nord attraverso la Svezia, ma vi riuscì solo con un secondo itinerario lungo le coste norvegesi. Fu probabilmente il primo continentale a indossare gli sci, quelle “tavolette” che gli svedesi non “sollevano mai dalla neve alzando il piede, ma leggermente strisciando”, riuscendo così ad avanzare con la stessa facilità con cui camminano.

Il racconto del Viaggio Settentrionale è organizzato da Francesco Negri sotto forma di otto lettere. La prima contiene il viaggio in Lapponia, la seconda descrive le qualità della Svezia, la terza la caccia alla foca, la quarta riporta “due mirabili effetti della natura che succedono in Svezia: uno delle rondini (…), l’altro degli uomini sommersi (…)”. La quinta lettera descrive il viaggio in Norvegia fino a Bergen, la sesta fino a Trondheim e la settima da Trondheim a Capo Nord, e sono piene di curiosità, dallo “smisurato serpente che si trova nel Mar di Norvegia” fino alla “famosa voragine detta dai geografi Maelstrom”. Chiude il libro l’ottava lettera con le notizie sulla “Finmarkia”, ovvero l’estremità settentrionale della Norvegia, e sulla caccia alla balena.

Il prete ravennate si rivela viaggiatore curioso, anche se scrittore non eccelso. Ma l’entusiasmo con cui scrive riscatta la semplicità della frase, talvolta complicata dalle citazioni latine, e riesce a trasmettere l’emozione di un Nord come fonte di differenze. Un luogo estremo e pieno di meraviglie. La prima di queste diversità è la qualità morale dei popoli nordici. Il prete ravennate descrive i lapponi come umili e mansueti, non soggetti all’ira e alla superbia. “La speranza degli onori e delle dignità, come anche la paura di non conseguirli o il timore di perderli, e così la grazia e la disgrazia dei superiori, non fanno perdere il sonno a questa gente”. Nelle terre del Nord, un uomo può dar forma alla propria anima senza preoccuparsi troppo delle circostanze esterne, del gran teatro barocco dell’apparire o del sistema perverso delle ricompense e delle punizioni.

Il Sud è femmina e il Nord è maschio? Così sembra anche al nostro viaggiatore secentesco. La concupiscenza che nasce dai costumi molli dei climi caldi, qui è quasi sconosciuta – dice. La freddezza dell’aria implica minori piaceri: “Cerere e Bacco qua non possono giungere; Venere sì, ma con poco calore”. L’eccesso di calore della zona torrida e l’eccesso di freddo della zona glaciale – osserva – hanno effetti anche sugli animali. Di là, ci sono tigri, leoni, serpenti velenosi e animali feroci. Qui solo renne, foche, scoiattoli, “gli animali piacevoli; non ci sono i velenosi, e gli uomini sono pacifici”. Del corpo irrobustito dal rigido clima, si giova l’animo scandinavo per vivere in sicurezza e bontà. Le città non hanno mura o fossati, i viaggiatori non portano armi, le fitte foreste potrebbero nascondere chiunque, eppure i crimini sono rari. L’ammirazione di Francesco Negri per le genti del Nord e il loro buon governo è sconfinata: rientrato in patria, a sessant’anni cercò in tutti i modi di tornare in Scandinavia, senza riuscirci.

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