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25 Agosto 2009 | Archivio / Protagonisti

I due emiliano-romagnoli che inventarono il Giro d’Italia

Il forlivese Tullio Morgagni e il reggiano Armando Cougnet furono gli organizzatori della prima edizione del 1909

A cura di Claudio Bacilieri

25 agosto 2009

Il Giro d’Italia, la corsa rosa, fu inventato da due emiliano-romagnoli, il forlivese Tullio Morgagni e il reggiano Armando Cougnet. Esiste infatti un’altra versione rispetto alla paternità milanese della corsa ciclistica più famosa al mondo dopo il Tour de France. Siamo nel 1908, con Giolitti al potere e le manifestazioni delle donne per il diritto di voto. Il Corriere della Sera, che aveva già promosso nel 1901 un giro d’Italia in automobile, pensa di organizzare anche quello in bicicletta insieme al Touring Club e alla Bianchi, l’azienda che produce bici. La Gazzetta dello Sport replica dando vita al Giro ciclistico della Lombardia nel 1905 e alla Milano-Sanremo nel 1907. Mentre il Corriere in segreto sta mettendo a punto il progetto della prima corsa a tappe nazionale, una “spia”, il fondatore dell’Atala, altra azienda di velocipedi, fa una soffiata alla Gazzetta.

Qui lavora Tullio Morgagni, giornalista e sportivo che da Forlì si è trasferito a Milano ed è tra i fondatori del Partito Repubblicano, la cui ideologia politica non contrasta con gli ideali del ciclismo. Il nuovo sport era considerato da sinistra come un passatempo per ricchi e un inganno per distogliere le masse dalla politica, e dai cattolici “anarchico”, tanto che il Vaticano vieta l’uso della bici ai preti. Alla Gazzetta lavora anche Armando Cougnet, nato a Nizza ma residente a Reggio Emilia nella villa che oggi è sede della Biblioteca Santa Croce. I due, insieme al direttore piemontese del giornale sportivo, Eugenio Costamagna, riescono a battere sul tempo il Corriere e il 24 agosto danno l’annuncio in prima pagina della prima edizione del Giro d’Italia, sullo schema del Tour de France inaugurato nel 1903.
Raggranellate le 25mila lire del premio, grazie anche al Corriere che, sportivamente (ma erano altri tempi!), decide di donare con sue risorse il primo premio al vincitore, Morgagni e Cougnet s’impegnano nell’organizzazione, tanto da essere considerati i veri “padri” del Giro.

La matrice emiliano-romagnola del ciclismo si rafforza anche con l’opera dei primi cantori del ciclismo, il saggista e romanziere Alfredo Oriani e il poeta Olindo Guerrini, in arte Lorenzo Stecchetti, entrambi romagnoli. Il primo ha scritto “La Bicicletta”, reportage del suo giro ciclistico del 1897 da Faenza al Tirreno passando per l’Appennino tosco-emiliano e ritorno. Il secondo, poeta verista quasi più famoso di Carducci, era un ciclista convinto, avendo percorso nel 1901 il tracciato Bologna-Milano-Valle d’Aosta-Veneto e ritorno, raccontato poi come “Eviazz” (il viaggio) nei postumi Soneti romagnoli

Il Giro, allora, era una gara epica. La prima delle otto tappe della prima edizione del 1909 si concludeva a Bologna (partenza da Milano). L’arrivo all’ippodromo Zappoli sotto la pioggia, dopo una corsa massacrante di 397 km. Il vincitore taglia il traguardo alle ore 17, ma gli arrivi si susseguono fino a notte, tanto che occorre spostare il traguardo dall’ippodromo (che alle 20 chiude i battenti) all’Osteria del Chiù. Molti arrivano infortunati (un francese si scontra con una coppia di buoi), con dolori di ventre e schizzi di fango negli occhi.
Tra i vincitori del Giro d’Italia provenienti dalla nostra regione, il primo fu nel 1914 Alfonso Calzolari di Vergato (Bologna), seguito da Ercole Baldini, “il treno di Forlì” nel 1958, poi nel 1961 la maglia rosa finale fu di Arnaldo Pambianco, l’asso di Bertinoro, e nel ’65 di Vittorio Adorni, l’asso di Parma. L’ultimo, e il più sfortunato, il mitico Marco Pantani. Il “Pirata” vinse nel 1998, ma l’anno dopo fu l’inizio della fine.

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