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2 Dicembre 2016 | Mostre

Il ritorno alle origini di Salgado

A Forlì un grande fotografo di fronte alla natura incontaminata

A cura di Carlo Tovoli

“La natura è un tempio”: questo celebre verso di Baudelaire ha accompagnato la mia visita alla mostra “Genesi” in corso fino al 29 gennaio 2017 nella Chiesa di San Giacomo a Forlì. Appena varcato l’ingresso mi accoglie l’immagine di  un santuario della natura, una cattedrale  di ghiaccio fotografata da Sebastiao Salgado nel 2005 nella penisola Antartica. È un cubo massiccio bianco sopra un iceberg fluttuante nel freddo mare del Polo Sud. Fa parte delle 250 eccezionali fotografie in bianco e nero di un progetto iniziato nel 2003 e durato 10 anni, un viaggio alla scoperta della bellezza nei luoghi più remoti della Terra che diventa un inno d’amore per il nostro pianeta. “L’ho chiamato Genesi – scrive Salgado – perché, per quanto possibile, desidero ritornare alle origini del pianeta: all’aria, all’acqua e al fuoco da cui è scaturita la vita; alle specie animali che hanno resistito all’addomesticamento e sono ancora “selvagge”; alle remote tribù dagli stili di vita “primitivi” e ancora incontaminati”.

Flora, Fauna e un’attenzione particolare alle popolazioni indigene ancora vergini, con le quali Salgado  ha trascorso diversi mesi per comprendere come sia ancora possibile oggi vivere in totale armonia con la natura. Cinque le sezioni. Si parte dal “Pianeta Sud”: cattedrali di ghiaccio, ma anche i pinguini dell’isola Zavodoski, le rare immagini della balena australe che quando emerge emette un soffio a forma di V dai suoi due sfiatatoi, quasi un segno di vittoria della natura; o gli albatri urlatori, quelli con l’apertura alare più grande del mondo, fino a 3 metri e mezzo (e ritorno col pensiero a Baudelaire…). Il viaggio continua nella sezione “Santuari”,  come il Madagascar, vero e proprio hotspot della biodiversità mondiale: il 90% delle specie animali e vegetali qui presenti non si trova da nessuna altra parte al mondo. E tra chi vive dentro la natura, per nulla turbati – o quasi – dall’uomo moderno. Tra le tante tribù ci hanno colpito i Korowai: vivono in piccoli gruppi nella foresta della Papua occidentale, in case sugli alberi costruite ad un’altezza variabile tra i 6 e i 25 metri. Si nutrono con quello che trovano e sono guerrieri. Pensate che li chiamano i “cannibali gentili”: se ti credono uno “stregone” non solo ti uccidono, ma mangiano la tua carne per annientare i tuoi “presunti” poteri malefici!

In Africa, terza sezione della mostra, incontriamo le donne Mursi, le ultime al mondo a portare dischi labiali, e la tribù Dinka dal corpo coperto dallo sterco di mucca bruciato, insetticida naturale contro insetti e parassiti. Indimenticabili  i paesaggi maestosi dell’Africa “eterna”, fotografati a bordo di una mongolfiera, per non spaventare gli animali selvaggi. Arriviamo alla quarta sezione, quella dedicata alle terre del Nord: la penisola della Kamčatka,  i Grandi Ghiacciai tra Canada e Alaska,  il Grand Canyon, l’Altopiano del Colorado. E, finalmente, nell’ultima sezione, particolarmente cara a Salgado,  l’Amazzonia. La Foresta Amazzonica dall’alto  sembra un grande albero della vita, disegnato dal rio delle Amazzoni e dai suoi affluenti. Qui vivono decine di tribù indios, alcune pressoché isolate, come i Zo’è che indossano il poturu, il caratteristico bastone inserito nel labbro inferiore.

“Genesi non è solo una ricerca estetica – dichiara Salgado – ma anche etica e spirituale in un certo senso, un modo per dire soprattutto alle nuove generazioni che il Pianeta è ancora vivo e va preservato. Abbiamo fatto una ricerca e abbiamo fatto una scoperta molto interessante: circa il 46% del mondo è ancora come il giorno della genesi, insieme possiamo continuare a fare in modo che questa bellezza non scompaia”.  “Genesi” è quindi una vera e propria “chiamata alle armi”. Un invito a seguire l’esempio dell’organizzazione no-profit di Salgado , l’Instituto Terra, che in 15 anni ha piantato oltre due milioni di alberi nel sud-est del Brasile, facendo rinascere zone completamente aride e devastate dall’incuria dell’uomo.

Tutte le informazioni sulla mostra sono sul sito www.mostrasalgadoforli.it

Un saluto da Carlo Tovoli!

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