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2 Febbraio 2010 | Archivio / Protagonisti

Matricola 5855

Si è spento a 95 anni Ugo Mocai, uomo di teatro e partigiano.

A cura di Claudio Bacilieri. Lettura di Fulvio Redeghieri

2 febbraio 2010

È stata una vita lunga e spesa bene, quella di Ugo Mocai, morto a Bologna a quasi 95 anni e sepolto nel cimitero della Certosa. Nel 1954 Mocai fondò la compagnia “Teatro sperimentale Città di Bologna”, con la quale, come regista, portò in scena le novità culturali dell’epoca, in primo luogo Eugene Ionesco e il suo teatro dell’assurdo. Le prime rappresentazioni di Ionesco furono ospitate sullo storico palcoscenico della Ribalta di via D’Azeglio, fondato dai grandi nomi della cultura bolognese degli anni Cinquanta: il futuro regista televisivo Sandro Bolchi, il giornalista Enzo Biagi, il regista e critico teatrale Adriano Magli, il commediografo Massimo Dursi. L’importanza di Mocai nell’ambiente culturale cittadino non finisce qui: intorno al suo gruppo di teatranti gravitavano, oltre a quelli citati, i più bei nomi dell’intelligenza bolognese, come il pittore Concetto Pozzati e, sempre per restare in ambito teatrale, due attori dello spessore di Gianni Cavina e Piera degli Esposti. Chiusa nel 1963 l’esperienza del “Teatro sperimentale”, Mocai si trasferì al teatro Comunale, dove lavorò dal 1969 al 1978, diventandone anche vicepresidente.

Ora dobbiamo però raccontarvi la parte della sua vita precedente il teatro: quella recitata con le armi in pugno durante la guerra di liberazione. Mocai, che era laureato in giurisprudenza e avvocato, fu chiamato alle armi e mandato a combattere in Jugoslavia, dove rimase fino all’8 settembre ’43. Rientrato a Bologna, entrò nell’organizzazione militare socialista e, con Luciano Proni (il comandante “Kid”, studente di architettura), diede vita e organizzò il primo nucleo armato dal quale sarebbe poi sorta la brigata socialista Matteotti Città. Per la delazione di una bellissima donna, che era l’amante di Proni ma contemporaneamente informava i fascisti, il 6 settembre ‘44 fu arrestato insieme a altri militanti partigiani. Il mese dopo, mentre si trovava nel carcere di S. Giovanni in Monte, nel centro di Bologna in attesa di giudizio, fu liberato grazie a un’azione dei partigiani della Settima brigata GAP Gianni Garibaldi. I fascisti allora minacciarono di uccidere i genitori se non si fosse costituito – cosa che avvenne alcuni giorni dopo. Non venne processato, ma il 6 ottobre deportato nel lager di Gries, a Bolzano, e in quello di Innsbruck, in Austria. Nel lager di Bolzano aveva la matricola 5855. “Ogni tanto – ricordava Ugo – i tedeschi facevano l’appello. Non era un bel momento. Chiamavano fuori il 5856 o il 5854 (il mio numero era il 5855) e li mandavano a Mauthausen, a Buchenwald o a Dachau … ”.
Mocai fu liberato il 30 maggio del 1945. Poi cominciò la seconda parte della sua vita, quella dove il teatro dell’assurdo, la discesa all’inferno, la tragedia e la solitudine, potevano essere rappresentati in scena, non più – per fortuna – nella vita reale.

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