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14 Gennaio 2009 | Archivio / Protagonisti

Montevideo: sotto il segno di Zucchi

Ancora sulle tracce dell’architetto reggiano

A cura di Anibal Tato corrispondente da Montevideo

12 gennaio 2009

Cari ascoltatori, sono Anibal Tato, redattore da Montevideo per Radio Emilia Romagna. Volevo parlarvi oggi di un personaggio della nostra regione, che ha lasciato un profondo segno nella mia città. Il suo nome lo conoscerete sicuramente, perchè non è la prima volta che parliamo di Carlo Zucchi nella nostra radio.

La Plaza Independencia, il simbolo della libertà uruguaiana fu progettata proprio da questo architetto-ingegnere di origine reggiana.

Senza dubbio le piazze sono sempre state un segno di potere e un simbolo di libertà. Le piazze sono un archetipo architettonico, un simbolo di apertura e un luogo per soddisfare la voglia di appartenenza  e di identificazione.

Il progetto di Zucchi si fonda su un piano urbanistico che permette sviluppi ulteriori a partire da alcuni punti di aggregazione. La norma urbanistica di Zucchi consente di reagire in modo flessibile ai cambiamenti. La legge del 25 agosto 1829 fissó il destino finale delle mura di Montevideo e la loro demolizione non tardò a concretizzarsi. Chiudere le fosse e fare piú transitabile il terreno che si svilupava tra le fortificazioni e la linea del Ejido avrebbe portato via ancora del tempo, ma questo non avrebbe impedito al Sargento Mayor José María Reyes di completare il tracciato e la divisione catastale della “ciudad nueva”, di maniera tale che una volta rotte le diga che avevano conservato chiuso il nucleo urbano originale della città durante quasi un secolo, la città si sarebbe sviluppata.           

Fiducia nel progresso che correva insieme con la necessità di riscuotere le tasse e di convertire i terreni del ex “Campo de Marte” in centinaia di lotti quotati sul mercato. Il risultato soffrì della fretta dell’operazione che diede vita a una quadrellatura con una cattiva orientazione, con 136 lotti e soltanto due piazze.                     

 E qui entra in scena l´ingegnere-architetto reggiano Carlo Zucchi che emigra in Uruguay per ragioni politiche, dopo essersi formato a Parigi. Zucchi arriva da Buenos Aires, si insedia a Montevideo nel 1836 e si inserisce nellla Comisión Topográfica (un ufficio pubblico destinato alla pianificazione urbana della nuova città). Già nella relazione elaborata per il governo del 1837 la sua influenza è fondamentale  per definire a grosso modo dei progetti importanti, consigliando la creazione di un “centro cívico” fra la piazza  Matriz (dove si giurò la prima carta costituzionale  e piazza Independencia (chiamata prima piazza Cagancha), sviluppando la stessa a come si trova oggigiorno.

Fu in questo contesto storico che l`ingegnere reggiano consigliò di erigere nella nuova piazza Independencia un monumento nazionale che servisse al Paese come testimonianza della sua indipendenza, della sua gloria e della sua convizione si sostenere un regime costituzionale.            
        

Nella sua brillante concezione, la città si sviluppava mescolando il centro storico ed il nuovo concepito da Zucchi, affermando la presenza di edifici rappresentativi del governo e la cultura della nuova Repubblica: il Cabildo di Montevideo convertito nella sede del  Parlamento, in nuovo edificio di fronte ad un nuovo teatro (il Teatro Solìs, anche quello creato da Zucchi) e la localizzazione di questa nuova piazza dove oggigiorno si trova il mausoleo del più grande eroe nazionale uruguaiano, “El general Josè Gervasio Artigas” e la sua statua equestre . Questa piazza fu assunta a simbolo e l’ urbanistica europea si mise al servizio dei valori republicani trovando in Zucchi un tecnico all’altezza delle circostanze.          
       

 Il progetto fu approvato, ma la vita politica del Paese non dava le migliori condizioni per la sua realizzazione, perció il nostro ingegnere-architetto deve emigrare un´altra volta, va a Rio de Janerio in Brasile, passando il testimone ad altri architetti come il ferrarese Giovanni Tosi che riprendendo il progetto suggerisce un’altezza piú uniforme degli edifici intorno alla piazza, quando l´architetto reggiano aveva progettato invece due livelli su una galleria che comprendeva i  portici e girava turr’attorno al perimetro della piazza.

L`ambiente edificato é sempre lo specchio di una società. Nelle città, i vari strati architettonici svelano i valori delle differenti generazioni. Anche l`architettura emiliano-romagnola è uno specchio della nostra società, ma ha inoltre la particolaritá di essere un´istantanea. Nessuna sovrapposizione di epoche contamina i simboli creati da architetti, ingegneri e scenografi: le piazze, i monumenti, i portici non solo perchè rifuggono da ogni rapporto costo/profitto, ma perchè illustrano desideri personali e visioni collettivi. Sono l`espressione di una società  del benessere cha ha il coraggio di riflettere su nuovi orizzonti, di una società che sa offrirsi sogni meno evanescenti di simili costruzioni provvisorie.

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