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1 Dicembre 2009 | Archivio / Protagonisti

Nel buio

Cent’anni fa, la tragedia della miniera di Cherry dove morirono 44 emiliani. Nel diario di un sopravvissuto il ricordo dell’orrore

A cura di Claudio Bacilieri. Lettura di Fulvio Redeghieri.

1 dicembre 2009

Musica. Keith Clark: The Cherry Mine Disaster 

Cari ascoltatori, dedichiamo i Protagonisti di oggi ai 259 lavoratori che esattamente cento anni fa, il 13 novembre 1909, persero la vita nell’incendio della miniera di Cherry, in Illinois, 90 miglia a sud-ovest di Chicago. Il disastro di Cherry fu uno dei più gravi della storia mineraria mondiale. Ricordarlo, significa riportare l’attenzione sul triste fenomeno delle morti sul lavoro. Tra i dimenticati morti di Cherry, c’erano 65 minatori italiani, di cui 44 provenienti dall’Emilia-Romagna. Il resoconto di quei drammatici giorni si deve al borettese Antenore Quartaroli, uno degli “eight-day men”, vale a dire uno dei ventuno sopravvissuti, dopo otto giorni passati da sepolti vivi nelle viscere della terra. La vicenda di Quartaroli e dei suoi compagni ha dell’incredibile, ma andiamo con ordine.
Sembrava una giornata normale, il 13 novembre 1909, per i numerosi operai, quasi tutti emigrati europei, tra cui i nostri montanari modenesi, che lavoravano nella Cherry mine: un bacio alla moglie e ai figli, e via nel ventre della miniera a estrarre il carbone per conto di una compagnia di Chicago. Ma verso mezzogiorno poche gocce d’olio fuoriuscite da una torcia a cherosene finiscono sopra un carico di fieno destinato al nutrimento dei muli. Si scatena l’inferno. L’incendio si estende rapidamente nei cunicoli che scendono nei livelli più bassi della miniera, mentre il fumo killer si propaga cominciando a uccidere. Il bilancio finale è di 259 vittime. I 44 emigrati dall’Appennino modenese sepolti vivi nella miniera provenivano in 12 da Fanano e in 10 da Pavullo, mentre sette erano di Palagano e Montefiorino, sei di Lizzano in Belvedere, tre di Montese, tre di Sestola e due di Porretta e Castel di Casio. 

Musica. Ensemble Cast: Cherry Mine

Le mete preferite dei modenesi negli Stati Uniti erano le zone dei Grandi Laghi, in particolare l’Illinois o le regioni più interne della Pennsylvania, verso le quali i nostri emigranti si dirigevano a causa di quell’effetto di catena migratoria che spingeva a seguire i sentieri già tracciati dai propri compaesani. Erano le numerose miniere di carbone ad attirare i nostri lavoratori e quindi fu inevitabile la preferenza per i piccoli centri dell’interno rispetto alle grandi città della costa, che già pullulavano di manodopera del sud Italia. La scelta degli Stati Uniti sottintendeva un addio, se non definitivo, almeno per parecchi anni, al luogo nativo. Ciò rappresentava per il montanaro una dolorosissima lacerazione, la perdita della continuità con il proprio mondo.
Della più incredibile esperienza della propria vita, Antenore Quartaroli, uno dei ventuno sopravvissuti, ha lasciato una testimonianza sotto forma di diario, che ci fa rivivere in presa diretta quei terribili momenti. Gli “eight-day men” vennero tratti in salvo otto giorni dopo. Erano ventuno operai che per puro caso, ignorando ciò che era accaduto più in alto, si incontrarono nei pressi di uno dei pozzi più profondi della miniera. Tra di loro c’erano i fratelli Pigati di Fanano, Giacomo e Salvatore, Bonfiglio Ruggeri di Pavullo e Francesco Zanarini di Canevare. Cercarono tutte le possibili vie di uscita per giorni, venendo respinti più di una volta dall’aria ossigenata, il famigerato black damp, e dal fumo killer. Si cibarono dei pochi tozzi di pane che altri minatori avevano lasciato,cercando ovunque acqua da bere, scavando perfino il terreno per ricavarne poche gocce, finché, perse le speranze, ognuno di loro scrisse una lettera di addio ai familiari, pensando che seppur privi di vita, prima o poi qualcuno li avrebbe ritrovati.
Fu grazie all’intuizione e alla forza d’animo di Giacomo Pigati che, divisi in squadre e ormai al limite delle forze, gli operai andarono a cercare acqua in una zona per loro inesplorata. Dopo tanto camminare e aver perso più volte la direzione, giunsero a 200 metri dal pozzo d’uscita, dove videro gente che lavorava. Il primo a salire sull’elevatore e a uscire, mentre i soccorritori cercavano gli altri superstiti, fu Zanarini, seguito a ruota dai colleghi che dopo otto giorni rividero la luce del sole.

 Musica. The Ringles: Cherry Mine Disaster

La storia è nota come “the Cherry mine disaster”, che è anche il titolo della testimonianza di Antenore Quartaroli. Sulla vicenda ci sono siti internet (come guitarjourney.tripod.com), sono stati scritti libri e canzoni, alcune delle quali state ascoltando in questa trasmissione. In particolare il folk singer Keith Clark ha inserito un pezzo intitolato “The Cherry Mine Disaster” nel suo album Ballads of La Salle County, Illinois”. Stesso titolo per il brano di The Ringles, una delle migliori tracce del loro album “Rickenbaker Ballet”. “The Cherry Mine” è anche il titolo di un commovente brano di Ben Bedford. Infine, Cherry Mine ha ispirato l’Ensemble Cast con una canzone compresa nell’album “Crossing Paths at Starved Rock”.
La presenza numerosa di nostri montanari nella stessa miniera, ci ricorda che gli emigranti non partivano mai da soli, ma in gruppo. Venivano reclutati da procacciatori che giravano per la montagna, poi le notizie si diffondevano con il passaparola, così erano parenti, amici, giovani dello stesso paese o di paesi vicini, che partivano insieme per un’avventura con la speranza di migliorare la vita. Allora il carbone era materiale richiesto soprattutto nelle ferrovie, nell’industria e nel riscaldamento. Solo nell’Illinois, all’inizio del secolo scorso, erano attive una ventina di queste miniere. Cherry aveva ottenuto l’autorizzazione nel 1904 e nell’anno successivo iniziò l’estrazione e contemporaneamente la costruzione del paese per i minatori.
I pozzi furono costruiti profondi 200 metri con tre vene orizzontali capaci di fruttare 30 mila tonnellate di carbone al mese. Era una miniera che prometteva una buona rendita alla Società che la gestiva, anche perché poteva sfruttare subito l’energia elettrica proveniente dalla vicina città di Ladd ed era ben servita dalla ferrovia. Queste notizie si trovano anche nel libro “La valigia di cartone” di Walter Bellisi, che insiste sulla consistenza dell’emigrazione dei montanari modenesi negli Stati Uniti, paese che ospitò il 16 % di tutta l’emigrazione dalla provincia di Modena, con punte del 33 % nel 1913.

Musica. Ben Bedford: The Cherry Mine

Cherry non fu l’unica tragedia che coinvolse emigranti modenesi. A Dawson, New Mexico, in un’altra esplosione in miniera, nel 1913 perirono 290 italiani, tra cui 38 montanari modenesi. Sul Col de Verde, a Cozzano, in Corsica, nel febbraio 1927 fu travolta da una valanga un’intera squadra di boscaioli di Piandelagotti, nell’alto Appennino modenese, che lasciò 13 dei suoi nella neve. Quattro vittime modenesi anche nella famosa tragedia di Marcinelle, cittadina mineraria del Belgio, l’8 agosto 1956.
Oggi sono i lavoratori stranieri a pagare con un grande contributo di sangue il benessere italiano.

Musica. Sufjan Stevens: Come on feel the Illinoise

 

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