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27 Settembre 2016 | Archivio / Protagonisti

Renzo Bonfiglioli: tutto Ariosto appassionatamente

Il ferrarese che rispose alla prigionia fascista raccogliendo le più preziose edizioni ariostee

A cura di Vittorio Ferorelli

Care amiche e cari amici di RadioEmiliaRomagna, la storia che vi raccontiamo oggi è un piccolo apologo della bellezza che aiuta a resistere. Una vicenda che merita di essere ricordata nei giorni in cui a Palazzo dei Diamanti si apre la mostra dedicata ai cinque secoli dell’Orlando Furioso.

Tutto ha inizio un giorno di giugno del 1940, quando a Ferrara, in via Palestro, a pochi passi dalla piazza Ariostea, due agenti della polizia fascista portano via un uomo dalla sua casa, un elegante palazzo cinquecentesco dove abita con la moglie e i due figli. L’uomo si chiama Renzo Bonfiglioli, ha 36 anni e discende da un’antica famiglia ebraica. Non ha mai voluto iscriversi al partito mussoliniano e per questo, da tempo, è schedato come “antifascista ebreo da internare in caso di guerra”.
Viene portato a 300 chilometri di distanza, nei pressi di Macerata, in una villa annessa all’abbazia di Fiastra, dove sono raccolti altri dissidenti come lui. E qui incontra un amico conosciuto ai tempi dell’università, il medico triestino Bruno Pincherle. Sarà lui a indicare a Bonfiglioli il metodo per evadere, senza rischi, da quel luogo di noia. Grazie alla passione per i libri antichi.

Bibliofilo impenitente, Pincherle contagia l’amico, iniziandolo al gergo dei cataloghi librari e introducendolo nel mondo del collezionismo. Pur essendo reclusi, i due sfruttano le poste e il lassismo dei sorveglianti, facendosi inviare edizioni pregiate da ogni dove.
Nei quattordici mesi di prigionia Bonfiglioli riempie casse e casse di libri, ma si appassiona in particolare alle opere di Ludovico Ariosto. Il poeta dei bei gesti, delle fughe e degli incantamenti diventa il compagno più prezioso in un tempo in cui la cavalleria sembra del tutto dimenticata. Quando è costretto a lasciare questo tesoro per un ricovero che lo porterà a Bologna, chiede alla moglie di recuperarlo.

Quattro anni dopo, a guerra finita, Renzo Bonfiglioli torna a Ferrara con la sua famiglia. Si sono salvati dalla morte fuggendo in Svizzera. Il suo tesoro è lì che lo aspetta, con la prima edizione del Furioso del 1516, quella rarissima del 1521 e due esemplari del 1532: è uno dei pochi a possedere le prime tre versioni originali del poema ariostesco.
Negli anni successivi diventa un punto di riferimento per la comunità ebraica della sua città e un raffinato organizzatore di eventi musicali. Ma dopo la sua morte, avvenuta nel ’63, gli eredi cedono la biblioteca a un antiquario, disperdendola. È la fine di quel “piccolo mondo di grazia e di poesia” in cui Bonfiglioli, come diceva Pincherle, aveva sostato tra una battaglia e l’altra. Chissà che non si possa ritrovare quel tesoro sulla Luna, come voleva Ariosto: “ciò che in somma qua giù perdesti mai, / là su salendo ritrovar potrai”.

[Per approfondire: “Le vite di Renzo Bonfiglioli” di Marco Dorigatti]

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