Salta al contenuto principale
15 Aprile 2020 | Racconti d'autore

Dal sottovuoto: poesie assetate d’aria

Poesie di Alberto Bertoni, Maria Borio, Roberto Pazzi e Anna Ruotolo tratte dal volume omonimo (a cura di Matteo Bianchi; Fanna, Samuele Editore, 2020)

A cura di Vittorio Ferorelli (Istituto Beni Culturali Regione Emilia-Romagna)

Se per scrivere poesia occorre talvolta isolarsi dal mondo, cosa scrivono i poeti durante l’isolamento forzato che tutti stiamo vivendo? Se lo è chiesto Matteo Bianchi, poeta, giornalista e libraio di Ferrara, e per rispondere ha chiamato a raccolta 35 voci provenienti dall’Italia intera. Ve ne proponiamo quattro: Alberto Bertoni, Roberto Pazzi e Anna Ruotolo leggono i propri versi, Federica Fracassi legge quelli di Maria Borio.

Una lettera a Giancarlo Pontiggia

Ricordo il muro di un racconto minore
Andremo lontano dai miei guai
ma più del muro ha vinto il sempre mai
essere altro da come sono
falsocalmo, succubo, incazzoso.

L’incubo è questo disgregarsi del mondo
nelle narici e sul polso
questa pioggia d’atomi senza controllo
con te nel mezzo
disamorato specchio
che non rendi più bello
un bel niente
se non il mio essere oggi
sintomo vivo
davanti all’imminente
compleanno dei sessantacinque
di là dai quali
la buona società che mi ha educato
afferma il diritto di liberarsi
delle mie quattro ossa ma anche
di una residua pinguedine dovuta
a passioni prolungate
e oggi – ammetto – sconsiderate
per il cibo delle mie parti
e quel po’ di alcol.

Insomma, dovessi anch’io
mai contrarre il contagio
verrei come minimo rinchiuso
e dopo poco sepolto
nel giardinetto senza sbocco
dove come un allocco
stamattina ho incontrato
torme ululanti di cani
e il fulgore spento del mio marzo
ferito da lame di gelo
che è dove la poesia combina
l’unione della fine con l’inizio
perché, caro Giancarlo,
altro non esiste
che questo in rapida sequenza sgocciolare
di lacrime da fine della storia
o da perdita irreparabile di un padre
sapessimo una volta
leggere il cielo che ha emesso
la sua sentenza inappellabile
di fine della pioggia
a colpi di scie bianche
e di un celeste
che m’insegue dalla parte del malanno
e subito s’aggrava
diventa in un amen deliquio
la psiche ti aggroviglia su te stesso
e la frase dentro esplode
in frammenti di sillabe che dicono
basta parole, carino,
almeno fino alla fine della notte
quando il solito insonne
e trapassato di sudore
Io Natura lo riduco a niente
altro che l’essere insensibile
paracarro da mò dell’esistere,
come a Bologna dicono.

Ma piuttosto che ridurmi
a scadente monosillabo
di un tempo ormai prossimo all’abisso
dove i miei cari vivono
tutto attorno raduno in cerchio
gli anni, i giorni, le ore
fino all’ultimo minuto
di me quasi quasi salvando
quel briciolo di fiuto
e di gusto al centro del palato.

Alberto Bertoni

——————————-

17 marzo

Caro Alberto,
è davvero un bellissimo regalo questa tua Lettera, che riprende alcuni motivi del mio libro, ma spostandoli sul piano di un vissuto non meno conflagrato ed epico. L’abisso del tempo e della memoria, e dunque del mondo, finisce tutto in un «briciolo di fiuto / e di gusto», con uno scatto ironico che allontana per un po’ quel senso di sbalestramento, di stordimento di cui siamo tutti vittime e complici, quando pensiamo la strana vicenda dell’io nella complessità del cosmo. Ho trovato bellissime soprattutto queste lasse che trapassano l’una nell’altra, colate sintattiche che un po’ mimano il moto irregolare del parlato, ma trovando un loro equilibrio impeccabile, un ritmo in cui tutto s’incardina. Ci sento, in questo tuo scrivere, l’eco di un Cecco o di qualche geniale autore dei Carmina Burana, in cui meravigliosamente lo scatto beffardo e giocoso si univa alla più nera malinconia, la dimensione esistenziale al gusto dello stravolgimento e dell’irrisione: una tradizione che amo tantissimo, e che frequento spesso nelle mie letture. Grazie di cuore, Alberto: ci voleva questa parola di passione e di rivolta in un momento così strano e sospeso, da parere quasi finto: come se stessimo girando un film di sole comparse, lunghissimo e uggioso. Con un saluto carissimo,
G.

————————————————————–

Dal deserto rosso

13 marzo 2020

Sono un punto solo nel deserto rosso:
oggi è questa la mia dimensione, un punto
che non ha lunghezza, larghezza, profondità,
caduto dalla parte più alta del cielo su una terra
piena di silenzio e pura improvvisamente.
Ti scrivo dalla zona rossa, ed è questa la verità:
i confini sono tracciati, il rosso ha riempito lo spazio
senza entrata né uscita, e tutti sono come me,
punti soli, senza illusione, nella prima primavera
del millennio che al tempo sta cambiando la faccia.
Ti scrivo e da questa stanza sussurro che se un punto
non ha dimensioni è perché forse le ha unite tutte in sé?
Pensarsi è unirsi – mentre la notte e il giorno
hanno un unico colore, e impariamo a pensarci,
e un bene, come mai, nuovo.

Maria Borio

————————————————————–

La grande fermata

Il mondo sognava di fermarsi,
d’interrompere il galoppo verso il nulla,
era il sogno che mi volevi raccontare
ma non ci sei riuscita, stavi male,
hai detto solo sono stanca,
te lo dirò domani,
e non hai avuto quel domani.
È ormai la tua promessa infinita,
ora so che avevi fretta, Emilia,
quasi morendo volessi aiutare
il mondo a fermarsi
prima che nemmeno a sostare
riuscisse più,
perché in quel temporaneo fermo
c’è un amore per la vita così grande
da bruciare le parole per dirlo.
Ecco perché oggi molti parlano
di quel che non sanno,
che invece tu sapevi.
E i molti che non sanno aiutano il mondo
con la loro paura,
non hanno altro.

——————————-

La quercia di Tricase

Restare a casa,
ma qual è la nostra casa?
quella di mattoni?
o la mente, l’anima, lo spirito,
la casa che ha sempre nomi diversi…
Qualcuno manda un messaggio,
cerchiamo di leggerlo
intanto che si ferma la corsa.
Virus è veleno,
un po’ di morte nella vita,
a risanare le radici
della vita malata.

Roberto Pazzi

————————————————————–

Hai preso un treno sbagliato, mi dici
rare cose appaiono per strada
e tutte quante poi scompaiono

altre, rarissime, ti tengono compagnia
sono domande, tesi, sistemi
pensieri che alleggerisci
tu stesso, pianeti riflessi nel gelo
buone speranze volate fuori
da una finestra dall’altro lato della strada
nuvole, tempeste a venire, animali
rannicchiati nel vento, tra scatole e verdure.

Non sai che fare, inganni il tempo
mandi il tuo messaggio a questo
lato del mondo: io da qui dormo
esisto, tengo forte le coincidenze
imparo l’arte del desiderio
e della dispersione.

Dici che si fa più scuro
si sente azzurra qualche campana
nessuno passa da lì, il sonno ti somiglia
forse morirai – scherzi e ridi.
Poi scrivi qualcosa che non si dice.
Un passero cerca casa e fuoco tra le mie mani,
la luce si spegne. Arrivi, volando, su un carro d’argento.

Anna Ruotolo

————————————————————–

In attesa che sia possibile pubblicarlo su carta, il libro Dal sottovuoto. Poesie assetate d’aria è disponibile per l’acquisto in versione digitale. L’editore si impegna a donare metà dei proventi alla Protezione Civile per l’emergenza Coronavirus.

Brano corrente

Brano corrente

Playlist

Programmi