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7 Febbraio 2015 | Paesaggio dell'anima

Il bel canto romagnolo

Un viaggio in regione attraverso la musica

A cura di Claudio Bacilieri. Lettura di Fulvio Redeghieri.

Alessandro Bonci: Rigoletto. La donna è mobile. Di Giuseppe Verdi.

Continuiamo, cari ascoltatori, il nostro viaggio nella musica fatta dagli emiliano-romagnoli. Come si sa, la nostra regione è la culla del melodramma, infatti sono pochi i territori con una concentrazione così elevata di teatri lirici ottocenteschi, la maggior parte dei quali è ancora attiva. Quasi ogni città o piccolo paese ha il suo. E le voci: che voci! Per restare in Romagna, dopo avervi fatto ascoltare il grande tenore Alessandro Bonci, sul quale torneremo, vi serviamo sul nostro piatto musicale la splendida voce forlivese di Maria Farneti in quello che fu il suo cavallo di battaglia, l’aria “Io pingo” nella “Iris” di Mascagni. Quest’opera, rappresentata al Teatro Regio di Torino nel dicembre 1899, fu il suo primo grande successo. Maria aveva 22 anni. Nell’estate del 1900 fu scritturata al Teatro Vittorio Emanuele di Rimini, dove cantò la Manon Lescaut di Puccini e nel novembre dello stesso anno fu di nuovo Iris al Comunale di Bologna accanto a Enrico Caruso. Nel 1902 andò in tournée con Mascagni negli Stati Uniti; al ritorno cantò al Teatro Regio di Parma nella parte di Elsa nel Lohengrin di Wagner; poco dopo partecipò alla prima sudamericana di Grisélidis di Massenet all’Opera di Buenos Aires, dove tornò nel 1908 per la prima di Paolo e Francesca di Luigi Mancinelli. Nel 1913 inaugurò il nuovo Teatro Colón di Buenos Aires. Ma adesso sentiamo il suo dolcissimo timbro di voce.

Maria Farneti: Iris. Atto II. Io pingo. Di Pietro Mascagni.

Cos’è che rende così speciali le voci delle cantanti forlivesi? Sentite il timbro pieno e vellutato della mezzosoprano Giulietta Simionato, morta qualche anno fa, nel 2010, pochi giorni prima di compiere cento anni. I cultori del melodramma ricorderanno la sua lenta carriera teatrale, iniziata nel 1935 con ruoli da comprimaria, e il successo arrivato solo nel 1947 alla Scala di Milano grazie a una splendida interpretazione nel Così fan tutte di Mozart. La Farneti aveva una tecnica impeccabile e un repertorio che andava da Rossini a Donizetti e all’opéra-lirique francese. Qui l’ascoltiamo nella Favorita di Donizetti.

Giulietta Simionato: La Favorita. O mio Fernando, della terra il trono. Di Gaetano Donizetti.

Altra voce romagnola – ma d’adozione, questa volta – è quella tonda, morbida ed estesa del mezzosoprano Ebe Stignani, nata a Napoli nel 1907 da una famiglia originaria di Bagnacavallo, e morta a Imolanel 1974. Nella cittadina di Imola, che le ha intitolato il teatro, la Stignani trascorse gli ultimi vent’anni di una vita costellata di successi. Il suo esordio al Teatro San Carlo di Napoli nel 1925 come Amneris nell’Aida di Verdi, le consentì l’anno dopo di essere scritturata da Arturo Toscanini per la Scala di Milano. Si esibì nei più importanti teatri d’opera d’Europa e d’America come apprezzata interprete del repertorio romantico italiano e in particolare delle opere dell’emiliano Giuseppe Verdi. La ascoltiamo nell’Aida, cari amici. Sentite che bellezza.

Ebe Stignani: Aida. Chi mai fra gli inni e i plausi. Di Giuseppe Verdi. Coro e orchestra dell’Accademia nazionale di Santa Cecilia.

E per finire, dobbiamo parlare del primo vero divo della lirica italiana, Alessandro Bonci, nato nel 1870 a Cesena, città che gli ha dedicato il suo splendido teatro, inaugurato nell’afosa estate del 1846 con un’opera di Donizetti. Per la bellezza della voce e la purezza dello stile, l’apprendista ciabattino, formato al Conservatorio Rossini di Pesaro,  gareggiò con Caruso dividendo con lui il favore delle platee. Bonci debuttò con straordinario successo nel 1896 al Teatro Regio di Parma nel Falstaff di Giuseppe Verdi. Subito ingaggiato al Teatro alla Scala di Milano, ripeté il successo con I Puritani di Vincenzo Bellini. Da questo momento è chiamato nei principali teatri del mondo, sempre in concorrenza con Caruso. Il 3 dicembre 1906 calca le scene della Manhattan Opera Company di New York, mentre Caruso è la star del Metropolitan Opera. E se Caruso privilegiava le parti “eroiche”, Bonci era più un tenore “di grazia”, o “lirico”. Nel 1914 Bonci firma il contratto con la Chicago Opera. Poi è richiamato in patria dalla guerra, finita la quale torna negli Stati Uniti per un tour di tre stagioni. Nel 1925 si ritira dalle scene e nell’agosto 1940 muore a Viserba di Rimini. Muore, ma la sua voce resta per sempre. Alla prossima puntata, e tanti cari saluti dalla vostra penna, Claudio Bacilieri, e dalla vostra voce, Fulvio Redeghieri, che s’incrociano tra Bologna e Parma.

Alessandro Bonci: La Bohème. Che gelida manina. Di Giacomo Puccini.

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