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15 Novembre 2012 | Racconti d'autore

Libri e contro il tarlo inimico

di Roberto Roversi, Edizioni Pendragon, Bologna, 2012 (prima puntata)

A cura di Claudio Bacilieri. Lettura di Fulvio Redeghieri.

15 novembre 2012

“Offro queste poesie scritte e tutelate nel tempo a chi ama i libri e la poesia, la poesia e i libri, e non si lascia ingannare dalle ombre del mercato e della fretta. Che questi versi accompagnino il buon lettore…”. Queste parole di amore totale, incondizionato verso i libri, sono il lascito testamentario del grande poeta bolognese Roberto Roversi, recentemente scomparso, noto al grande pubblico per essere stato l’autore dei testi di tre dischi memorabili di Lucio Dalla negli anni Settanta.
Il 28 ottobre scorso a Bologna, un gruppo di poeti e scrittori, da Alessandro Bergonzoni a Stefano Benni, da Marco Alemanno a Grazia Verasani, da Salvatore Jemma a Matteo Marchesini, hanno recitato in una pubblica lettura le poesie che vi proponiamo in due puntate, ultimo, commovente e “necessario” atto d’amore per l’oggetto libro, che è stato la ragione di tutta la vita di Roberto Roversi, come lui stesso scrive nell’introduzione. Che si stampano libri sono secoli. Che si leggono libri sono secoli. Che il libro esiste ed è una presenza viva nel mondo culturale dell’uomo sono secoli.

Adesso, proprio in questi anni, dicono che il libro stia morendo. Non lo credo. In questo momento il libro è come un pugilatore messo knock-out ma con tutto il
vigore ancora intatto e pronto a risollevarsi da terra per un nuovo round.
Questo libro, messo insieme con pazienza per decenni, vuol cogliere le ombre e i respiri più significativi e dedicare loro un omaggio in nome di buona e bella cultura.
Leggere un libro, aprirne le pagine, sfogliarle, è ancora una miracolosa operazione che ci riempie di meraviglia, anche se il libro è soltanto un volumetto di versi che un giovane esordiente spedisce pieno di speranza e di augurio.
Con affetto, questo libro sia un regalo anch’esso per quanti mantengono ancora intatto il gusto della lettura e sono disposti ogni giorno a lasciarsi sorprendere. Per la vitalità che la pagina scritta riesce a mantenere.
Buona lettura dunque, per i lettori che avranno la pazienza di scorrere queste righe qua offerte e la curiosità per delibarle. E grazie per l’attenzione.

1
Bada, ti vedo ti ho visto e ti sconsacro
anche se verme di strada ladruncolo notturno ti annidi nella gola
del libro che riposa. Questo tomo dormente. Soffio il fiato dentro al cavo involucro
per spegnerti ferirti impaurirti
annichilirti impeciarti devastarti
fra le parole della pagina
trasformate in un campo di battaglia.
Basta niente
per schiacciarti per sempre. 

 


2
Fra le biblioteche immaginate biblioteche costruite o disegnate
amo il progetto di Boullée.
I libri sopra e sotto in una sala immensa in una sala a non finire

come se fosse un giorno in cui
la luce non sa morire
– come se fosse un presepio di fogli
un muro di sapere e conoscenza
voci mormorano parole che non si spengono la sala foresta è un musicale eco.
Una montagna di libri. Libri slegati
libri rilegati 

libri alberi polvere sassi di sgomento libri bisonti libri cigni volanti
libri leggeri insignificanti libri scacciapensieri. Libri urlanti.

Libri cinghiali notturni grugnanti
libri senza più memoria
libri agnelli farfalle suoni fra miti pensieri. Libri feriti dalla storia libri
per la cantina neri.
Libri strappati scalciati per giuoco
libri bruciati anneriti dal fuoco.
Libri albini
Libri per bambini
Libri per donne e uomini fieri
Libri per oggi per domani per ieri. 

3
Rannicchiato sotto un ombrello
dorme dentro al sole d’agosto
il bouquiniste rissoso rosso tondo. Dorme nella controra.
Affascinato dal lume e dal silenzio
nel cielo aperto sopra la malora
del mondo
il grande fiume legge ascolta corre.
Ma legge l’usignolo canterino
leggono le foglie mormoranti
legge il cane strisciando contro il muro ma
sprofondato dentro al tomo antico legge e mangia il tarlo avido infame verme in gran sospetto di eresia
il più maledetto che ci sia
fra i divoratori di parole.
Si cancelli dunque la sua insania chiudendolo all’inferno

4
Il gran sapiente antico ha le sue pagine d’oro non sotto un albero di fico ma dentro i

libri bruciati libri divorati
libri calpestati libri spaccati

libri con il freddo sopra il cuore libri spiaccicati dalle pietre
libri marciti come un fiore
libri restaurati con amore

libri dimenticati sopra un muro libri cancellati con il gesso
libri mescolati con la creta
libri con l’odore di sacrestia libri ricoperti dalla polvere

dai fulmini feriti e da tempesta
libri annotati da una mano amica
libri caverna per formiche operose
libri impietriti da terribili inverni
libri affamati per un lungo cammino
libri ostello per il tarlo ubiquo
vestito da pulcinella o da signore
ma in realtà vero diavolo stupratore
che sorprendo inseguo schiaccio con un dito. Giusta vendetta al mio furore. 


5
Tarlo tarletto goloso del Mississippi venuto dalle Americhe
nella valigia di un bibliofilo di Teramo e approdato a fine settimana

in questa stanza di una città emiliana,
ti vedo che rosicchi il tomo di Albinoni. Piccoli morsi ma colpi di cannone
onde di mare che raschiano la spiaggia
di queste pagine in cui affondi il dente. Paziente cauto ma avido e carogna.
Villano e inetto
tarlaccio di lingua inglese, falso arlecchino, ignaro di quello che inghiotti,
perché scritto in latino.
Allora ti servo subito io e
come un veliero stretto fra il ghiaccio
con due dita ti strizzo ti deflagro ti schiaccio. 


 

6
Servo del potere della fame

l’infame verme
muovendosi schizzinoso
aggredisce il tomo inerme.
Servo del potere della fame, gli mormoro con il fiato caldo sulla pagina aperta, chinati spogliati

sfoglia insegui ma non stuprare
le foglie delle parole
e non lasciare un frammento impolverato come un povero tordo impallinato
in mezzo al campo.
Ma per te non c’è più scampo. 


7
Guarda, guarda pure tarlo indisponente mentre con la penna ricopio le parole
dal tomo grigio che gli anni han tempestato. Sono un poveruomo alla fine del millennio in un secolo acceso da faide interminabili
e vedo molte cose mancare.
Mancare le nuove parole, sfiorire.
Piangere i laghi, le betulle disperse
al confine del mondo le acque morire.
Tu divori aggredisci incalzi uccidi
il cuore della carta
crocifiggi il silenzio delle pagine.
Tarlo, disonore del mio tempo
vacca sbracata di Giove
pallida ameba ti voglio gettare
morte dal fuoco delle mie mani. 


8
Ti notifico, libro della mafia, libro della malora che non credo ad alcuna tua parola
non credo neanche all’indice finale
compresso dalla legatura di pecora o di cinghiale. Rapido, sfoglio le pagine, mi inoltro

nel folto bianco del tuo bosco e ahi! ecco ti vedo mentre ti dibatti
ombra su scoglio a divorare carta. Col tuo rosicchiare la sera si consuma la pagina ferita si lamenta

forte nel silenzio
anche quando la candela è spenta. 


9
Così era e così è. Tu corri
per sottrarti ma io ti inseguo perseguo la tua traccia
sollevo i veli al tuo fantasma bianco non ti do tregua requie pace sonno
è inutile che fingi indifferenza impallidisci risecchisci stendi
una cortina di nebbia sulla strada
che cala fra le pagine
tarlo avaro assassino
lo sai alla fine la mia mano
afferra ancora il regolo per colpire
e ti scaglia lontano
dal tomo del Balestrieri che mi è caro. Questo è il tuo destino. 


10
Nei libri antichi è scritta la saggezza, parola di Brecht.
Ma dalle severe biblioteche non esce solo il sapere lucido di sale;

non esce solo con le piume
dell’esile gabbiano
la poesia claudicante per l’attesa
e prossima a cantare;
esce anche la ferocia del tarlo appostato con denti di delirio;
escono grida e voci di una storia
che racconta come
troppe volte i sapienti
si inchinarono ai potenti sorridendo. Dalle biblioteche dice Brecht
escono anche le voci dei massacratori. Aggiungo: non le voci dei massacrati. In una grande foresta di silenzio
il tempo li ha divorati. 

 


11
Sprofondare in un libro
per essere liberi,
un libro d’antica scuola.
Ricavo dalle carte il delirio del sole. Sottraggo alla pagina la voce delle parole, le parole perdute.

Ti divoro ti bevo ti lappo ti lecco vulcano di voci di fuoco gutenberg viaggiatore e canto canto cacciatore.

Il libro in attesa sotto il ramo
si specchia nell’ombra di un tiglio;
come il batacchio della campana immobile quando la corda non tira e
il vento non corre,
brilla sul prato dell’estate
è presenza e vigore senza alcuna cautela. Tanto che un tarlo pallido di fame l’apposta cerca la sua mano
ma invano. 


Roberto Roversi – Il poeta bolognese si racconta

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