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10 Gennaio 2013 | Racconti d'autore

Ridere fa rima con vivere

Di Michael Capozzi, Bacchilega Editore, 2012

A cura di Claudio Bacilieri.

10 gennaio 2013

Il titolo di questo libro – “Ridere fa rima con vivere” – sarebbe una frase banale, se a scriverlo non fosse una persona che di lavoro fa l’artista di circo e teatro comico: uno dunque che fa ridere. Vivere ridendo si puo? Sì, basta vedere sempre il bicchiere mezzo pieno, non mezzo vuoto. Il giovane autore, 24enne, nato a Castel S. Pietro (Bologna) ha già realizzato cortometraggi, recitato e cantato in un musical, fatto il trampoliere, frequentato una scuola per attori e una di circo. Nel 2010 ha esordito a Torino con un suo spettacolo di teatro comico surrealista e nel 2012 ha vinto il concorso nazionale di cabaret ”Alberto Sordi“ e altri premi in due concorsi di cabaret. Sempre quest’anno ha recitato come protagonista in tre cortometraggi.  

Il bicchiere è molto pieno

Un brivido mi attraversò. Dalla testa al cuore. Era elettrizzante. Elettrico. Mi correggo, è elettrizzante, lo ricordo come fosse successo ora, in questo preciso istante, mentre batto sulla tastiera elettronica le mia dita. Il pensiero mi si elettrizza, al solo pensarci.
Non sapevo cosa significasse, prima di quella volta, vedere la morte in faccia. Io in effetti non la vidi, ma la pensai.  La pensai spaventato, in quella frazione di secondo in cui, prima che tutto succeda, ma nel mentre che sta già succedendo, ti chiedi: “Cosa sarà ora ? Sto per uccidermi probabilmente. O per rimanere gravemente ferito. Come faccio ?”.
Beh non ci sono molte risposte. Come fai, semplicemente segui il movimento. Cosa sarà ora, semplicemente lo stai scoprendo. Il corpo reattivo e vigile, non seguì la mente razionale. Capì che era in pericolo lui, e io pure. In un momento, un istante bruciante, qualcosa successe dentro, tutto il mio corto metro e ottanta di statura si risvegliò in ogni sua cellula, anche la più assopita fino a quel momento iniziò a lavorare. Mi scusai con loro per il disturbo, con le cellule intendo, ma se non le avessi destate, ora … come dire … ora non so bene nemmeno io dove sarei. Il corpo reagì autonomamente e automaticamente, si irrigidirono i muscoli, quanto bastava per fare un po’ di volume in più e proteggermi, si rilassarono i nervi, quanto bastava per fare un po’ di volume in meno e rilassarmi. Si spense il cervello, facendo meno volume possibile. Insomma era una questione di volumi, ero praticamente un impianto stereo.
La cosa incredibile è che in una frazione di secondo così breve, si riescono a pensare a tantissime cose così lunghe. Ma come è possibile che, anche in un momento così delicato, la mente umana riesca a fare uno zapping di pensieri che, in confronto, quello che si può fare tra i centononsoquanti canali del satellite, è un batter di ciglio!? 
Eppure ci riesce.
Appena prima di cadere, sono riuscito a pensare: “Adesso faccio una caduta di quelle super fighe tipo film americano, butto le braccia arrivo in verticale ed esco dalla stanza ballando Michael Jackson e facendo moonwalk sulle mani, per fortuna che ho giocato a calcio tanti anni come portiere e quindi saprò come cadere, adesso gli faccio vedere una caduta incredibile a questi qui che guardano, sono un figo, sono un cretino, sono quasi morto ma in compenso sono ancora vivo, sono a testa in giù e non sto assolutamente riuscendo a girarmi, dove sono ?! perché sto cadendo ? sto per morire ? sto per vivere ? e i miei amici, come staranno se mi faccio male ? e mia mamma ? e quelli che mi stavano facendo assistenza in un movimento che sembrava tanto facile e gli è scivolata la situazione di mano ? e non solo la situazione, beh comunque se mi salvo avrò una bella storia da raccontare, se mi salvo. Se muoio ce l’avranno gli altri, ma a me che gli altri abbiano una bella storia da raccontare, sapete quanto me ne frega ? niente ! quindi preferisco salvarmi e raccontarla io. Bella poi … avvincente. Avvincente poi, una storia. Una sto …. Aiut …” ….. SBAM!
Dopo questo breve pensiero pensato in non più di 1,32 secondi, si sentì un tonfo con eco incorporato e probabile crepa sul pavimento in legno (santo colui che ha fatto il pavimento in legno), il silenzio totale calò nella sala. Una sorta di immobilità aleggiava nell’aria. Era la mia, ma anche la loro. Anzi a dire il vero era la loro, di chi era lì e stava guardando, perché io mi rialzai da terra quasi a rimbalzo ! Un rimbalzo dovuto, prima di tutto ai due metri dai quali ero piombato al suolo, secondo di tutto al colpo al cuore che mi venne e alla voglia talmente forte di essere ancora vivo che pensai: “Beh io intanto mi rialzo, se sto in piedi vorrà dire che son vivo, no?”.
Teoria matematica di quelle potenti. Se sto in piedi sono vivo.
In sostanza, non riuscii ad uscire dalla stanza ballando Michael Jackson sulle mani, non riuscii a fare una scena da film americano, probabilmente giocare a calcio mi è servito molto, la caduta incredibile gliel’ho fatta vedere, non ho dovuto chiamare amici e parenti perché mi ero ammazzato (anche perché se mi fossi ucciso, non li avrei potuti chiamare), stavo per vivere e ancora più forte di prima, non sono un figo, non sono un cretino (forse), ho una storia che per me è allucinante da raccontare, aiuto mi gira la testa!
Questo era il pensiero post caduta.

Forse vi starete chiedendo:
“Questo sarà caduto con la testa e dice di stare bene, ma come ha fatto a cadere con la testa ? E soprattutto, come può dire di stare bene ?!”. Rispondo alla seconda domanda per prima: dire di stare bene è molto semplice, basta dirlo. Rispondo alla prima domanda per seconda: qualche anno fa volevo fare l’attore. Poi non si sa bene come mi sono infilato in una scuola di circo. Di cosa ? Di circo ! Pappa para para pappappara ! Un bel giorno, mentre stavamo montando la regia di un breve numero di clown, sperimentavo un attrezzo, una scala sulla quale si fanno acrobazie. Mentre ero nel punto più alto della scala, a circa due metri, avrei dovuto eseguire un movimento acrobatico. E uno … e due … e non sono riuscito ad arrivare al tre.
Ovvero, ci sono riuscito, ma sarebbe dovuto essere meno doloroso. La scala scivolò dalle mani di chi la teneva, proprio mentre io ero con la testa all’ingiù e i piedi … i piedi non ricordo, ma per senso di logica direi … all’insù ! Uno scivolone da due metri, atterraggio sulla testa, in caso di emergenza le uscite di sicurezza sono lì e là !
E voilà !
Questo è quanto successo. 
Ho rischiato di uccidermi io … e in più chi era lì con me ha rischiato una serie di infarti multipli a ripetizione.
L’onda elettrica che  mi attraversò il corpo dalla testa al cuore non ho mai saputo che cosa fosse, il senso di soffocamento iniziale, seguito da un cambio repentino di colori del mio volto, non ho mai capito cosa fosse, il santo che mi fece spostare la testa abbastanza di lato da caderci non esattamente sopra , e da evitare una scena da film splatter, non ho mai capito chi fosse, ma l’ho ringraziato e lo ringrazio infinite volte.
Una delle cose che per certo ho capito, è che chiunque mi chieda:
“Il bicchiere per te è mezzo pieno o mezzo vuoto? ”
.Io rispondo:
“Il bicchiere, molto semplicemente, è molto pieno!”.

Brano corrente

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