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30 Luglio 2020 | Racconti d'autore

Come andò che Eugenio Difatti divenne musicista

Testo tratto dal libro omonimo di Stefania Lanari (illustrazioni di Anna Pini; Rimini, Edizioni Fulmino, 2019)

Vittorio Ferorelli

Stefania Lanari, libraia esperta di letteratura per bambini e ragazzi, ha condensato in un piccolo racconto la magia da cui può nascere una grande passione per la musica. Ascoltiamolo dalla sua stessa voce, accompagnata dalle musiche originali di Michele Mangani, eseguite da Sergio Bosi al clarinetto e Riccardo Bartoli al pianoforte.

Come ogni mattina Eugenio Difatti piomba in cucina e grida: eccomi!
Fa colazione, poi esce a giocare con i suoi amici.
All’ora di pranzo torna a casa: eccomi!
Pranza, poi esce a giocare con i suoi amici.
All’ora di cena torna a casa: eccomi!
Cena, poi va a dormire, e dormire gli piace tanto quanto giocare con i suoi amici.

Un giorno il babbo di Eugenio, che suona il clarinetto nella banda della sua città, porta a casa una cassa di vecchi strumenti che nessuno usa più.
Lì, di lato, c’è il piccolo Labemolle.
Appena Eugenio vede il clarinetto, lo prende e corre in camera dei suoi genitori.
Eugenio vuole essere come il suo babbo, così si mette davanti allo specchio dell’armadio grande e ci soffia dentro… niente!

Riprova riprova riprova… un fischio!
Riprova riprova riprova… un suono!
Riprova riprova riprova… una nota!
Riprova riprova riprova… una musica!

Eugenio e il suo babbo provano e riprovano, insieme.
Passano ore e ore a suonare, così Eugenio impara tutto quello che suo padre gli insegna e suo padre gli insegna tutto quello che sa.

La musica, le note, il tempo, il ritmo, le mani vanno e si muovono sempre più veloci, sempre più agili.
Fino a quando, a sette anni, Eugenio entra nella banda della sua città.
Eugenio è bravo, ha talento e volontà e in poco tempo eccolo lì, davanti a tutti, a suonare il suo clarinetto, quel piccolo vecchio strumento, che tra le sue mani sembra davvero un oggetto magico.

Il giorno della festa più importante della città, la banda viene invitata a suonare: si allestisce un grande palco proprio nella piazza principale.
Eugenio è pronto: vestito perfetto, cappello perfetto, scarpe perfette, clarinetto perfetto.
Che vista dal palco!
La città davanti a lui, gli amici con cui giocava in cortile, la maestra, il parroco, tutti, ci sono tutti, grandi e piccoli.
La banda inizia a suonare un pezzo, poi un altro, ma proprio mentre Eugenio prende fiato per una nota lunga… lunga… lunga…
la campana del vecchio clarinetto si stacca e lui resta lì, immobile.

Il pezzo del clarinetto rotola sotto la gradinata, mentre Eugenio lo guarda cadere impotente. Non può più suonare, non può muoversi, non può fare nulla.

Finalmente a casa, Eugenio mette i pezzi del clarinetto nella cassa dei vecchi strumenti e, in silenzio, se ne va a dormire.
Lì, sotto le coperte, quando nessuno lo può più vedere, nel buio della sua piccola camera da letto, le lacrime iniziano a scendere fino a che il sonno non lo avvolge e lo porta con sé.

Passano i giorni, le settimane, i mesi.
Eugenio non parla più del suo piccolo clarinetto, ma il suo babbo sa che ha lui talento, sa che la musica per lui è importante.
Così aspetta… aspetta… aspetta…
E un giorno arriva con un nuovo strumento e lo lascia sul tavolo in cucina.
Eugenio lo guarda e non resiste. Corre in camera dei suoi genitori, si guarda allo specchio…
ma non si vede proprio con la tromba.

Ma il suo babbo non si arrende: aspetta… aspetta… aspetta…
Poi un giorno arriva con un nuovo strumento e lo lascia sul tavolo in cucina.
Eugenio lo guarda e non resiste. Corre in camera dei suoi genitori, si guarda allo specchio…
ma non si vede proprio con la grancassa.

Ma il suo babbo non si arrende aspetta… aspetta… aspetta…
poi un giorno arriva con un nuovo strumento e lo lascia sul tavolo in cucina.
Eugenio lo guarda e non resiste. Corre in camera dei suoi genitori, si guarda allo specchio…
ma non si vede proprio con il sausofono.

Ma il babbo non si arrende aspetta… aspetta… aspetta…
poi un giorno arriva con un nuovo strumento e lo lascia lì, sul tavolo in cucina.
Eugenio lo guarda e non resiste. Corre in camera dei suoi genitori, si guarda allo specchio…
e suona, suona, suona!

Da allora non ha mai più smesso di suonare, prima nella banda, poi al Conservatorio, poi nell’orchestra e poi, da solista, il più famoso concerto per clarinetto che sia mai stato scritto.

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Or che i sogni e le speranze
si fan veri come fiori
sulla luna e sulla terra
fate largo ai sognatori
Gianni Rodari, “Sulla Luna”

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Il “più famoso concerto per clarinetto che sia mai stato scritto” è il “Concerto in La maggiore per clarinetto e orchestra – KV 622” di Wolfgang Amadaeus Mozart.
Le musiche originali di Michele Mangani, intitolate “Eugenio Difatti”, sono pubblicate dalle Edizioni Eufonia.

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