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26 Novembre 2009 | Racconti d'autore

Da Bologna all’India

Il viaggio del Signor Marchese Francesco Pizzardi (1877-78), Bononia University Press, 2006.
Prima puntata

A cura di Claudio Bacilieri. Lettura di Fulvio Redeghieri

26 novembre 2009

La lettura che vi presentiamo è tratta dalle lettere, raccolte in volume a cura di Angelo Varni, inviate dall’India da Francesco Pizzardi, appartenente a una ricca famiglia bolognese che aveva possedimenti terrieri in pianura e un’importante partecipazione a diverse attività industriali, dallo sfruttamento delle miniere ai mulini meccanici. Cresciuto dunque in un ambiente benestante, Francesco Pizzardi può dedicarsi alla sua divorante passione per la caccia, che lo porta a esperienze di vita nei luoghi esotici, mosso da un irrefrenabile bisogno d’avventura.
Le lettere sono anche, di riflesso, una testimonianza dell’ambiente bolognese dell’epoca, ancora immerso nelle atmosfere risorgimentali, quando il trentunenne marchese lasciò la città per le sue escursioni esotiche. Il viaggio avviene, infatti, tra il 13 ottobre 1877 – data della partenza da Bologna per Brindisi, dove Francesco s’imbarca per Bombay sul piroscafo della Società Inglese Peninsulare e Orientale – al 30 maggio 1878, data dell’arrivo da Alessandria d’Egitto. 

Settima lettera

Bombay 27 novembre 1877

Comincio la mia lettera di oggi colla stessa raccomandazione colla quale finij la mia di jeri. Non desidero che le mie lettere né alcuna copia delle medesime sorta dalle tue mani. Sai che ho in odio ogni genere di reclame; e una volta che la copia di una mia lettera sortisse dalle tue mani entrerebbe quasi nel dominio del pubblico, e si potrebbe trovare anche qualche zelante che la facesse pubblicare. Ora io sarò felicissimo se la lettura delle mie lettere potrà divertire qualche nostro amico comune, ma non m’interessa affatto che il pubblico sappia dove sono e che cosa faccio. Qui a Bombay fa molto più caldo che ad Hyderabad quantunque questa sia molto più meridionale di quella; ma Hyderabad si trova in un altipiano a circa 1300 piedi sopra il livello del mare. Alloggiamo di nuovo al Byculla Club; ho una camera al pian terreno, e quindi popolata di bestie; pensa come faresti a dormire, tu che non puoi sentire il più piccolo rumore.

Insetti di ogni specie e di ogni dimensione ronzano per la camera, e quel che è peggio passeggiano sul mio corpo; la notte rospi e grosse lucertole camminano per la stanza facendo un rumore stranissimo sulla specie di stuoja (fatta di piccole cannucce) che copre il pavimento. Sul far del giorno un numero sterminato di corvi che popola il giardino, comincia a fare un tale baccano che il sonno il più duro ne è rotto; e siccome le finestre sono sempre aperte così entrano nella camera si posano sulla spalliera del letto, o sui mobili emettendo dei gorgheggi tutt’altro che gradevoli.
È stranissimo il vedere come in questo paese gli animali non temono la vicinanza dell’uomo; nella camera da pranzo, vi sono dei servi che non hanno altro incarico che di cacciare i corvi dalla sala, ed ho visto degli uccelli posarsi e bere nei bicchieri delle tavole vicine. Per amore di verità debbo confessare che non ho ancora visto di quei serpi velenosi che ogni tanto si delettano a nascondersi nel letto; ma però ogni sera lo visito accuratamente e dormo con una zanzariera finissima che viene rincalzata in modo da non lasciare libero l’accesso ai visitatori notturni. Vi sono due serpenti ed uno scorpione il morso dei quali è fatale e non lascia alcuna speranza di guarigione, nemmeno ricorrendo all’amputazione immediata della parte offesa.

I serpi sono la Naia e il Cobra, ignoro il nome dello scorpione. I:altro giorno un servo dì un signore che abita quì vicino, raccogliendo un fiore nel giardino fu morso dal Cobra, e 2 ore dopo era morto. Mi dicono che il numero delle vittime fra gli indigeni (che camminano sempre scalzi) è grandissimo. Ad Hyderabad vidi una cosa curiosa: La ferrovia non va più oltre di questa città, e il servizio di posta fra questa, e le città e provincie dell’interno è fatto da uomini i quali percorrono circa 30 miglia al giorno correndo. Ne incontra] diversi che partivano di piccolo trotto per varie direzioni; essi portano sulle spalle un bastone, a cui è legato da un lato il sacco delle lettere e dall’altro un grosso campanello che suona continuamente; questo serve ad allontanare i serpenti quando traversano i boschi e le praterie paludose; ma nello stesso tempo serve di avviso alle bestie feroci; e qualche volta succede che questi poveri diavoli per evitare un serpente cadono vittime di una tigre o di una pantera attirata dal suono di quel campanello che annunzia il passaggio di un’uomo.

Di tutte le notizie, descrizioni e cifre che troverai nelle mie lettere, cerco sempre averne conferma da diverse persone, per non correre il rischio di raccontare delle fiabe, imitando volgarmente il sistema di tutti i viaggiatori e cacciatori; di tutto quanto poi io stesso sono testimonio puoi star sicuro che te ne rendo un conto esatto e scevro da ogni esagerazione. Sarà questo il solo merito delle mie descrizioni. Del resto questo paese è così meraviglioso per tutto ciò che riguarda natura, abitanti, costumi, monumenti caccia ecct. ecct. che capisco benissimo che anche uno che si attenga alla pura narrazione della verità possa venir tacciato di esagerazione. Se dovessi dare un consiglio ad un’amico desideroso di fare il giro del Mondo, sarebbe di cominciarlo dall’altro lato e finirlo coll’India, perché vista questa, credo che gli altri paesi debbono presentare ben poche attrattive. Ciò che più rende interessante questo paese è il contrasto continuo fra la civiltà Inglese e la barbarie Indiana, fra il lusso e la miseria.

Accanto a un’accampamento Inglese dove regna il confort, dove non si beve che Champagne, dove ogni pasto non ha meno di 10 portate, vi è della gente che mangia erba e sterco e finisce per morire di inanizione. Esci dalla casa di un’Ufficiale Inglese, dove haj pranzato in cravatta bianca, dove le Signore erano decollatées, e passeggi in mezzo a una folla nuda o quasi nuda. Del resto è positivo che questa gente di colore diverso dal nostro, non ci fa completamente l’effetto di uomini uguali a noi; si vede che è una razza nata per servire, ed io stesso mio malgrado, quando mi trovo a contatto cogli indigeni (anche di classe elevata) mi sento di gran lunga a loro superiore, non come educazione o come coltura, ma come razza; figurati poi gli Inglesi che si sentono superiori a tutte le razze bianche (e bisogna convenire che lo sono).

I più schifosi di tutti sono i Partugkees (leggi sempre i nomi non scritti in Italiano con pronunzia Inglese) così chiamati perché nativi di Goa colonia Portoghese. Essi sono tutti cattolici, ecco perché. Anticamente al tempo dell’Inquisizione, i comandanti delle colonie Portoghesi prendevano gli Indigeni e colla forza introducevano loro in bocca della carne di porco; naturalmente il contatto di questa carne li contaminava agli occhi tanto dei Maomettani che degli Hindos, e venivano rigettati da tutte le caste; questa gente invece di fare come avrei fatto io che avrei fatto casta da me, vedendosi ripudiati da tutti si gettarono in braccio al cattolicismo che è ancora la religione dei loro discendenti. Sono falsi, ladri e vili. È portentoso il vedere come la religione cattolica stampa in ogni luogo un marchio indelebile di viltà e di corruzione.

Fisicamente hanno un tipo che stà fra lo Spagnolo e l’Italiano. I nostri primi servi erano tre Portoghesi, ma non ci piacquero e li cambiammo; prendemmo 2 Maomettani e un’altro portoghese; siamo contentissimi dei due primi, ma bisogna che ci disfacciamo del terzo perché beve ed è sporco. 1 lerciume, ecco un’altra delle qualità che molto spesso distingue i seguaci della nostra santa religione. Tutti gli altri indigeni sono pulitissimi, ed oltre le abluzioni che sono loro comandate dalla religione, appena trovano dell’acqua si lavano. Nella folla, nei vagoni di 3′ classe non si sentono mai quelle esalazioni che offendono spesso le nostre narici girando per le nostre strade o viaggiando nelle nostre ferrovie. A proposito di ferrovie ecco un fatto caratteristico che denota il disprezzo in cui gli Inglesi tengono questa gente. Sai come gli Inglesi hanno forme rispettose per tutto ciò che riguarda il publico e specialmente le donne, al punto che nelle loro stazioni ferroviarie troverai sempre scritto “Gentlemen” – “Ladies” là dove noi scriviamo semplicemente “uomini” – “donne”. Ebbene sui vagoni che sono riserbati per le donne indigene è scritto “Females” come per le bestie. Nelle ferrovie indiane vi sono vagoni per gli Europei e vagoni per gli Indiani maschi e vagoni per gli Indiani femmine; credo che separino i due sessi perché in lungo viaggio finirebbero per diventare i vagoni pei bambini.

Quanto segue è scritto pei soli maschi. Qui la vergogna non ha sede nelle parti sensuali come da noi, credo anzi che non abbia nessuna sede visibile. Il membro virile e la natura della donna sono oggetto di adorazione. In mezzo al tempio di Elephanta vi è un’enorme membro di granito, e in molti tempij della Città, accanto agli Idoli si vedono spesso dei membri finti in erezione. Ma il culto degli Hindos per l’istrumento propagatore è tale che nelle strade della Città come nelle campagne, a tutto ciò che sporge ed emerge con una forma approssimativa al membro virile (come sarebbero pietre, sassi, tronchi o radici di albero) essi tingono la punta con un colore rosso per rendere più esatta la somiglianza, credo anche che il rosso sia colore sacro; lo stesso fanno sugli oggetti che somigliano alla natura della donna, come sarebbero crepacce negli alberi o fessure nei muri. Quando le donne vanno a marito per ottenere dai numi di avere dei figli, vanno a pregare sedute sui membri che stanno eternamente in erezione nei loro tempij: suppongo però che non si limiteranno a questo per ottenere la grazia, e che ricorreranno a dei membri la cui erezione invece di essere eterna sarà intermittente, ma più efficace.

Brano corrente

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