Salta al contenuto principale
26 Aprile 2014 | Paesaggio dell'anima

Il gran teatro del Messico

Un viaggio in regione attraverso la musica

A cura di Claudio Bacilieri. Lettura di Fulvio Redeghieri.

Nicolas Dary Septet: Un viaggio a Ferrara.

E’ sera. Percorriamo le silenziose vie di Ferrara. Abbiamo visto la luce del tramonto indorare le piazze, le strade, le chiese. «Non ho infilato / neanche un braccialetto di perle con le mie lacrime. / Ne rubo una, caduta dal cielo livido di febbraio / all’angolo del vicolo, verso casa». Sono versi rubati a una poesia di Patrizia Garofalo. Versi di poeti ferraresi, come Eleonora Rossi: «In diagonale scivolo /come alfiere agile / sulla nera scacchiera / Destino, mi chiamano». E il destino di Ferrara è già nel nome, che pare derivi dalla presenza del farro, quella specie di frumento duro che fu il più antico nutrimento dei Romani. Nutrimento, appunto: dell’anima, dell’intelligenza, che il centro storico, mirabile esempio di architettura rinascimentale rimasta sostanzialmente integra, riverbera a ogni passo. E allora, scrive Giuseppe Ferrara, «Come difendermi da queste folate / che spengono la luce della piazza / più elegante e più pulita di un salotto; / che spolverano le foglie di questi rami / e i rami di questi pioppi e i pioppi di questo viale». Ed è questo viale, che costeggia i giardini di Eros, che stiamo attraversando nell’aria di primavera. «Aria di primavera / Inebriami d’amore questa sera / All’alba sarò da sola / Complice di Eros /Libera di amare» …

 Giuni Russo: I giardini di Eros.

 Sapete, cari ascoltatori, che noi torniamo sempre sui nostri passi, i quali spesso ci portano lontano, oltre le dimensioni del tempo e dello spazio. Il nostro «Paesaggio dell’anima» è un pretesto per viaggiare con la fantasia, sollecitati dalla musica, dai luoghi e dall’arte di questa regione. E dunque, come fossimo dentro un quadro di Paul Delvaux, popolato di surreali presenze notturne, arriviamo in fondo a Corso Ercole I, oltrepassati i magnifici palazzi dell’aristocrazia estense, il Monte di Pietà, la dimora dei marchesi Varano da Camerino, palazzo Roberti del 1499, il palazzo dei marchesi Turchi di Bagno progettato a fine Cinquecento da Biagio Rossetti come il palazzo dei Diamanti che esibisce nella sera, come strass su un vestito,  i diamanti del suo splendido bugnato. Attraversato l’incrocio con Corso Biagio Rossetti, incontriamo il palazzo dei conti Prosperi e, di fronte al viale che porta all’ingresso della Certosa, Casa Boari, costruita a fine Ottocento dall’ingegnere Adamo Boari. Scavando nel grande parco che si trova sul retro, l’ingegnere trovò nel 1916 resti umani che molto probabilmente appartengono al duca Ercole I e ad altri personaggi della casa d’Este, perché qui sorgeva la chiesa di Santa Maria degli Angeli, dove furono sepolti i nobili della famiglia. Ma sentite la musica proveniente da Casa Boari? Ci porta lontano, in un altro “giardino della regina”, e ci fa attraversare l’Oceano.   

 Jaramar: En el jardín de la Reyna.

 La voce è quella della messicana Jaramar Soto, la canzone è cantata nel dialetto degli ebrei sefarditi, e sapete come Ferrara fosse una città di ebrei, il cui nucleo originario si formò tra il Quattro e il Cinquecento con i profughi arrivati dalla Spagna. Ma ora, cari amici, siamo a Città del Messico, davanti a uno dei palazzi più belli della metropoli, il Palacio de Bellas Artes costruito dall’ingegnere ferrarese Adamo Boari. L’incarico per il nuovo Teatro Nazionale – la prima destinazione dell’edificio – fu affidato a Boari nel 1901, quando la pace imposta dal presidente-dittatore Porfirio Díaz consentì alla borghesia di pensare ai propri divertimenti. Prima di ospitare una fabbrica tessile, il terreno scelto era stato occupato dal convento di Santa Isabel. Da lì saliva il salmodiare delle monache, fluttuante sopra il sotterraneo fondo azteco con i suoi riti e i suoi incubi. Durante la demolizione della torre del convento, vennero alla luce una pietra sacrificale con un serpente piumato, una fontana di azulejos dell’epoca dei vicerè e la lapide di doña Catalina de Perralta, che donò il terreno su cui fu costruito il convento. Solamente una vez è una famosa canzone messicana che ascoltiamo interpretata da Michele Pertusi, che con Mascia Foschi (entrambi parmigiani) e l’Orchestra regionale dell’Emilia-Romagna ha realizzato un atto d’amore verso il bolero.

 Agustin Lara: Solamente una vez (Michele Pertusi e Mascia Foschi, da “Bolero. Canzoni d’amore”, 2010).

 Boari fu incaricato del progetto del “gran teatro del Messico” perché ritenuto in quel momento il miglior architetto del Paese, dove si era stabilito nel 1899. Si può dire che la Belle Epoque messicana inizi con il Palacio de Bellas Artes. Per rivitalizzare la cultura indigena, Boari fuse dal punto di vista stilistico il passato pre-ispanico, azteco e maya, con la modernità, saltando del tutto il periodo coloniale spagnolo, ormai diventato accademia. Il risultato è un capolavoro di sincretismo, dove le proporzioni classiche dell’edificio sono accompagnate dalle nuove forme decorative che includono elementi indigeni: come se il sottosuolo del palazzo, dov’è stato rinvenuto il serpente piumato, tornasse a diffondere gli spiriti aztechi fino a impregnarne tutti gli ambienti. La calda luce del Messico, sinora imbrigliata nelle penombre spagnoleggianti delle chiese, risplende di nuovo – in questo magnifico esempio di modernismo – nel milione di cristalli opalescenti che costituiscono il sipario: una maestosa cortina di vetro raffigurante la valle del Messico con le cime innevate dei vulcani. Il sipario, realizzato dalla Casa Tiffany di New York, appartiene come tutti gli interni dell’edificio a quella cultura ornamentale che utilizza le forme organiche care a  Frank Lloyd Wright e le linee floreali e ondulate come il fumo della sigaretta, apprezzate da Boari. Dal 1947 l’edificio ospita la più importante istituzione culturale del Messico, l’Istituto Nazionale delle Belle Arti. Tornato in Italia, Boari morì a Roma nel 1928, perché le nebbie di Ferrara proprio non facevano per lui.

 Tomas Mendez: Cucurucucu paloma (Michele Pertusi e Mascia Foschi).

Brano corrente

Brano corrente

Playlist

Programmi