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11 Novembre 2010 | Racconti d'autore

Il miglior casaro della Pietra di Bismantova. Seconda puntata

Di Lei & Vandelli. Racconto premiato con il secondo posto al concorso De gustibus della casa editrice Damster

A cura di Claudio Bacilieri. Lettura di Fulvio Redeghieri

11 novembre 2010

De gustibus letteratura gustosa è il concorso letterario promosso da Damster Edizioni di Modena e incentrato ogni anno su un prodotto tipico.

Il concorso 2010 ha avuto come protagonista il Parmigiano-Reggiano, tema sul quale si sono esercitati un centinaio di concorrenti. I 19 migliori racconti selezionati dalla giuria sono stati pubblicati nel volume Racconti in forma, presentato al Salone del Gusto di Torino.

Vi leggiamo il secondo arrivato, quello che ci è piaciuto di più per il tono scanzonato e la parodia del cliché dell’investigatore. Gli autori, Maurizio Lei e Nadia Vandelli, hanno all’attivo un romanzo per ragazzi, un racconto di fantascienza e ritratti astrolo gici per X-Comics. 

Il miglior casaro della Pietra di Bismantova 

– Gigio, domani hai tempo di accompagnarmi?
Il Griffin’s si stava velocemente trasformando nel solito carnaio: nessun altro pub della zona godeva di uno zoccolo duro di avventori così fedeli e numerosi, specie tra gli stranieri di lingua inglese. Al Griffin’s nessuno faceva casino. Cioè, nessuno ne faceva troppo. Se decidevi di scatenare una rissa, erano cazzi tuoi: i clienti aspettavano solo il segnale di Max, il gestore, per riportare l’ordine. In pratica, se qualcuno partiva per alzare le mani, il resto del mondo era autorizzato a spezzargli le braccine. Anche gli Ultras del Modena tendevano a tener bassi i toni, da quelle parti. Al Nostro il posto piaceva, e si era prodigato per catechizzare anche i quattro sciamannati presenti quella sera.
-Ahhh… quando arriva la Red Later, è ora di mettere la trapunta nel letto…
– Quella che usi per farci dormire il cane?
– Certo! Così ha un bel lato moquettato di pelo e tiene meglio il calore del corpo…
– Io dormirei direttamente con la bestia!
– Niente in contrario, ma lui pretende letti separati…
-Allora, Gigio?
Gigio ostentava una marcata indifferenza, nei confronti del Nostro: la condanna senz’appello che quest’ultimo aveva riservato alle speranze di approccio mutandifero l’aveva reso rancoroso come un portatore di emorroidi. Ma Damster aveva da poco sepolto la sua Volvo Polar e non v’era traccia di veicoli alternativi, nell’universo economicamente provato dell’investigatore. Perciò non mollò la presa.
– Gigio, guarda che è per una faccenda seria: una storia di lavoro…
L’amico avrebbe potuto continuare a mostrarsi distaccato, ma sentire Benassi parlare di esigenze professionali di fronte a una pinta di rossa sapeva troppo di evento. Ci sarebbe stata ancora l’occasione per discutere della fruibilità delle grazie della Luisa: Gigio ne era sicuro. Ma l’investigatore che cercava di organizzarsi per qualcosa che aveva a che fare col lavoro, beh…
Si avvicinarono tutti, nonostante la richiesta fosse rivolta solo ad uno di loro.
– E dov’è che dovresti andare?
– Sotto la Pietra di Bismantova…
– E a far cosa?
– A imparare qualcosa sul Parmigiano-Reggiano, per il momento…

L’aveva buttata sul vago, ma la curiosità dei compagni di bisboccia non gli avrebbe permesso di passarla liscia. Questione di poco, poi avrebbero saputo quel che c’era da sapere comunque: tanto valeva che Damster tirasse fuori tutto spontaneamente. Gigio impose una pausa, obbligandoli a tenere a freno la loro ansia di sapere. Il fuoco di fila delle domande si sarebbe manifestato solo al ritorno del gigante, le manone ben organizzate a reggere le quattro pinte necessarie ad affrontare lo sviluppo della conversazione. Al tavolo, Summer e Franco continuavano a fissare il Nostro, in silenzio e con gli occhi sgranati. Ma la consegna che impegnava Damster ad attendere il ritorno di Gigio fu rispettata fino in fondo, nonostante la ressa al bancone. Il detective ebbe così modo di riordinare i pensieri, cercando di offrire una versione accettabile di tutta la faccenda. Le pinte fecero la loro comparsa assieme all’amico e tutti si disposero ad ascoltare il racconto di Benassi.

La piccola frazione montana si sviluppava interamente lungo la 92 strada principale, che meritava questo titolo poiché non ne erano presenti altre. L’autunno era nel pieno dell’esercizio delle sue funzioni, ma i bellissimi colori che incendiavano i boschi alle cinque del pomeriggio erano già inghiottiti dall’oscurità e a Damster venne spontaneo chiedersi quanto fosse lunga la brutta stagione, da quelle parti.
Sentiva un dolore conosciuto agitargli la base della schiena, e si diede una non troppo discreta sistemata ai gioielli di famiglia, invocando l’antico scongiuro: un altro periodo a cercare compromessi con quel dannato schiacciamento vertebrale in zona lombo-sacrale e avrebbe picchiato la testa al muro. Niente da dire: se qualcuno era alla ricerca del prototipo di detective all’americana, avrebbero dovuto rivolgersi altrove. D’altra parte, non conosceva investigatori disposti a lasciarsi coinvolgere in faccende occulte. Investigatori ” veri”, almeno. E anche lui sarebbe stato molto lieto di rinunciarvi, se avesse potuto.
Parcheggiò la Multipla di Gigio di fianco a quello che doveva essere un fienile con annesso riparo per i trattori, preferendo avvicinarsi al caseificio a piedi. Già venire dalla pianura non lo avrebbe avvantaggiato, ma arrivare anche su una Multipla equivaleva a candidarsi a diventare il mister Bean della situazione.

Così, il giorno era arrivato. Non aveva accettato subito, e nei suoi pensieri non lo avrebbe fatto nemmeno in seguito, poi l’ometto aveva tirato fuori dalle tasche il rotolo di banconote più grosso che si potesse immaginare, insieme all’assicurazione che il compenso non era legato all’esito della faccenda. Siccome l’uomo sarebbe morto quella sera (il signor Quintocerro ne era convinto e il Nostro si limitava a prenderne atto), la cifra pattuita era stata interamente versata quando il detective aveva accettato l’incarico.

Benassi avrebbe potuto fregarsene, ammettiamolo. Ma se il casaro non fosse morto e avesse preteso la restituzione della cifra per mancata erogazione del servizio? Damster aveva già speso tutto, naturalmente. La cosa più semplice era rappresentata dal portare a termine il compito, qualunque esso fosse. Nel caseificio ci si cominciava a preparare al ritiro serale del latte. Erano pochi quelli che conferivano direttamente e il grosso della raccolta veniva fatto con un piccolo camion cisterna, che i garzoni di latteria guidavano a turno. Damster non aveva un piano preciso: ogni volta che cercava di ragionarci sopra, si sentiva ridicolo. Eppure quell’uomo, rassegnato all’idea di morire, pensava davvero che l’investigatore potesse frapporsi tra la sua anima e le fiamme dell’inferno…
E adesso Benassi si trovava lì, per convincere il diavolo in persona che rinunciare all’anima del casaro della Pietra di Bismantova era cosa buona e giusta. Certo, come no.
Il grido di un barbagianni, piuttosto in anticipo sulla tabella di marcia, lo fece trasalire. Ormai era di fronte all’entrata del caseificio, e sentiva discutere due garzoni, giovani ma ben piazzati, a proposito del turno di ritiro del latte. In realtà, era solo uno a parlare. L’altro era muto, ma certo non sordo, se accampava diritti sull’utilizzo del piccolo camion cisterna. Fu Marino Quintocerro a porre fine alla discussione, trascinando dentro il ragazzo muto e invitando l’altro a togliersi dai piedi.

Il Nostro si avvicinò, rivelando la propria presenza. Marino, col classico grembiule color ghiaccio, lo guardò senza parlare. Forse era meno pronto a morire di quanto credesse: grandi pennellate scure sotto gli occhi sottolineavano l’espressione di chi attendeva visite non gradite, ma che non potevano essere rimandate. Fece un cenno al Nostro, invitandolo a entrare: quello era il suo regno e nessuno poteva vestire meglio i panni del Cicerone.
Benassi era consapevole che avrebbe dovuto sorbirsi un (si sperava) breve viaggio nel formaggio che non si fabbrica, si fa. Lui era originario dell’Appennino modenese e col ParmigianoReggiano aveva la confidenza esigente di chi è abituato al meglio, ma nel reggiano, per il fatto di provenire dalla parte sbagliata della montagna (questione di punti di vista, naturalmente), qualunque nozione era considerata con sufficienza. Mentre Marino lo guidava verso le vasche poco profonde dove veniva lasciato riposare il latte dopo la raccolta, il ragazzo muto si avvicinò, diventando parte del piccolissimo gruppo.
– … il latte della sera rimane qui per dodici ore, o anche di più, se serve. Quello della mattina no: così rimane più grasso, perché la crema che va tolta ha bisogno di tempo per affiorare. Poi si mescolano tra loro, e lo si travasa nelle caldaie.

Lo sapeva, Damster: l’occasionale compagno di sbronze di suo padre era un casaro e, per fare il simpatico, se il ragazzetto capitava in caseificio nel momento della cagliata, gli permetteva di aiutarlo con lo spino, per frantumare l’impasto in pezzi grandi come chicchi di frumento. A Benassi, che aveva otto o nove anni, quello sembrava l’onore più grande del mondo.
Il casaro si stava librando sulle ali della poesia, citando il Boccaccio, quando l’investigatore si accorse che il garzone era scomparso.
– In una contrada che si chiamava Bengodi, nella quale si legano le vigne con le salsicce… eravi una montagna tutta di ParmigianoReggiano grattugiato, sopra la quale stavan genti che niuna altra cosa facevano che far maccheroni e raviuoli…
Chissà quante volte si era esibito in quella performance! Meno male che Gigio si era rifiutato di accompagnarlo, concedendogli generosamente l’uso della Multipla della sua ditta. Individuale, di lattoneria, ma pur sempre ditta. Così Damster aveva tolto di torno tubi e manicotti, chiavi inglesi e una piccola saldatrice a elettrodi uscita direttamente da un sito di archeologia industriale, e si era messo al volante. Sotto sotto aveva sperato di avere compagnia, ma di fronte al Quintocerro che declamava un passaggio dellaterza novella del Decameron, fu contento di essere solo.
Le ore erano passate veloci, la raccolta del latte completata e la notte sempre più profonda. L’aspetto del casaro era andato peggiorando di momento in momento, sotto lo sguardo di Damster e del garzone muto. Vegliava, il Nostro, e per farlo aveva scelto una sistemazione abbastanza scomoda, che non favorisse quella certa sonnolenza post-prandiale, regalata dalla meravigliosa composta di fichi e aceto balsamico, portata insieme al Parmigiano-Reggiano vecchio di 36 mesi, frutto delle fatiche di Quintocerro.
Il vassoio con l’enorme scaglia di formaggio era rimasto lì, poggiato sul piatto della bilancia, sotto la sfumatura gelida dei neon. Michelino, il garzone, sembrò ricordarsi di qualcosa, e corse ad accendere una vecchia lanterna a gas: un vero colpo di fortuna, visto che le luci si spensero tutte, una a una. Certo il capannone era dotato di un temporizzatore… poi, a quell’ora, nessuno aveva seri motivi per trattenersi all’interno del caseificio. Eccezion fatta per qualcuno che era certo di dover esalare l’ultimo respiro, e per qualcun altro chiamato a contrattare col demonio.

L’investigatore si rese conto che il ragazzo muto era scomparso di nuovo: la facilità con cui gliela faceva sotto il naso era davvero irritante. Benassi si alzò, mosso più dalla stizza che dai buoni propositi, con l’intento di anticiparne la ricomparsa, ma la sorpresa venne da altrove. Dava le spalle al portone (perfettamente chiuso fino a un momento prima), quando percepì il freddo dell’aria della notte. Sulla soglia, un uomo altissimo, con un soprabito color cuoio chiaro a sfiorare il pavimento, e dietro di lui il profilo ben visibile della Pietra di Bismantova, nonostante mancasse poco a mezzanotte. Il Nostro si chiese se quella luminosità fosse normale, ma preferì non rispondersi. Di Michelino nessuna traccia, naturalmente.
– Buonasera…
Una voce da far tremare i polsi, capace di abbracciare tutta la scala tonale. Damster lo invidiò. Con un dono del genere, tutto il resto passava in secondo piano. Chi la possedeva era chiamato a salvare il mondo o a perderlo per sempre, senza che questo facesse nessuna differenza.
– Buo… Buonasera, signor… Signor?

Brano corrente

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