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13 Novembre 2010 | Paesaggio dell'anima

Il miglior perdente della storia

Un viaggio in regione attraverso la musica

A cura di Claudio Bacilieri. Lettura di Fulvio Redeghieri.

13 novembre 2010

Le musiche di questa puntata: Brian Eno, Aaron Copland, Ludovico Einaudi, Duke Ellington, Luisa Cottifogli.

 Musica. Brian Eno: Emerald and stone.

 Cari ascoltatori, la musica del nuovo album di Brian Eno ci introduce alla trasmissione di oggi. Il titolo del brano scelto, “Smeraldo e pietra”, ci porta al Tempio Malatestiano di Rimini, uno dei capolavori dell’arte italiana, fatto erigere a metà Quattrocento da Sigismondo Pandolfo Malatesta, condottiero di rango e protettore di artisti. Ma non eravamo in viaggio per borghi? – dirà qualcuno che si ricorda la puntata scorsa. Certo: eravamo a San Giovanni in Marignano, dove la famiglia Malatesta – che governò la Romagna per trecento anni – aveva le sue riserve di grano. Da San Giovanni, risalendo la valle del fiume Conca, si arriva a Montefiore Conca, il borgo che ci ospiterà oggi. Non serve passare da Rimini, ma il Tempio Malatestiano è centrale nella storia che vi raccontiamo. Vi spieghiamo perché. Il poeta americano Ezra Pound – forse il più grande poeta del Novecento – arrivò in Romagna nel 1922 per fare una ricerca su Sigismondo Malatesta. Non aveva ancora quella sua faccia istoriata di rughe, “spiegazéda”, per dirla in romagnolo con Tonino Guerra. Era giovane, Pound, e già dispiegava il suo meraviglioso tappeto di pensieri oscuri. Facciamo una pausa per ascoltare un brano del compositore Aaron Copland che da giovane, negli Anni Venti, frequentò Ezra Pound a Parigi.

 Musica. Aaron Copland: Ukelele Serenade per violino e pianoforte (Esecuzione: Gabriele Pieranunzi, violino; Enrico Pieranunzi, pianoforte).

 Pound era un vate, un profeta biblico col cappello da cowboy: in lui, tutto lo sperimentalismo della poesia contemporanea si lega a un respiro dantesco. Cosa ci faceva in Romagna? L’abbiamo detto: era attratto dalla figura di Sigismondo Malatesta, uno dei più audaci condottieri militari nella fosca Italia del Quattrocento, chiamato il “lupo di Rimini”. Nel borgo di Montefiore c’è il più potente simbolo del potere malatestiano nella valle del Conca: la rocca, che nel 1347 ospitò il re d’Ungheria, e che Sigismondo portò al massimo dello splendore intorno al 1460, prima di essere sconfitto dalle truppe del Papa e diventare, come scrisse Pound, “il miglior perdente della storia”. Salite sulla rocca: lo sguardo spazia sulle colline e sul mare Adriatico; si dice che nei bei giorni si veda la costa della Dalmazia. Ezra Pound nei suoi Malatesta Cantos la cita: “And the castelan of Montefiore wrote down …”. Sentite il vento, lassù in alto: “Ho provato a scrivere il Paradiso / Non ti muovere / Lascia parlare il vento / Così è Paradiso”.

 Musica. Ludovico Einaudi: Sotto vento.

 La rocca di Montefiore è un grattacielo medievale assetato di luce. La stessa luce ineffabile che emana dai misteri del Tempio Malatestiano disegnato da Leon Battista Alberti. La luce dorata del tempio riverbera nell’oscurità. Il condottiero, il castellano, l’armigero Sigismondo ha costruito il tempio per una donna e vi ha seppellito Gemisto, un filosofo neoplatonico greco-bizantino che criticava i monoteismi cristiano e musulmano, e auspicava il ritorno all’antica religione greca, l’unica in grado di portare la pace universale. Pound dice: Sigismondo, acerrimo nemico del Papa, preparava una restaurazione del paganesimo. Nessun altro come Pound ha saputo unire il pensiero occidentale con quello orientale. Ha inserito nella sua poesia elementi esoterici, misterici, la lotta “della luce con il subconscio”, che è il vero tema dei Cantos. L’arte, per Pound, è la lotta della volontà per affermare la luce, spingere la vita verso la forma, anziché assecondare il moto dell’universo verso il caos, la dissoluzione di sé. Nella Romagna che fa da sottofondo ai Malatesta Cantos, il poeta concepisce la sua aspirazione a costruire un “paradiso”, ricomponendo i “frammenti del naufragio” sparsi intorno a lui.

 Musica. Duke Ellington: Heaven (esecutore: Orchestra jazz del Conservatorio di Parma; direttore Roberto Bonati, soprano Simona Severini).

 Montefiore è un posto dove è bello andare. E’ bello a partire dal nome: Mons florum, Monte dei Fiori. Un nome naturalistico e metamorfotico: MONTE-FIORE-CONCA. Gli spazi carichi di suggestione della rocca racchiudono un mistero che è lo stesso della vita, dell’origine e della fine delle cose. Non sono ancora sparite le tracce di Sigismondo Malatesta, il miglior perdente della storia, il grande condottiero che fece di Rimini il luogo dell’umanesimo settentrionale: assetato di conoscenza e di potere, dipinto dagli avversari che lo portarono alla rovina come nefasto e dissoluto (si sposò tre volte ed ebbe innumerevoli amanti), ma forse solo per propaganda. Dal suo tempio di Rimini, eliminò ogni simbolo cristiano: lo infarcì di citazioni dall’antico, di favole, miti, di richiami pitagorico-platonici di esuberante paganità. Sigismondo è sepolto qui, come i suoi antenati e l’amata ultima moglie, Isotta. Non è solo una musica cristiana, ma è una musica cosmica quella che accoglie il visitatore nell’armonico silenzio del tempio divino. Pound con i suoi siderei occhi ha visto tutto questo, ha sentito la storia arcana che abbiamo alle spalle, come noi, ora, sentiamo “attese più lunghe del tempo”, nei lunghi “gironi d’inverno che abbiamo scavato, girato” nella nostra vita, e che “non finivano mai / non finivano mai”, come canta Luisa Cottifogli nel suo ultimo album, “Anita”, dedicato ad Anita Garibaldi, morta poco più su, in questo mare di Romagna che s’impaluda a Comacchio.

 Musica. Luisa Cottifogli: Ora sentire.

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