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2 Aprile 2011 | Paesaggio dell'anima

Le stagioni del teatro

Un viaggio in regione attraverso la musica

A cura di Claudio Bacilieri. Lettura di Fulvio Redeghieri.

2 aprile 2011

Le musiche di questa puntata: Vasco Rossi, Luciano Pavarotti, Giuseppe Verdi, Philip Glass.   

Musica. Vasco Rossi: Eh già.

 “Eh già”, come dice Vasco Rossi nella sua ultima canzone di successo. “Sembrava la fine del mondo ma sono ancora qua”. Sembrava la fine del mondo – terremoto e tsunami in Giappone, emissioni radioattive, guerra in Libia a due passi da casa – ma siamo ancora qua. Sembrava la fine del mondo e sta arrivando la primavera. Sembravano morti i teatri – molti chiudono, non ci sono soldi per la cultura – eppure sono ancora lì, nelle città e nei paesi, nell’era di internet e della tv, a raccontarci una storia. La storia infinita della scena. Si spengono le luci, si apre il sipario, si alza la musica, ed ecco: comincia un’altra vita. Eh già, una canzone da cantare nei teatri, a squarciagola, è “Caruso” del bolognese Lucio Dalla, diventata leggendaria nell’interpretazione del tenore modenese Luciano Pavarotti. Parla del grande tenore Enrico Caruso e del suo amore per una ragazza cui dava lezioni di canto, parla di Napoli, ma dentro c’è tutta la passione emiliana.

 Musica. Luciano Pavarotti: Caruso (autore: Lucio Dalla).

 “Potenza della lirica dove ogni dramma è un falso / che con un po’ di trucco e con la mimica puoi diventare un altro”. Due strofe nella canzone di Dalla definiscono la magia del teatro. La nostra è una regione – come dire – estremamente teatrale. Ha il teatro nel sangue. E’ piena di teatri. Lo splendido Teatro Farnese di Parma, capolavoro del barocco, progettato dall’architetto ferrarese Giovan Battista Aleotti, fu terminato nel 1618. Nel Settecento andava di moda il teatro in villa, come quel delizioso gioiellino che è il teatrino privato di Villa Aldrovandi Mazzacurati a Bologna, inaugurato nel 1763. Con le sue ventiquattro statue di stucco a forma di cariatidi, atlanti, tritoni, sirene che sorreggono sulla schiena le balconate, ci riporta ai tempi in cui il teatro era così amato, che gli spettatori dovevano stiparsi come sardine per poter assistere agli spettacoli. Ce lo ricorda una foto del 1904 dell’Arena del Sole di Bologna, piena fino all’inverosimile per la rappresentazione de “La figlia di Jorio” di D’Annunzio. Sentite il preludio de “La Traviata” di Giuseppe Verdi? E’ con quest’opera che fu inaugurato nel 1861, qualche mese dopo l’unificazione d’Italia, il teatro di Cento, in provincia di Ferrara, intitolato al tenore Giuseppe Borgatti.   

 Musica. Giuseppe Verdi: La Traviata. Preludio (Orchestra Sinfonica dell’Emilia-Romagna Arturo Toscanini, direttore Patrick Fournillier. Ravenna Festival, 13 giugno 2008).

 Pensate, cari ascoltatori, che nel 1868 erano in funzione in regione 72 teatri, e nel secolo precedente addirittura 130. Ci sono teatri in posti sperduti, o quasi, come a Longiano, nell’entroterra di Cesena, dove la borghesia locale reclamò a gran voce il proprio diritto al divertimento e alla cultura: il teatro fu inaugurato nel 1870, due anni dopo quello di Novellara, in provincia di Reggio Emilia, tenuto a battesimo anch’esso dalla musica di Verdi, “I Lombardi alla prima crociata”. Il maestro di Busseto inaugurò con una sua opera anche il teatro di Bagnacavallo, in provincia di Ravenna: era il 1845, l’Italia non era ancora stata fatta, ma l’“Ernani” infiammava già i cuori. Ascoltiamo anche questa volta il preludio.

 Musica. Giuseppe Verdi: Ernani. Preludio (Orchestra del Teatro Comunale di Bologna, direttore Arthur Fagen. Teatro Comunale di Bologna, 31 dicembre 2006).

 La scena teatrale contemporanea vede stranamente protagoniste in Italia e in Europa compagnie romagnole, non sappiamo se per la spiccata teatralità della gente di Romagna, o se per il fatto che qui quasi ogni paese aveva il suo teatro, e quindi si è consolidata una tradizione che oggi è diventata avanguardia, sperimentazione. Tra i teatri storici dei piccoli centri di Romagna ricordiamo quello di Meldola, inaugurato nel 1837, anche se sappiamo che già nel 1654 la gioventù meldolese sollecitava aiuti per poter portare in scena una commedia con intermezzi musicali. La voglia di teatro è sempre stata tanta, non solo nelle grandi città. Ci sono teatri piccoli, come quelli di Montefiore Conca e Montescudo, in provincia di Rimini, e altri che fanno tremare i polsi ai cantanti, come il Regio di Parma. Ha detto il regista David Lynch: “Quanto è magico entrare in un teatro e vedere spegnersi le luci! Non so perché. C’è un silenzio profondo, ed ecco che il sipario inizia ad aprirsi. Forse è rosso. Ed entri in un altro mondo”. E quando si riaccendono le luci, lo sguardo si posa sugli stucchi, gli ori, le sculture, i dipinti murali, o incrocia altri sguardi nel foyer. Fingendo di leggere il programma di sala, sbirciamo il look delle signore, abbandonandoci alla mondanità borghese che il teatro d’avanguardia vuole uccidere, come i futuristi volevano uccidere il chiaro di luna. Cos’è oggi il teatro? Ne riparleremo. Intanto vi lasciamo con un’opera del lontano 1976 che ha radicalmente innovato il linguaggio artistico, una sorta di “teatro musicale dell’avvenire”: “Einstein on the beach” di Bob Wilson, orchestrata dal grande Philip Glass.

Musica. Philip Glass: Einstein on the beach (Knee 1).

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