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9 Luglio 2020 | Racconti d'autore

Lessico del Villaggio

Progetto di lessico territoriale del Villaggio artigiano Modena Ovest (a cura di Isabella Bordoni, con “OvestLab”, “Periferico” e “MOP – Modena Ovest Pavillion”)

Vittorio Ferorelli e Rita Giannini

Come rigenerare un luogo che per anni è stato popolato di voci, storie e persone? Nel Villaggio artigiano Modena Ovest, per dire questo luogo e il suo significato, si è partiti dalle parole stesse. Insieme al presidio culturale “OvestLab”, al festival “Periferico” e al padiglione d’arte contemporanea “MOP – Modena Ovest Pavillion”, l’autrice e artista Isabella Bordoni ha raccolto i lemmi di un lessico creato dai cittadini durante la quarantena e poi confluito nell’“Alfabeto pandemico” dello “Stato dei Luoghi”, la rete italiana di luoghi e spazi rigenerati. I lettori dell’associazione “Legg’io” ci fanno ascoltare alcune di queste parole: ringraziamo Francesco Angelelli, Barbara Bisiach, Roberta Graziani, Cesare Imposimato e Donatella Vanghi.

Acustica

Noi diciamo che sentiamo un suono che accade in un luogo. Il luogo è indispensabile perché ci sia il suono; che sia una strada, una stanza, o un interstizio tra le membrane vibranti delle cuffie e il nostro timpano, siamo grati al luogo in quanto fa sì che il suono accada.
In realtà, dovremmo sovvertire il tutto e ammettere che noi ascoltiamo un luogo attraverso il suono. In base a come le vibrazioni si propagano, a come vengono assorbite e riflesse, e a quando raggiungono il nostro orecchio, ricostruiamo una descrizione degli spazi in cui il suono sta accadendo. Potremmo anche lasciar perdere, per un attimo, il dato visivo, e concentrarci su ciò che il suono ci racconta: risonanza, rimbombo, eco sono linee e colori che disegnano per noi la forma dell’ambiente nel quale siamo immersi.
Il suono è dunque uno strumento di esplorazione. Disvela il luogo: non è semplicemente effetto di un movimento, ma un agente che illustra lo spazio alla nostra coscienza.

Alessandro Perini

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Argilla

L’argilla è una miscela di composti minerali sedimentari che l’uomo, l’artiere, l’artigiano ha imparato nei secoli a plasmare e trasformare in ceramica.
Grazie alle doti straordinarie di duttilità, resistenza e longevità, questo materiale trova impiego in molteplici campi. Con l’argilla creiamo mattoni e tegole per costruire le nostre case, ma anche i piatti e le stoviglie che usiamo in cucina, oggetti d’uso e d’arredo, molteplici espressioni artistiche e creative.
Le prime testimonianze di questo materiale risalgono alla preistoria. Come i sedimenti che l’hanno creata, su di essa si sono sedimentate storia e cultura, l’evoluzione di arte e artigianato, di usi e costumi della nostra civiltà e di altre ormai scomparse. L’argilla è la materia creativa per eccellenza, scelta da Dio per “creare” il primo uomo.
L’Argilla testimone del passato e al tempo stesso materia di creazione e generazione di futuro condivide questa dualità con il Villaggio Artigiano Modena Ovest, testimone di un patrimonio storico e culturale unico e potenziale generatore di futuro, in cui “creare ad arte” e “fare con le mani” possano ritrovare spazio in un mercato che rende l’artigiano invisibile al mondo.

Stefano Lodi

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Biografia

Sono nato il 19 luglio. Della mia nascita non ricordo nulla, mi hanno detto però che sono l’unico della famiglia nato in casa. Della nascita di mia sorella (nata in clinica ostetrica) ricordo solo la frase che mi disse la mia zia “la cicogna ha portato alla mamma una bella sorellina”. E io passai in seconda fila. Ma non vorrei parlare solo di me, vorrei che ognuno facesse la propria biografia. Chi si ricorda il piatto di minestra che proprio non riusciva a mandar giù? Chi il vestito indossato in cui si sentiva a proprio agio? Chi il regalo di Natale più gradito? Chi le prime sculacciate? Chi e quando si è reso conto che c’è una differenza di sostanza fra maschi e femmine oltre al nome? E il primo giorno di scuola col grembiule nero, il fiocco celeste e la cartella? E la signora maestra? (la mia si chiamava Righi). E chi ti ha fatto la prima puntura. Hai pianto? Alle medie ti accompagnavano o andavi da solo con la tua bici? Eri in una classe mista? La scelta delle superiori è stata tua o della famiglia? Come si chiamava la prima ragazzina che ti piaceva? E quella alla quale piacevi tu ma a te non diceva niente? E il primo bacio con la lingua???
Tante biografie fanno la storia di una comunità.

Eugenio Ronchetti

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Circolo

Un circolo è una stanza enorme dove le persone vengono e si mettono a sedere intorno a un tavolo tondo, oppure per terra con le gambe incrociate e fanno OM per meditare. Un circolo è anche una collana rotonda che si mette intorno al collo. Anche un sottovaso è un circolo.

Ada

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Corale

Corale:
destinata a più voci contrapposte alla solitudine di una.
Dalla radice immersa, immensa del cuore in un’accezione sacra e liturgica per volontà unanime.
Nessuno, nemmeno tu, ma noi, insieme.
La sua voce contiene la mia senza che sia più mia perché corale è una forma di scrittura
che piove dall’alto, goccia con goccia.
Irrazionale, femminile, femminista, famigliare, plurale, pericolosa, si apre nell’arresa.

L’immunità del Villaggio risale a molti anni fa quando gli abitanti cominciarono a essere coro
perché la corale non canta, “esiste” nel canto.

Meike Clarelli

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Cura

Agire sulla soglia. Lasciare la porta di casa socchiusa. Correre il rischio. Spazzare il pavimento ma anche il pianerottolo, le scale, il marciapiede. Confondere la differenza tra dentro e fuori, tra il mio e il tuo ma riconoscere e rispettare la geografia della nostra esistenza e di quella degli altri. Non dimenticare le ragioni delle lotte specifiche di ciascuno. Provare ad ascoltare tutti i giorni. Esercitare la voce e non temere di lasciarla uscire. Saper unire la propria voce ad altre voci. Cercare di non definire. Abbracciare l’incertezza come unico paradigma.

Nina Fiocco

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Epica

L’Epica che ci interessa non riguarda gli eroi.
Gli eroi se ne sono andati molti anni fa e, in tutta sincerità, non se ne sente la mancanza.
L’Epica del Villaggio è Epica del quotidiano: occorre far silenzio per poterla apprezzare.
È Epica immanente: la si può ascoltare dal fondo stradale crepato, dalla guaina bituminosa del tetto di un capannone scaldato dal sole, dal laterizio in dissesto su cui un soffice manto erboso ha deciso di crescere.
Risuona sia nei posti vuoti che in quelli che si stanno ripopolando.
In un gioco di vuoti e pieni ci ricorda una cosa fondamentale: nessuna Epica è mai definitivamente scritta.

Marino Neri

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Immaginifico

Un creatore / una creatrice di immagini. Una capacità, un’intenzione, una chiamata, un istinto a ri-generare visioni a partire da una condizione individuale e collettiva improvvisamente mutata dalla pandemia.
Si solleva negli abitanti il bisogno di ri-vedere i luoghi del Villaggio Artigiano di Modena Ovest dall’interno di sé e delle case-unità che lo compongono: sono ancora lì? Sono ancora così come erano? Cos’è diventato più lontano e cosa più vicino nell’ambito degli stessi metri? Cosa è diventato vuoto?
Qualcosa non aderisce più nelle nostre immagini: come si sono rotte?

Il senso misto di smarrimento, paura, limite e confusione ha aperto nuove crepe nello sguardo da cui gocciolano l’esigenza di una rinuncia all’ordine precedente e il movente a una ricostruzione a partire da uno stato diverso ma non del tutto, da un vuoto ma non del tutto.

Ciò chiede a tutti una disponibilità: ri-vedere il proprio equilibrio nelle relazioni tra visibile e invisibile, pregresso e progresso, individuo e comunità, pubblico e privato, utopie e eterotopie. È un invito necessario. Spaccare le crepe. Scordare le rime. Sovrascrivere con fiducia nuove immagini pur se storte, sfocate, sbilenche.

Sara Garagnani

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Nuova-o

Nuovo è il mondo. I colori delle persone che camminano conversando non li ricordavo così. Il suono dei passi di chi vaga senza uno scopo, con il naso per aria, non lo ricordavo così. L’odore dell’aria attraversata dal traffico, dalle macchine, il sudore di chi va a lavorare che bagna i colletti, le giacche, che si incolla ai volanti non lo ricordavo proprio così. Nuovo è il frastuono che ora respinge gli uccelli dai fili tesi e dai tetti, nuovo è il pieno tridimensionale ora frazionato e ripartito dai suoi occupanti in movimento. Il quartiere si riempie di una vita timida, confusa, incerta, una vita nata da poco, una vita nuova. Si rinnova il suono del silenzio, ora non più gigantesco e bianco ma opaco e interrotto da brusii, ronzii, ciocchi, parole. Sedie che si spostano, porte che si sbloccano, saracinesche che si alzano. Le mie gambe che si muovono sotto ai pantaloni corti sono nuove, pallide, incerte su dove spostarsi, su quale angolo esplorare. Io sono nuova in ogni piccola esperienza ritrovata, nei miei gesti perplessi, nel modo in cui penso. Per descriverci ora servono ossimori nuovi: entusiasmo pauroso, voglia recalcitrante. La novità oggi si genera dal ritorno.

Natalia Guerrieri

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Parco giochi

Mai Gianni Rodari, quando nel 1962 immaginò Il palazzo da rompere nelle sue Favole al Telefono, avrebbe potuto prevedere il fremito dei corpi costretti all’inoperosità da quell’inedita forma di clausura domestica che è la quarantena. Nel suo racconto i bambini prima, gli adulti poi, trovano una via di sfogo nel demolire un palazzo costruito a questo solo scopo: il senso di liberazione che li permea, la serena stanchezza con cui tornano alle loro case, il sonno istantaneo non appena toccato il letto sembrano stati di grazia a tutti noi, ora.
Il Parco Giochi del Villaggio Artigiano potrebbe essere un luogo di costruzione e distruzione eterna, un gigantesco Lego fatto di pezzi di recupero e scarti di bottega, una celebrazione di nuovi modi di considerare ogni oggetto e materiale. Lo immagino a metà fra Cinecittà, dai mattoni in apparenza solidi e invece leggeri come polistirolo, e Mutonia, il villaggio-laboratorio a due passi da Santarcangelo di Romagna; in evoluzione eterna, a opera di bambini e genitori, e delle maestranze locali di passaggio in pausa caffè, immerso in un verde anarchico e mai potato, generato da semi portati da venti lontani.

Enrica Berselli

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Periferico

È accurato, lento, disteso. Percorre gli angoli, i cortili e le piazze. Entra nelle officine e si aggrappa alle serrande: le alza e riabbassa secondo il suo ritmo. Periferico è allegro, pungente, selvatico. È un colibrì fiammante che canta di notte. È la nota pulita che si affaccia alla finestra, nel mezzogiorno assolato che fonde il metallo. È il pianterreno del cemento, il capannone impolverato da ripulire dappertutto. È la definizione che non si trova e che insegue gli aggettivi. È l’elenco delle pratiche che stanno attorno ai luoghi.
È lo sguardo che si posa nello spazio che sembra un niente. È l’invito a conoscere una storia senza libri. È piccolo, sottile, vicino. È la lente che ingrandisce i dettagli. È quel triangolo che pungola il cerchio e che con un sibilo sfonda il muro e attraversa la città.
È l’aria che arriva insieme alla festa del mese di maggio.

Serena Terranova

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Spettacolo

Spettacolo vuol dire che faccio delle cose pazzesche che nessuno sa fare. Tipo tirare fuori un coniglio da un cappello. Questo è uno spettacolo e lo fa un attore. Si può fare al circo, all’ospedale, a casa, nei camper, nelle macchine, nei lavori, nei boschi, sul tavolo. Ci sono dei bambini e dei genitori che lo guardano. Bisogna fare silenzio e non distrarsi.

Irma

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Spiga

Spiga, germoglio di pianta tranciata dall’urbanizzazione che sconvolse i campi retrostanti casa di mio padre.
Fu lui che mi raccontò della bellezza della natura, in seguito governata dall’uomo nei dintorni di Viale Barozzi, quando le esigenze di espandersi trasformarono il paesaggio. Lui che correva tra le spighe e camminava sull’argine del canale in giovane età. Poi venne altro e mio padre, come Modena, cambiò. Forse anche il Quartiere Artigiano ha colto alcune spighe e le ha gettate nel cemento? Forse qualcuno all’epoca se ne è rammaricato, ma noi tutti ricordiamo i giorni appena passati, non quelli ormai trapassati. I trapassati sono oggetto di studio, i passati sono oggetto di emozioni. Per quanto ancora? La Spiga non tornerà. I canali non torneranno. Gli Estensi sono defunti e i nostri pensieri devono rivolgersi al presente, quel piccolo passo prima del futuro. Canali e campi si muovevano come onde, nelle onde, a seguito di onde. Il vento sulla superficie dell’acqua, tra i semi del grano, e le erbe matte, verdi più delle altre spighe, rimangono il mio ricordo più vivido. Le ho attraversate. Ora però, pensiamo ad altro, che il rammarico è un fardello da abbandonare, troppo facilmente romantico.

Nicola Ferrari

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Villaggio

Villaggio per me è il Villaggio Artigiano Modena Ovest, nella prima periferia di Modena.
Lo considero un posto in cui tutti hanno la possibilità di ripartire, rimboccandosi le maniche e mettendosi al lavoro. È stato così per molte delle persone che ho conosciuto. È stato così per l’architetto Cesare Leonardi che quando si è trasferito nella casa-laboratorio di viale Emilio Po è ripartito per nuovi progetti. È stato così anche per me: qui, dopo averlo incontrato, in qualche modo sono ripartito.
Si tratta di una qualità rara per un luogo, inscindibile dalla storia delle persone che lo abitano.
Nel Villaggio, un frammento di campagna alle porte della città riorganizzato su progetto dell’architetto Mario Pucci, nel 1953 si insediarono molti degli operai licenziati dalle fabbriche modenesi, epilogo di un periodo cupo per la città segnato da aspre tensioni politiche e sociali.
Per loro la proprietà di un pezzo di terreno significava un cambiamento radicale: l’opportunità di mettere a frutto le proprie capacità artigianali diventando piccoli imprenditori; una nuova casa per tutta la famiglia; una comunità in cui riconoscersi condividendo gioie e fatiche quotidiane.
Le case-officina visibili dalla strada, realizzate con esemplare economia di tecniche e materiali, riflettono il legame inscindibile tra lavoro, vita privata e dimensione comunitaria invitando tutti i passanti a cercare nel Villaggio, sbirciando qua e là, un luogo da cui ripartire.

Andrea Cavani

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Visionarietà

La visionarietà è un’immagine meravigliosa del domani dove tutto è possibile senza concretezza. La visionarietà non vive nel presente di un luogo ma nel futuro, che per sua natura non esiste.
La visionarietà è faticosa, ci vogliono molte energie per poterla praticare. Ma è anche veloce come un fulmine che cade dal cielo e io non so perché. Si può mettere in pratica anche collettivamente e allora tutto cambia e può trasformarsi in realtà.

Beatrice Pucci

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Musiche
Kraftwerk – “The Telephone Call”
Sabo & Amine K (Moroko Loko) – “Tiniri”
Coro Farthan – “Ebola” (“MEF – Massima Energia Femminile”)
Coro Farthan – “Ederlezi” (“MEF – Massima Energia Femminile”)
Dan Levy – “J’ai Perdu Mon Corps”
The Rolling Stones – “Living in a Ghost Town”

Brano corrente

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