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10 Settembre 2020 | Racconti d'autore

Maddalene

Poesie di Monica Guerra tratte dalla raccolta “Nella moltitudine” (Cesena, Il Vicolo, 2020)

Vittorio Ferorelli

A volte, per trovare “un seme di senso” nelle piantagioni del silenzio, bisogna “frugare bene fra le spighe” di ogni melodia superstite: è una delle consapevolezze di cui si nutre la scrittura poetica di Monica Guerra, giunta alla sua quarta opera. Ascoltiamo, dalla sua stessa voce, alcuni frammenti tratti da una delle parti che compongono la raccolta.

Maddalene

maddalena tu cullavi qualcosa tra i seni piccoli, una bellezza che rimane, un non ti scordar di me tra le crepe, la stanza ubriaca di una primavera prematura mentre fuori dai vetri gennaio era la neve e non importa cosa nemmeno se poi io c’ero davvero, la destinazione è un incrocio, la stagione chiusa dei tuoi nei lungo la schiena

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io rimestavo lungo il corridoio il filo discreto di un discorso mentre i cervi ti scortavano dentro al bosco o centellinavo il tuo respiro prima che il giorno scucisse una ferita da lucidare e ora che solo il silenzio si mescola alla pioggia ogni goccia è un canto vivo; l’intarsio è l’unico perimetro che rimane

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hai mai perso tempo maddalena prima che mi perdessi nell’attesa e il via vai dei tram è l’ultima frontiera, l’attracco solitario prima dei mai più e di quel per sempre da cui non c’è ritorno, quella volta, i giorni sempre in piedi, camuffando la leggerezza dei disastri, come un portiere di notte poggiasti la parete indossando una canzone

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non lasciarti ingannare maddalena le lacrime sono solo gocce su un confine e i figli naufraghi, in ogni dove, sono sempre figli tuoi, a scampare i muri del giorno senza sapere il tempo né le differenze ma tappando nella bufera le falle orfane con una colla primordiale; di padre in figlio, nella pioggia, la resina della tua voce

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la dimenticanza maddalena è solo un problema matematico, quando non sei più tu la misura esatta dell’attesa, tra i viticci si sgretola sotto uno sguardo abbassato la ruggine di una qualche prospettiva; la decadenza è un cigolio preciso, l’erba matta che zittisce il passo, il nostro baricentro: l’unità del tempo su un’altalena vuota

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la vita maddalena io e te l’abbiamo presa a calci a squarciagola ma guarda, da questo passaggio, c’è la pacatezza delle margherite, il profumo di un cespuglio che si crede inutile, per ribaltare qualche volta i tavoli e sempre le prospettive, la sera tra le carte sbriciola un po’ di nettare, posa la voce sul mazzo della solitudine

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il futuro lo sai bene è l’immaginazione ma vivere è un occhio frontale, allora tu dipingi bene con il buio le linee della mano e mentre scruti l’orizzonte con la voce dentro al pugno sgroviglia il punto più lontano, è lì maddalena che la notte cercandoti mi ritrovo, la vita è solo il sogno al centro della gravità del mare

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la forza talvolta è una ferita, il senso unico verso l’unica via d’uscita, oppure un cerchio spinato senza lo straccio di una direzione, lo sai maddalena che la vita a giorni alterni è ombre superstiti o colpi da schivare, così scrutare il lato eterno delle cose, oltre una disfatta quotidiana, è il balsamo normale

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ho posato dodici parole sul copriletto, spalancale come un ombrello se precipita una pioggia insolente di domande, non seccarle le sere in cui il sole si spegne tra le fiamme, oppure indossale, il tempo a volte s’agita con trepidazione; mi tormenta il freddo sulla pelle e io non oso pensarti nella forma estrema delle stelle

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stanotte ti tenevo stretta tra le braccia e tutto quadrava come prima, ma nulla ritorna proprio come è stato maddalena, la vita è il miracolo di una inutile definizione, stamattina sul confine ho scoperto un tuo messaggio, era annodato fra le curve vuote del lenzuolo, diceva che spesso chi sono è solo un’altra digressione

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a volte bisogna consumare bene le scarpe persino i piedi oltre la soglia del dolore prima di scovare, sotto pelle, un seme di senso in una piantagione di silenzio, a volte bisogna frugare bene fra le spighe ogni melodia superstite: l’amore basti all’amore, un fruscio notturno narra il sublime in un terreno indecifrabile

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la gratitudine maddalena è il gran finale, nonostante il tentativo d’essere uomini, allora è non allinearsi alle idee prestabilite, accettare pacatamente l’infrangersi dell’onda sulle aspettative o persino il repentino cambio di corrente, non c’è nulla che non si possa ripensare entro la geografia dell’amore

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Musiche
Orquesta de Carnaval – “Ausencia”
Sheila Chandra – “Nana – The Dreaming”
Cesaria Evora – “Ausencia”

Brano corrente

Brano corrente

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