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10 Dicembre 2011 | Paesaggio dell'anima

Patagonia Blues I

Un viaggio in regione attraverso la musica

A cura di Claudio Bacilieri. Lettura di Fulvio Redeghieri.

10 dicembre 2011

Le musiche di questa puntata: Indio, Astor Piazzolla, Bruno Sanfilippo, Aires Tango, Gustavo Santaolalla. 

Musica. Indio: Viento y sal.

Abbiamo lasciato Reggio Emilia, cari ascoltatori, e indovinate dove siamo? Dall’altra parte dell’oceano, dall’altra parte del mondo, come avete capito dal brano d’introduzione. Viento y sal parla del vento che spazza la Patagonia e del sale dell’oceano tempestoso: ne è autore un musicista argentino, dal nome d’arte di Indio, approdato in Italia dove ha inciso il suo primo lavoro, Imagen de una tierra. Questo cantautore è un vero indio, quindi uno dei pochi argentini non di origine italiana. Noi, però, per andare in Patagonia siamo partiti da un piccolo paese della Romagna, Montescudo, a pochi km da Rimini. Da Montescudo emigrò all’inizio del secolo scorso una ventina di famiglie, con destinazione Argentina, come Giovanni Savioli e Adele Magnanelli, partiti nel 1906 con tre figli, e un quarto in arrivo. La loro meta, in realtà, erano le piantagioni di caffè a Riberao Preto, in Brasile. Ma dopo pochi mesi, anziché coltivare caffè in un clima tropicale, decisero di spostarsi più a sud, a Viedma, nel Rio Negro, vale a dire nella Patagonia argentina. Qui trovarono un luogo più simile a Montescudo, se non altro perché era pieno di emigrati romagnoli di origine contadina, come loro.  

 Musica. Astor Piazzolla: Le Grand Tango. II. Adagio (esecuzione di Alessandro Nidi al pianoforte, Massimo Ferraguti sax e clarinetto, Fulvio Redeghieri fisarmonica).

A raccontarci la storia della sua famiglia è Magalì Pizarro, discendente di quarta generazione di Adele Magnanelli, la trisavola. Magalí ha riscoperto le sue radici italiane, fa parte della Consulta degli emiliano-romagnoli nel mondo e conduce da Viedma, la sua città, “Ora Italia”, il programma degli italiani in Patagonia. Per la sua trasmissione è andata alla scoperta della Patagonia perduta, e noi la seguiamo in questo viaggio. Quando pensiamo alla Patagonia, cosa ci viene in mente? Grandiosi paesaggi naturali, spazi aperti e immensi senza anima viva, laghi e montagne, balene … Andiamo con Magalì alla scoperta di Valcheta e Nahuel Niyeu nella provincia di Rio Negro. Ma prima, facciamo una pausa con un musicista argentino che usa abilmente il sintetizzatore: suoni atmosferici, coloriture ambientali,  impressionismo elettronico: insomma, ambient music.

 Musica. Bruno Sanfilippo: Suite Patagonia.

Patagonia. Nome mitico. Torniamo indietro nel tempo, suggerisce Magalì. Siamo nel 1520. Ferdinando Magellano e i suoi marinai approdano qui, nel porto di San Julián sull’Atlantico. Decidono di fermarsi per tutto l’inverno australe. Camminando sulla spiaggia, gli europei notano grandi impronte sulla sabbia. I  nativi Tehuelches sono uomini di grande ossatura e altezza, gli unici padroni di questa terra senza fine. Il primo incontro fra gli europei e gli indigeni è documentato dal cronista italiano della spedizione, Antonio Pigafetta. Nella sua “Relazione del primo viaggio intorno al mondo”,  Pigafetta racconta come gli europei siano riusciti a comunicare con la tribù attraverso i gesti: in questo modo, la convivenza è stata possibile per cinque lunghi mesi. Secondo il resoconto di Pigafetta, Magellano avrebbe chiamato gli indigeni pata gau, cioè “piede grande” in portoghese. Da lì deriverebbe il nome  spagnolo di patagones. Ma di grande, in Patagonia, non c’erano solo i piedi degli indigeni. C’erano anche gli alberi. Giganti anche loro, perché questa era la terra mitica dei giganti, dei dinosauri, delle balene, dell’incommensurabile: come lo è ogni cosa, in questo paesaggio da Fin del Mundo.

 Musica. Aires Tango: Patagonia.

A Valcheta è ancora possibile trovare questi giganti di legno, gli alberi. Nella riserva naturale del Bosco Impietrito esemplari alti dai venti ai trenta metri sono stati trasformati in pietre dopo una pioggia intensa di ceneri vulcaniche che sostituì le cellule vegetali. Sembra impossibile immaginare che questi alberi siano esistiti davvero. Ora, là dove c’era un bosco verde, pieno di vita, la siccità ha vinto. La Patagonia, dunque, non è solo verde e natura. È anche deserto. E a volte, trovare un piccolo ruscello in mezzo al nulla, può essere l’allegria più bella al mondo – dice Magalì, la nostra guida. La Patagonia inizia a Viedma, il capoluogo. A Viedma sembra tutto semplice. C’è l’acqua per fare la doccia, ci sono l’elettricità e il telefono. Ma basta allontanarsi di trecento km e sorgono le necessità insoddisfatte. Andiamo a sud, sulla nuova via asfaltata, costruita per metà, che connetterà, quando sarà finita, tutta la linea sud del Río Negro, dall’Atlantico alla montagna in un percorso di mille km. Ma ormai è buio, e bisogna interrompere il nostro Patagonia Blues. Continueremo la prossima settimana. Vi lasciamo con la musica di Gustavo Santaolalla: un brano tratto dalla colonna sonora del film “Diari della motocicletta”, in cui è ricostruito il leggendario viaggio di Ernesto Che Guevara attraverso l’intero Sudamerica, iniziato in Patagonia, a Ushuaia, la città più meridionale del mondo.

 Musica. Gustavo Santaolalla: De Ushuaia a La Quiaca.

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