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20 Novembre 2010 | Paesaggio dell'anima

Strappa da te la vanità

Un viaggio in regione attraverso la musica

A cura di Claudio Bacilieri. Lettura di Fulvio Redeghieri

20 novembre 2010

Le musiche di questa puntata: Zucchero, Garrett Fisher, Luisa Cottifogli, Madredeus, Petits Chanteurs de Saint Petersbourg.  

So che verrai di neve lieve / e vestirai l’aria di sogni / So che verrai, / pace nell’alba, /
negli occhi miei, / dentro i miei giorni…
”. E’ l’ultimo lavoro di Zucchero, cari ascoltatori. Un ritorno alle radici, alla campagna, alla sua Emilia. Questa è “Oltre le rive”.

Musica. Zucchero: Oltre le rive.

Oltre le rive dei fiumi: siamo in Romagna, ancora, e ci spostiamo un poco verso le Marche. Sul crinale tra le due regioni, tra la valle del fiume Conca e quella del Foglia, sorge un altro de I Borghi più belli d’Italia. Si chiama Montegridolfo e, come San Giovanni in Marignano e Montefiore Conca, era un possedimento dei Malatesta, che vi avevano costruito un castello.  Montegridolfo è stato a lungo conteso dai Montefeltro, gli storici nemici dei Malatesta: Urbino contro Rimini. Cadde in mano ai Montefeltro nel 1445, poi tornò ai Malatesta, quindi divenne un territorio dello Stato Pontificio. Tra un saccheggio e l’altro, passò di qui nel Seicento anche un grande pittore, Guido Cagnacci, e lasciò nella chiesa di San Rocco un bellissimo quadro, con un San Sebastiano che va oltre ogni immaginazione. Perché è vero che l’iconografia del santo era un pretesto per raffigurare un bel giovanotto nudo per gli occhi timorati delle fedeli, ma il San Sebastiano di Montegridolfo ha così curiose fattezze femminili, per la posa e lo splendore della carne, che sembra uno scherzo del pittore. Garrett Fisher ha composto una web-opera su San Sebastiano. Sentiamone un pezzo.

Musica. Garrett Fisher: Sebastian’s Ah-ria (da “The passion of Saint Sebastian”).

Quello che veramente ami rimane, / il resto è scorie / Quello che veramente ami non ti sarà strappato / Quello che veramente ami è la tua vera eredità / Il mondo a chi appartiene, a me, a loro / o a nessuno? (…) / Strappa da te la vanità /  Sei un cane bastonato sotto la grandine (…) / Strappa da te la vanità / Come sono meschini i tuoi rancori / Nutriti di falsità. / Strappa da te la vanità, / Avido di distruggere, avaro di carità, / Strappa da te la vanità, / Ti dico strappala. Questa è una delle più note poesie dei “Canti Pisani” di Ezra Pound. Pier Paolo Pasolini la lesse durante un’intervista allo stesso Pound. Il poeta americano, come abbiamo visto la settimana scorsa, aveva un grande amore per la Romagna e le “pietre di Rimini”. Questa Romagna di principi rinascimentali come Sigismondo Malatesta, che prese nome dalla “piccola Roma”, la “Romandiola” che voleva imitare, era “un nulla impreziosito di gemme orientali” – scrive Flavio Caroli – mentre oggi è terra con un’identità, visionaria e beffarda, in qualche modo anarchica. Voci si levano da questa terra, che parlano tutte le lingue del mondo; e diffondono il profumo del rosmarino, caro a Tonino Guerra, e la bacca di eucalipto, cara a Pound; e le piante d’alloro, che un tempo ricoprivano il colle di Montegridolfo.

Musica. Luisa Cottifogli: Rosa (cover di Alfredo Da Rocha Viana Filho detto Pixingui).

Beauty is difficult: la bellezza è difficile, diceva Ezra Pound. Per rendercela più comprensibile, il poeta e sceneggiatore romagnolo Tonino Guerra ha scritto nel 1992 un libro di poesie in dialetto romagnolo dedicato a Pound. In una poesia ricorda Pound che scende dalla corriera in Val Marecchia, dopo essere stato tutta la mattina nella chiesa di Santa Maria d’Antico “a guardare / la statua di Luca della Robbia, da solo”. In quella chiesetta della Valmarecchia, negli anni Venti, il poeta cercava la luce e la lentezza: “il procedere lento è bellezza”. Andar per borghi nei vuoti pomeriggi, distanziare gli occhi dalle grottesche convulsioni di città stritolate da cemento, traffico e desolate periferie; riscoprire la propria anima rurale, amare ogni filo d’erba, distendere il proprio sguardo di lumache millenarie su morbide colline ammantate di viti e ulivi. Non potrebbe essere questo l’italico paradiso?

Musica. Madredeus: O Paraíso.

A pensarci bene, il portoghese e il romagnolo condividono la mancanza delle consonanti doppie e hanno una somiglianza di suoni, come in sgnôra, aptit, parfom, camisa, dicémbar, franzês … Nella babele delle lingue e dei dialetti, resta solo, di chiaro, la sospensione, l’elevazione, la disperazione della poesia. Vi ricordate la “Francesca” di Pound? «Venivi avanti uscendo dalla notte / recavi fiori in mano / ora uscirai fuori da una folla confusa, / da un tumulto di parole intorno a te. / Io che ti avevo vista fra le cose prime / mi adirai quando sentii dire il tuo nome / in luoghi volgari. / Avrei voluto che le onde fredde sulla mia mente fluttuassero / e che il mondo inaridisse come una foglia morta, / o vuota bacca di dente di leone, e fosse spazzato via, / per poterti ritrovare, / sola ».

Les Petits Chanteurs de Saint Petersbourg : Ave Maria (dal Preludio n. 1 BWV 846 di J. S. Bach).

Brano corrente

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