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19 Giugno 2010 | Paesaggio dell'anima

Sud America

Un viaggio in regione attraverso la musica

A cura di Claudio Bacilieri. Lettura di Fulvio Redeghieri.

19 giugno 2010

Le musiche di questa puntata: Adriana Varela, Paolo Conte, Conjunto Los Reales del Cuzco, Michele Pertusi e Mascia Foschi, Barefoot.

“Ti stava così bene quel cappello calato allo stile del Che! / Buenos Aires è come cantavi / oggi sono andato a passeggiare / e arrivando alla Plaza de Mayo mi è venuto da piangere/ e mi sono messo a gridare: “Dove sei?” / E non sono più andato al tuo posto del Rastro a comprarti / cuori di molliche di pane, cappellini di latta. / E nessuno mi scrive più dicendo: / ‘Non riesco a dimenticarti’. /Ah, se tu fossi qui con me, nel Rio de la Plata!”.

Musica. Adriana Varela: Con la frente marchita (di Joaquín Sabina).

Cari amici, ascoltando questa canzone ci verrebbe da dire: Ti amo, Argentina! È Adriana Varela, straordinaria cantante di tango, che interpreta un brano famoso di Joaquín Sabina. La settimana scorsa eravamo in Romagna, dalla quale ci siamo presi una vacanza per seguire un libro di poesia che ci ha portati in Sud America. L’ha scritto un nostro affezionato ascoltatore, Edward Caruso, che vive a Melbourne, in Australia, ma ha radici in Emilia-Romagna, dove torna ogni tanto. Prima di pubblicare le sue poesie con il titolo Di alture e altre utopie, Eddie aveva raccontato i suoi viaggi nel continente latinoamericano sul sito Reporter del portale degli emiliano-romagnoli nel mondo. Arrivato, dopo 24 ore di volo, nel caldo di Buenos Aires, viene subito investito dalle parole di Sud America, una canzone di Paolo Conte che inizia così: “il giorno tropicale era un sudario / davanti ai grattacieli era un sipario”…

 Musica. Paolo Conte: Sud America.

 Non è il viaggio in Argentina la fonte emozionale del libro di Edward Caruso, ma il secondo viaggio in Cile e Perù di due anni dopo. Un libro concepito nel 2007  – la prima poesia all’Hostal Londres di Santiago del Cile – come la ricerca di un “dialetto personale” che si nutre dell’incontro di tre culture. Le poesie sono, infatti, scritte in italiano – la lingua della famiglia d’origine – da un italo-australiano che sogna l’America latina. Quello di Eddie è “un mondo che ha bisogno di movimento” – com’è scritto nella poesia che apre la raccolta – e di tutta la libertà che può offrire una nuova lingua, l’italiano che ha avuto sempre dentro di sé, dopo anni di poesie scritte in inglese. La prima poesia, “Raffigurazione, Londres”, rievoca la felicità del nomadismo, la “vita girevole delle camere d’albergo”, come direbbe Alberto Savinio. Per seguire la propria pulsione d’erranza, scrive Eddie, “basta il canto di un passante / che inneggia ‘mis recuerdos’, / i colori vivaci delle pareti / di una camera d’albergo / con mobili d’artigianato, / la venatura del legno, / una parte di questa felicità, / un aldilà, la permanenza / d’oggetti che durano a lungo”.  

 Musica. Conjunto Los Reales del Cuzco: Mis recuerdos.

 È il viaggio che detta le immagini, anche quelle terribili del Museo Allende e dei campi di concentramento di Pinochet a Santiago, come la famigerata Villa Grimaldi con le fotografie delle vittime: “Dove sono gli assassini? / Cos’è il vuoto? / Perché alcune sale sono così fredde / quando fuori c’è il sole?”. Il Sud America è eccessivo in tutto. I torturatori di Pinochet hanno “le dita allungate, decrepite / e con qualche traccia di Edvard Munch, / un raggio di luce che non riesce a penetrare il buio, e la vittima, / una figura appena visibile, / con altre ombre femminili e mascherate, / il resto del mondo intriso / in un universo di tumori viventi”.  Fermiamoci un attimo per compensare questi pensieri tristi con la parte gioiosa dell’anima latinoamericana, quella – per intenderci – che ha generato un classico della canzone messicana come Cuccurucucu Paloma, che vi facciamo ascoltare da due voci strepitose provenienti da Parma: il grande basso-baritono Michele Pertusi e l’attrice e cantante Mascia Foschi, a detta di molti la più bella voce sudamericana d’Italia.

 Musica. Michele Pertusi e Mascia Foschi: Cuccurucucu Paloma.  

 Il viaggio continua, e da Santiago eccoci ad Arica nel nord del Cile, alfa e omega di questo paese: “Lo sfondo, / un nero tanto profondo come / gli emisferi sconosciuti / della propria natura”. Dal verdeggiante Cile centrale al deserto, e a questa città che è “un pugno di pietre aride che spunta / dalla costa, una frontiera corrugata e densa, / davanti a quartieri industriali, quasi squallidi, / con una polvere che invade i prati inabissati …”. Ecco la sorpresa di trovare, vicino alla frontiera peruviana, un ristorante italiano, “Il vecchio ulivo”. Ulivi nel deserto, e i docili volti boliviani, peruviani, cileni, su cui si è trapiantata la religione dei gesuiti che nel Cinquecento si erano sistemati su queste alture, “tra un villaggio e la sua chiesetta imbiancata, / fatta di legno e di cartapesta”.  La gente, qui, sembra nata dal suolo, imparentata con i cactus. Siamo alla frontiera, e qui vi aspettiamo la prossima settimana, per continuare il viaggio in compagnia di Edward Caruso, che ci guida, come ogni vero viaggiatore, alla ricerca dell’altrove.

 Musica. Barefoot: Arica.

Brano corrente

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