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5 Aprile 2014 | Paesaggio dell'anima

Tempo che passa

Un viaggio in regione attraverso la musica

A cura di Claudio Bacilieri. Lettura di Fulvio Redeghieri.

R.E.M.: Everybody hurts. 

«Quando il giorno è lungo e la notte è tua soltanto / quando sei sicuro di averne avuto abbastanza di questa vita / beh, tieni duro / non lasciarti andare / tutti piangono e tutti soffrono ogni tanto / qualche volta tutto va storto / ma ora è tempo di cantare e andare avanti». Canzone famosissima dei R.E.M., Everybody hurts racconta lo sforzo di resistere alle piccole o grandi disfatte di ogni giorno. Noi siamo di nuovo, cari amici, a scarpinare per le strade della Bassa, a spolmonarci dentro questa pianura, a rubare le parole agli scrittori e agli artisti. Oggi le rubiamo a Gianni Celati, autore di sangue ferrarese, anche lui avanti e indietro nella valle padana a raccogliere storie; storie che hanno trent’anni e chissà se oggi sono le stesse di allora o diverse; in ogni caso, siano comiche o fantastiche, tristi o terribili, sono le storie della nostra pianura. Sono passati trent’anni dal 1984, quando Italo Calvino, presentando “Narratori delle pianure”, scriveva che il libro di Gianni Celati ha al suo centro “una accettazione interiore del paesaggio quotidiano in ciò che meno sembrerebbe stimolare l’immaginazione”. Ciò che vediamo spesso non è bello, ma è quel che è: in musica ce lo racconta Valentina Preda, bolognese, in questo brano scritto col noto jazzista Felice Del Gaudio.

Valentina Preda: Lonesome rider.

 Trent’anni fa Celati andò in giro per le nostre campagne e i nostri paesi, in treno, a piedi, in corriera, a raccogliere storie di pianura, quelle che si raccontano dalle parti del Po. «Prima di salire sul treno, a Ferrara, avevo visto un tizio in piedi mezzo addormentato che sollevava faticosamente le palpebre ogni volta che qualcuno entrava nella stazione (…). Dopo a Polesella, scendendo dal treno, mi sono trovato in mezzo  a gente con la stessa aria traballante; gente che s’era alzata come me nell’alba con l’impressione d’essere in un luogo sconosciuto (…). Da Polesella ho preso una corriera, e andando verso Guarda Veneta avevo paura di parlare e sentire la mia voce, come quando ero in un altro continente (…). Camion e camion che passavano; pioveva, col cielo buio le cose si distinguevano appena. La corriera s’era fermata davanti a un lungo cascinale scrostato e tutto ricoperto d’edera anche sopra le imposte chiuse; e sulla porta è apparsa una donna con un catino in mano in cui si risciacquava i capelli. Appena la donna s’è accorta che la guardavo ha irrigidito il collo, tenendolo inclinato verso il catino. Avrei voluto scendere a parlarle, per capire che genere di parole si potessero dire in un posto come quello».

 The Talking Bugs: Solitude.

 Solitudine, spaesamento, luoghi che non si riconoscono e per i quali non si trovano le parole: non ci sono parole per descrivere il vuoto. Narratori delle pianure attraversa questo vuoto riempiendolo di voci che tendono ad azzerarsi, al silenzio, come quella del fotografo mandato da un giornale a fotografare le foci del Po. Qui conosce un pescatore che gli racconta che al cimitero le donne vanno a parlare con i morti e che l’indice mancante della sua mano poteva condurlo là «dove si può sentire cosa dicono i morti». Comincia così uno strano viaggio verso il mare aperto. «Remando verso isolotti e barene lontane, alcune piene di uccelli mai visti, il pescatore declinava fantastici nomi attribuiti a quelle isole in mezzo al mare (…). Finché, puntando verso una piccola duna sull’acqua, piena di uccelli che fuggivano al loro arrivo e che il suo accompagnatore chiamava Nuovo Mondo, il fotografo ha capito che erano giunti a destinazione. E qui, dopo aver sollecitato il fotografo a sbarcare in fretta e mettersi ad ascoltare i morti, il pescatore voltava la barca abbandonandolo tra il fango e i giunchi su qualche metro quadrato di terra, non senza avergli spiegato (…) che il dito mancante l’aveva portato al Nuovo Mondo e lo stesso dito aveva ordinato che ci restasse».

 Marcabru: Onda Tonda.

 Ci siamo spostati in Romagna con la musica, cari amici, perché i cesenati Marcabru che stiamo ascoltando, sono tra i sei vincitori del concorso “La musica libera. Libera la musica” organizzato dall’Assessorato alla Cultura e dall’Agenzia Informazione e Comunicazione della Giunta della Regione Emilia-Romagna con il portale web Magazzini Sonori e la nostra radio, insieme con Mei di Faenza, Porretta Soul Festival, Musica nelle Aie, Scuola di Musica popolare di Forlimpopoli, Centro Musica di Modena. Tra i premiati anche i bolognesi Valentina Preda e The Talking Bugs che vi abbiamo fatto ascoltare prima, e Altre di B, anche loro bolognesi, che sentiamo adesso, intrecciando musica e parole di questa nostra regione. Tutto si tiene. «Spesso la donna non se la sente di rientrare a casa e ritrovare i suoi genitori che guardano la televisione, in una specie di rigor mortis da attesa che passi il tempo (…). Certe sere nei suoi vagabondaggi si ferma in un bar sulla piazzetta di San Daniele. C’è sempre una fila di ragazzi seduti all’esterno del bar, che ascoltano il juke-box stravaccati sulle sedie con aria sognante. E guardando quei ragazzi, non sa perché, le vengono a noia tutte le sue opinioni e giudizi su ciò che vede (…). Più nessuna voglia di giudicare niente, che passi tutto, che vada dove deve andare; in fondo, dice, è solo tempo che passa».

 Altre di B: Haruki Murakami.    

Brano corrente

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