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1 Febbraio 2014 | Paesaggio dell'anima

Wagner a Bologna

Un viaggio in regione attraverso la musica

A cura di Claudio Bacilieri. Lettura di Fulvio Redeghieri.

1 febbario 2014

J. Peter Schwalm: Parsifal. Initium 1 (da “Wagner Trasformed”, 2013).

Cari ascoltatori, sapete che Bologna è la città più wagneriana d’Italia? Il Parsifal, l’ultimo dramma di Richard Wagner, debuttò a Bayreuth il 26 luglio 1882 e, per volontà del suo autore, non poté essere rappresentato fuori dalla città tedesca per trent’anni. Superato il vincolo, Bologna fu la prima città italiana, e la prima europea insieme a Barcellona, a mandare in scena il Parsifal il 1° gennaio 1914 al Teatro Comunale. Quest’anno la città ha festeggiato il centenario di quella prima rappresentazione con una splendida rilettura contemporanea affidata al regista Romeo Castellucci e alla bacchetta di Roberto Abbado. Perché Bologna si accaparrò il Parsifal cent’anni fa? Perché era già la “città santa del wagnerismo”, seconda solo a Bayreuth. Qui furono donati all’Italia il Lohengrin, rappresentato al Teatro Comunale il primo novembre 1871, alla presenza di Giuseppe Verdi e Arrigo Boito, e poi il Tannhäuser, l’Olandese Volante e il Tristano. Non dimentichiamo, poi, che dal 1987 al 1992 andò in scena la storica tetralogia con la direzione di Chailly e la regia di Pier’Alli. Cominciamo allora l’ascolto di oggi con il celebre Preludio dell’Atto I diretto da Georg Solti con i Wiener Philarmoniker. 

Richard Wagner. Parsifal. Atto I. Preludio (Georg Solti & Wiener Philarmoniker).

La prima rappresentazione del Parsifal cent’anni fa non avvenne senza polemiche. Erano stati i rivali fiorentini, nel 1912, a dire che “solo conservando la gloriosa tradizione wagneriana è possibile salvare la Bologna musicale dalla decadenza”. Un suggerimento fatto proprio dal Consiglio comunale, dove pure c’erano consiglieri che lamentavano un solo titolo verdiano nella programmazione del 1914. «Abbiamo già fatto il Requiem e non ci sono soldi per altre opere», spiegò il sindaco Nadalini, adducendo, ieri come oggi, problemi di cassa. E arriviamo, dunque, all’oggi, cioè al Parsifal diretto da Roberto Abbado per la regia visionaria di Romeo Castellucci, evento operistico mondiale che segue quello di un anno fa, il Macbeth di Bob Wilson. Opera impegnativa, il Parsifal: cinque ore di musica che hanno influenzato la cultura occidentale, perché dall’eroe “puro e folle” di Wagner sono in qualche modo derivati, per strade diverse, il cromatismo, il balenio luminoso di Débussy e degli impressionisti, la vaghezza del simbolismo, lo stile floreale dell’Art Nouveau che attinge alle suggestioni del giardino di Klingsor, la dodecafonia.

Richard Wagner. Parsifal. Komm, holder Knabe! (Georg Solti & Wiener Philarmoniker)

Il Parsifal messo in scena a Bologna da Romeo Castellucci, con la direzione musicale di Roberto Abbado e con Andrew Richards e Anna Larsson nei ruoli rispettivamente di Parsifal e Kundry, ha riscosso grande successo. Il Parsifal, ha spiegato il regista, “è un titolo che impone una visione”, è “un’opera impressionante per il suo portato storico, ma anche gravida di stereotipi”. Ed è con una regia visionaria che Castellucci ha rovesciato gli stereotipi presentando Parsifal non come un nuovo messia, un salvatore, ma come un volto tra la folla, un outsider, che viene da un altro mondo, da un altro linguaggio, e che – a differenza dei suoi adepti, i cavalieri del Graal – è capace di vedere il vuoto, cioè la condizione umana. I sistemi esoterici dei cavalieri del Graal sono segni vuoti, privi di aderenza alla vita, mentre il Parsifal di Castellucci è, nelle parole del regista “qualcuno che entra in scena e apre le porte, non ha luogo ma suggerisce un cammino, la necessità di muoversi”. D’altronde, il significato del nome Parsifal è “colui che si apre un varco”.

Richard Wagner. Parsifal. Atto III. Hochsten Heiles Wunder! (Daniel Barenboim & Berliner Philarmoniker. Coro Deutschen Staatsoper Berlin).

I temi affrontati da quest’opera sono affascinanti e bisogna dare atto alla direzione del Teatro Comunale di aver compiuto la scelta giusta, affidando al più innovativo regista italiano la regia della “sacra rappresentazione scenica” wagneriana che, a suo tempo, rappresentò l’avanguardia musicale più estrema. Parsifal, la cui purezza di spirito, immortalata nella leggenda medievale, diviene per Wagner ansia di purificazione e legame tra religione e arte, anticipa anche la psicanalisi. E’, infatti, una perfetta scena freudiana quella in cui Kundry seduce Parsifal ricordando la madre: “ultimo bacio materno e primo bacio d’amore”. L’eros come compensazione del mancato amore materno: il Parsifal – scrive Massimo Mila – “riassume i motivi del misticismo sessuale wagneriano: i conflitti delle passioni, pacificati nella catarsi di un’illuminazione interiore, non lasciano altra traccia che quella di una morbida e dissimulata sensualità”, ammantata nelle pieghe di un’orchestra che si sfalda in un luminoso scintillio. E’ l’ultima opera di Wagner, dove il suono si fa più fragile e scuro, come la vecchiaia e la morte, che le ragazze-fiori del giardino di Klingsor cercano di allontanare …   

Richard Wagner. Parsifal. Atto II. Parsifal! – Weile! (Daniel Barenboim & Berliner Philarmoniker. Coro Deutschen Staatsoper Berlin).

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