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26 Luglio 2012 | Racconti d'autore

Al bordo della strada

di Vittorio Ferorelli e Matteo Sauli, Bononia University Press, Bologna, 2012 (seconda puntata)

A cura di Claudio Bacilieri. Lettura di Fulvio Redeghieri.

26 luglio 2012

Al bordo della strada è il titolo di un originale diario di viaggio sulla Statale 9 – Via Emilia, scritto da Vittorio Ferorelli e fotografato da Matteo Sauli. Sedici luoghi, sedici testi e sedici immagini, indipendenti ma legati, corrono lungo la strada che unisce Piacenza a Rimini. Il libro è stato pubblicato dalla Bononia University Press nel 2012. 

Vittorio Ferorelli, giornalista e scrittore, lavora all’Istituto per i beni culturali della Regione Emilia-Romagna dal 1997. Caporedattore della rivista trimestrale “IBC. Informazioni, commenti, inchieste sui beni culturali”, è responsabile della sua versione web. Nel 2010 havinto il premio “Navile – Città di Bologna” per la narrativa grafica con Il vicino, un racconto illustrato dalle fotografie di Marco Pizzoli. 

Matteo Sauli si è formato affiancando fotografi professionisti come Daniele Casadio ed Ettore Malanca e frequentando l’Accademia di belle arti. Tra i progetti fotografici realizzati, si segnalano quello condotto sulla Statale Romea, quello sulla mostra ferrarese del pittore rinascimentale Garofalo, e la campagna di rilevamento “Ritornando in Appennino”. Nel 2011 la Fondazione FORMA per la fotografia gli ha assegnato il primo premio nel concorso “Eccezionalità dell’ordinario” in memoria dello scrittore Giuseppe Pontiggia.

 SS9 – Via Emilia / San Lazzaro di Savena, Bologna

 Il semaforo verde dura pochi secondi. 

Bologna >

< Forlì

 Quando le automobili si fermano, si sente meglio ogni altro suono.

Ci si accorge del tre-tre delle cicale.

 

Qui, sotto questi alberi, c’è l’unica ombra di tutto lo spiazzo.

PARCHEGGIO PRIVATO

AD USO PUBBLICO

LA DITTA COMET

NON RISPONDE

DEI DANNI ALLE AUTO

PARCHEGGIATE

Lettere in bianco su fondo blu.

Il cartello è attaccato a un lampione dallo stelo sottile.

Che termina in una lampada a forma di fungo.

Un funghetto argentato, su cui il sole si riflette.

 

L’edificio chiude un lato del parcheggio.

Paletti di acciaio proteggono la saracinesca abbassata.

Una grata di metallo traforato copre quasi tutta la facciata.

Dal sottotetto, a mezzo metro da terra.

Come un velo.

 

Una voce copre il tre-tre.

Un’altra le risponde più forte.

Passa una fila di ciclisti.

 

Il velo di metallo blu copre le serrande.

Maschera i condizionatori.

Crea un riflesso sulle pareti sottostanti.

Ma soprattutto sostiene la grande insegna gialla e rossa.

Nascondendo l’origine dell’edificio.

 

Che ha tutta l’aria di essere stato una fabbrica.

Anche se ora è tutto tirato a nuovo.

 

Poco prima dell’entrata del parcheggio, quattro colonne di mattoni rossi. 

Spuntano fuori da un cespuglio.

È solo un pezzetto di siepe, ma qualcuno la tiene in ordine.

Alle colonne, invece, nessuno pensa più.

Se ne stanno lì, quasi invisibili.

Ma fiere.

 

Una più alta e voluminosa,

completa di capitello, sfera e spuntone arrugginito.

 

Tre più basse e snelle, ma ciascuna diversa dall’altra:

una completa,

una senza spuntone,

l’ultima senza sfera e senza spuntone.

 

Una famiglia di colonne decadute.

 

In mezzo a loro, a spartire la siepe, svetta un faretto.

Come un soldato di guardia.

Montato su una colonnina di metallo.

Punta diritto all’insegna.

 

Sulla stessa linea, quasi alla fine del parcheggio, un’altra colonna di mattoni rossi.

Se ne sta in disparte, tra due lampioni a forma di funghetto.

Grande come l’altra, e completa di tutto.

Però il capitello è sbreccato.

 

Un vecchio faretto è rimasto attaccato nella parte più alta del fusto.

Ma penzola in giù.

Guardando tutto il tempo senza scopo.

Sempre e solo verso l’asfalto grigio.

 

SS9 – Via Emilia / Castel Bolognese, Ravenna 

Nordest Broker Service

Imbarcazioni

Viaggio e Scoperta

 
Il cartello è quasi coperto da una pianta spontanea.

Foglie verdi a ventaglio.

Scampolo di giungla.

 

Oltre la recinzione, un accumulo di barche.

Poppe e prue, una accanto all’altro.

Pezzi di motore.

Rimorchi vuoti.

Un carrello elevatore.

 

Il fronte del capannone non si vede quasi più.

 
Penzolano tre pavesi, coi loro triangolini scoloriti,

come sul ponte di una vecchia imbarcazione.

 

Due eliche smontate riposano per terra.

Proprio sotto la “Carpe Diem”.

Che appoggiata su quattro pneumatici,

sta aspettando il suo tempo.

 

Appena fuori di qui c’è un cantiere.

Un colpo di vento alza la polvere.

Il container blu non si muove.

 

HANJIN

 

Chissà da che mare viene.

Sembra una bandiera che sventola immobile.

Con la sua insegna orientale.

 

SS9 – Via Emilia / Pieve Ponte, Faenza, Ravenna

 
Un lungo cavo diritto.

Parte dal vecchio caseggiato sulla strada.

E si attacca alla nuova facciata bianca.

La tiene ancorata.

Come se potesse volare via.

Verso il cielo, o le colline lontane là in fondo.

 

Un rettangolo, più un mezzo ovale appena rientrante.

Facciata netta, come di cattedrale.

Tutta bianca, squadrata a rettangoli.

 

Se ne sta immobile, separata da tutto.

Incollata su un tappeto di asfalto liscio.

 

Piccolo hangar in attesa di qualcosa.

Circondato di corsie vuote.

E di frecce bianche stampate per terra.

 

Il cartello che annuncia il trasferimento è venuto giù,

tirato via dal vento, oppure da qualcuno.

Un cancello elettrico chiude l’ingresso allo spiazzo.

Ma è così basso che si potrebbe saltare.

 

 

Dentro la cattedrale non c’è più nulla.

Solo muri e vetrate.

Che riflettono a specchio la strada, le case davanti.

 

Restano solo le scritte adesive.

Quasi intatte.

 

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