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20 Maggio 2021 | Racconti d'autore

Un salto da Nino

Testo tratto dal libro omonimo di Pierluigi Tedeschi (sottotitolo: “Abbecedario della Libreria del Teatro”; Reggio Emilia, Consulta librieprogetti, 2021)

Vittorio Ferorelli

Per quasi sessant’anni, a Reggio Emilia, Nino Nasi ha tenuto aperta la porta della storica Libreria del Teatro. Lo scrittore e attore Pierluigi Tedeschi, con immagini, documenti e testimonianze, ha ricostruito in un libro la figura di questo indimenticabile “agente culturale” e del suo particolarissimo negozio, che oggi (gestito dalla figlia) cerca di resistere allo strapotere delle “librerie” online. Ve ne proponiamo alcune pagine, nella lettura dell’attore Faustino Stigliani.

Uno • Amicizia
Ovvero il cronometro del Piccolo Principe

E se allora un bambino vi viene incontro, se ride, se ha i capelli d’oro, se non risponde quando lo si interroga, voi indovinerete certo chi è. Ebbene, siate gentili! Non lasciatemi così triste: scrivetemi subito che è ritornato.
Antoine de Saint-Exupéry, Il Piccolo Principe [1]

Nino Nasi e Il Piccolo Principe: una relazione, una danza intellettuale e sentimentale durata una vita, una passioneossessione per un’opera troppo sbrigativamente liquidata per decenni come libro per l’infanzia.[2]
Il libro divenne così un manifesto esistenziale, il viatico per un possibile dialogo con altre generazioni, con chi, titubante, oltrepassava per la prima volta la soglia della sua libreria-caverna.[3] Nasi inizia negli anni ’70 a raccoglierne copie in varie lingue, senza una direzione precisa, senza un progetto precostituito di collezione. Più tardi arriveranno gli oggetti, i memorabilia, fino a scambiare una sua preziosa macchina fotografica per un cronometro della Eberhard appartenuto a Saint-Exupéry.
La passione si sviluppa probabilmente per una congenita affinità con Saint-Exupéry: uomo misterioso, che avrebbe voluto sparire, sparire nei cieli, come Nino Nasi, forse, dietro al bancone della libreria, nel retrobottega. Ed esalta una dimensione di nascondimento e un’idea intangibile, astratta, metafisica quasi, dell’amicizia. È l’amicizia tra maschi, l’amicizia tra ragazzi, l’amicizia che non ha bisogno per forza di tradursi in qualcosa d’altro, l’amicizia che non si corrode perché è pura in quanto tale. Basti pensare che Saint-Exupéry dedica Il Piccolo Principe all’amico Léon Werth quando era bambino. Essere amici e rimanere amici come lo si è da bambini: è qualcosa di talmente innocente da evocare un rigore assoluto e fa da contrappunto alla paura di diventare adulti, di crescere, di assumersi delle responsabilità. In ultima istanza antitesi psicanalitica alla paura di morire.
Come dimostra, citando una ben nota pagina del Piccolo Principe, la capacità innata di saper immaginare la pecora: Questa è soltanto la sua cassetta, la pecora che volevi sta dentro. Non è dunque una barriera legata alla differenza di età: è come parlare con un coetaneo di musica, di letteratura, di cultura generazionale. Certe persone restano open mind anche col passare degli anni.
Nino Nasi era una di queste.
Nel 1994, a cinquant’anni dalla morte di Antoine de Saint-Exupéry, viene organizzata al Palazzo dei Principi di Correggio una mostra bibliografica dedicata alla collezione di edizioni del Piccolo Principe di Nasi: “Antoine de Saint-Exupéry, il poeta aviatore”. Per l’occasione egli scrive, per il catalogo pubblicato a cura della Libreria del Teatro Editrice, uno dei suoi rari testi:

La mia collezione.
Molte persone mi hanno chiesto per quale motivo io abbia intrapreso questa raccolta. Tutte le volte è stato difficile dare una risposta chiara, al di là del fatto che trovo “Il Piccolo Principe” un libro bellissimo, che nel tempo continua a rivelarsi estremamente ricco di stimoli, sia per la riflessione sia per i sentimenti. Stavolta, però, dato che tutto il materiale che ho collezionato nel giro di un paio di decenni viene esibito in pubblico, credo che sia il caso di articolare meglio le idee.
In effetti la raccolta non è stata “intrapresa”: mi rendo conto che si è praticamente iniziata da sola. Dopo qualche tempo che vedevo e raccomandavo con calore ai miei clienti il libro, mi ero procurato l’edizione originale e l’avevo riposta vicino alle due-tre edizioni italiane uscite fino ad allora. Viaggiando in Spagna, poi, fui curioso di vedere come erano le edizioni del libro là realizzate, e me ne tornai a casa con una traduzione in spagnolo e una in catalano.
Il gusto di scorrere il testo, a me così ben noto, in diverse lingue, mi spinse a chiedermi come sarebbe apparso il libro in altre lingue a me ignote. Così, ogniqualvolta amici e clienti mi parlavano dei loro imminenti viaggi, chiedevo loro di ricordarsi, nel caso si fermassero in qualche libreria, di controllare se c’era in vendita una traduzione de “Il Piccolo Principe”.
L’area di scaffale dedicata alle varie edizioni del libro cominciò a esibire titoli in inglese, tedesco, portoghese, russo, ma anche danese, bulgaro, serbo-croato, giapponese, lituano, friulano, cinese… Ormai era diventato troppo divertente cercare di procurarmi nuove edizioni, ed è forse solo a quel punto che la collezione era diventata davvero tale, e io iniziavo a scrivere, a informarmi, a chiedere, a fare insomma quel che fa il classico collezionista.
La collaborazione di tanti amici è stata quindi davvero fondamentale in questa raccolta. Una cosa curiosa è stato il costante e interessato entusiasmo con cui questa piccola incombenza è stata sempre accolta: come se l’essere lettori de “Il Piccolo Principe” e il ricordarsi del valore che nel libro hanno i viaggi, gli incontri e l’amicizia rendesse del tutto ovvio il senso della richiesta. Se quindi su questo catalogo ci dovesse essere una dedica, sarebbe ovvio farla al Piccolo Principe e a tutti i suoi amici: dato l’universale e immutato fascino che il libro continua a esercitare, è già un bel gruppo.
[4]

Nel 2000 la Biblioteca Panizzi riproporrà la mostra in occasione del centenario della nascita di Antoine de Saint-Exupéry col titolo “Il Piccolo Principe. Un libro senza frontiere. La Collezione Nino Nasi”.[5]
Tra i tanti fili, intellettuali e umani, che legano Nino Nasi a Pier Vittorio Tondelli, anche Il Piccolo Principe gioca un suo ruolo. Tondelli, alla fine degli anni ’70 è ancora un perfetto sconosciuto: frequenta già la Libreria del Teatro di Nino Nasi e sta già lavorando ai materiali che comporranno Altri Libertini, il suo esplosivo libro d’esordio che uscirà pubblicato dalla casa editrice Feltrinelli all’inizio del 1980 e sarà subito sequestrato. A Correggio, con un gruppo di studenti delle scuole medie superiori, Tondelli mette in scena la riduzione teatrale del Piccolo Principe. Nella presentazione al catalogo della mostra bibliografica del 1994 si ricorda che è Nino Nasi a custodire il testo originale del copione di Tondelli: è lo stesso che Nino Nasi maneggia nell’intervista presente nel documentario Lo chiamavamo Vicky di Enza Negroni, del 2011.[6]
Nel catalogo della mostra correggese del 1994 una sezione è dedicata al lavoro teatrale di Tondelli, con ampia documentazione fotografica e un articolato saggio critico di Fulvio Panzeri dal titolo “Un frammento di sensibilità in più”, dal quale estrapoliamo alcuni passaggi: “La riduzione teatrale che Tondelli opera mira a scoprire anche quel ‘mistero’ di cui lo scrittore francese si sentiva invaso: Il Piccolo Principe per Tondelli, pur essendo la sintesi di tutti gli scritti di Saint-Exupéry, non bastava a svelare (o almeno tentar di rintracciare un senso) il mistero del ‘poeta aviatore’. […] Al fondo della fascinazione per questo testo va inoltre sottolineato quanto risulti importante […] ritrovare il ‘rito magico dell’amicizia’, una forza connaturante anche l’esperienza dello scrittore, capace, pur nei suoi imbarazzi e nelle sue timidezze, di ricreare nella sua esperienza di vita una forma personalissima di quel rito magico, che, nella consapevolezza del lavoro di sè con gli altri, trova appunto nell’amicizia la forma e la coesione, forse l’espressione stessa per quella ‘misura del tempo’ da lui attraversata”.

A oggi, sono oltre 230 le edizioni del Piccolo Principe presenti nella collezione della Libreria del Teatro, in non meno di 150 lingue, dialetti, idiomi, compreso, ça va sans dire, il dialetto reggiano!

[…]

Sei • Faccio un salto da Nino
Come si frequenta la libreria

Nino, con tutti i suoi libri, ti faceva sentire l’energia della cultura: andavi per ricaricare la sostanza grigia. Ti proponeva quello che andava bene a te in quel momento.
Hamid Barole Abdu

Mio padre era del 1923, era amico di Nino Nasi ancor prima che Nasi diventasse “Nasi”.
Nei primissimi anni ’70, avevo 5 o 6 anni: mio padre andava al Caffè Ariosto e mi mollava lì, in Libreria del Teatro. Ho imparato in quegli anni cose misteriose:
1 – la gente andava lì, prendeva i libri ma non li pagava, c’era un blocco di fogli di carta tenuti assieme da un chiodo, dove lui segnava;
2 – si discuteva tantissimo: tra Nino e i clienti, i clienti tra di loro;
3 – era l’unico libraio al mondo che se non gli piaceva un libro non lo vendeva, c’erano delle targhette con scritto Sconsigliato dal libraio.
Un po’ più grande imparai altre cose:
1 – un giorno gli chiesi il libro di Tom Robbins, Natura morta con picchio, lui mi disse: è una cagata!
2 – Un altro giorno, era il 1979, in preda al turbinio ormonale adolescenziale, gli chiesi se era possibile che fosse passato il mio mito sessuale in libreria, Viola Valentino, quella della canzone che faceva Comprami, io sono in vendita… Mi rispose “Sì, è possibile”.
Arturo Bertoldi, scrittore.

[…]

Sono nato nel 1960 e ho iniziato a frequentarla nei primi anni delle superiori, a 14/15 anni: sono entrato in libreria che ero un ragazzino, molto giovane, e Nino Nasi mi dava libri, devo dire molto generosamente, a volte proprio regalandomeli, a volte con pagamento iper-rateale! Nel senso che pagavo quando avevo i soldi. Forse molti libri che ho preso a credito a 15 anni, glieli ho pagati a 30/35 anni! Ad un certo punto è diventato per noi un luogo di ritrovo: entravamo, sapevamo che c’era uno spazio a nostra disposizione, ci mettevamo a chiacchierare per i cavoli nostri, ogni tanto ci diceva: Ragazzi devo anche lavorare! Perché occupavamo tutti gli spazi!
Ha coltivato in me e nel gruppetto degli amici l’amore per i libri, i nostri interessi e passioni. Ha svolto una funzione che avrebbe dovuto svolgere il servizio scolastico pubblico, ne ha in una certa maniera vicariato il ruolo. Devo dire che ha funzionato bene per molti di noi: abbiamo scritto libri, fatto i giornalisti, insegnato all’università, quindi abbiamo messo a frutto quello che lui ha coltivato in noi da ragazzi fino alla maturità.
Marco Scarpati, avvocato.

[…]

Avrò avuto 14/15 anni quando ho conosciuto Nino Nasi, ed è stato Nicola Fangareggi a farmelo conoscere. Era il “nostro luogo” dove ci si scambiava libri, si parlava con Nino ed era anche il “nostro punto”, anzi il “nostro avamposto”, sull’uscita degli studenti dalle scuole superiori di Reggio, perché quando uscivano i ragazzi e le ragazze noi, dalla Libreria del Teatro, guardavamo tutta la sfilata, il loro passaggio in Via Crispi.
Sono pochi gli adulti che un ragazzo frequenta e conosce, a parte i genitori, gli allenatori di calcio. Nino era uno di quelli: un adulto che ascoltava dei ragazzi. Inoltre aveva un luogo, la Libreria del Teatro, dove ospitarli, ascoltarli, parlare di libri e non solo: dal Piccolo Principe a cosa scrivi, a cosa fai, a cosa progetti.
Poi arrivavano altre persone, arrivava Marco Scarpati, arrivavano altri giornalisti, qualcuno che scriveva. C’era Pier Vittorio Tondelli, che comunque era considerato un po’ l’eroe, perché aveva pubblicato, c’era Corrado Costa che abitava nell’appartamento proprio sopra la Libreria del Teatro: insomma c’era questa dimensione quasi mitologica per noi. Eravamo di poche parole e per noi il bello era stare insieme in quella dimensione, ma sono nate anche delle discussioni come quella sulla sperimentazione e sulla ricerca letteraria riguardo alle quali Nino era molto critico (e secondo me questo l’aveva sentito da Pier Vittorio Tondelli), perché è un prodotto che non vende. Qui la sua anima commerciale si trovava meglio con Tondelli e altre persone che poi avevano preso una strada diversa. C’era un po’ questa idea che Corrado Costa e tutti quelli lì, del Gruppo ’63, erano un po’ troppo intellettuali e un po’ troppo sperimentali e non vendeva mai i loro libri! E il libraio… deve anche vendere!
Giuseppe Caliceti, scrittore.

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Massimo Zamboni
Nino

Cominciamo con un ricordo di medio termine, anno 1984, quando il luogo di residenza abituale e pomeridiano era il porticato di piazza del Monte; non so neanche io perché, forse perché oramai eravamo stati scacciati da tutti gli altri anfratti cittadini e alla fine il centro del centro storico offriva un rifugio inosservato agli sradicati. Da lì tutti passavano, prima o poi, bastava restare fermi e si aveva il polso pieno della cittadinanza, di ciò che si muove, di quello che circola. Credo fosse primavera inoltrata, era uscito da poco il primo 45 giri di CCCP Fedeli alla linea, il “nostro” primo 45 giri, Ortodossia, copertina scarlatta, interno bianco nero, vinile rosso fuoco. La cerimonia privata di ascolto si era consumata in casa la sera prima nel quartiere Regina Pacis. Ascoltando quella creatura venuta alla luce in un mangiadischi anni ’50 a forma di dado, qualcosa in me ha detto, percorrendo tutte le strade dello sturm und drang tardo adolescenziale: “Ecco, se proprio dovessi morire, qualcosa l’ho fatto”. La cerimonia pubblica il pomeriggio successivo, sotto quel portico, in quella piazza. C’è uno che scende da via Crispi – in realtà salirebbe, poiché la direzione è dal Po all’Appennino, ma lasciamola lì – ha qualcosa in mano, una cosa quadrata, sottile, rossa, non ci credo, è uno che ha comprato il nostro 45 giri, è impossibile, e se lo gira tra le mani, se lo guarda, poi lo fa vedere a un altro, che se lo gira tra le mani, se lo guarda mentre io scopro di esistere, che noi esistiamo, anche solo per quell’uno. E se esistiamo è merito nostro e forse di quell’uno, ma anche di chi quel 45 giri l’ha messo in vetrina in modo che si vedesse bene, ed è ovvio che quell’uno fosse Nino della Libreria del Teatro, dove mai si sarebbe potuto trovare Ortodossia altrimenti?
Nino lo conoscevo da tempo, una decina di anni, da quando soggiogato della Beat Generation americana – brancolavo alla rinfusa alla ricerca di qualcosa che bene o male mi assomigliasse; e quel qualcosa era sempre in vetrina da lui, o negli scaffali interni, e mi aspettava seppellito tra milioni di opuscoli, riviste estinte, miracoli di controinformazione, proclami e dissensi, c’era sempre un Gregory Corso, un Kerouac & Ginsberg o nostra sorella eterna Fernanda Pivano che mi chiamava da sotto la pila dei libri e si faceva trovare per darmi un paio di consigli o esempi adatti a sopravvivere. Due mezze parole con Nino – mi sembrava una autorità, mai avrei avuto il coraggio di socializzare – poi fuga verso i Giardini pubblici con il libro in mano e la testa in agitazione, per uscirne sotto sera dopo aver subito una qualche dozzina di controlli polizieschi che peraltro non avrebbero potuto abbassare la mia beatitudine appena acquisita.
Poi in anni molto più recenti ho trovato il coraggio di accostarmi alla libreria di Nino dialogando, presentando il libro che forse mi è più caro, addirittura fotografandoci assieme in una posa “a-la-Tondelli”, pensando a quanto avrei potuto chiedergli in quegli anni in cui si dovevano porre le domande. Anni in cui – sia detto per inciso – a quattro metri dalla libreria, al piano di sopra, abitava Corrado Costa e la concentrazione di tante intelligenze in così poco spazio era una cosa da vertigini. Ma non è che fosse un guru, Nino, né un istrione. Ci sono stati tempi in cui sarebbe stato facile avere folle di seguaci se avesse voluto calcare questi atteggiamenti, ma lui preferiva collezionare e esporre quantità indefinite di ex voto e edizioni extraterrestri del Piccolo Principe, tanto che nel ricordo lo direi addirittura dimesso, sornione in qualche modo, con un impossibile borsello in cuoio appoggiato da qualche parte. Ma che passione emanava, un sovrano nel suo regno. Lo immagino aprire la sua libreria la mattina, in una Reggio egoista e ingolfata, e respirare.

Massimo Zamboni, musicista e scrittore. Fondatore insieme a Giovanni Lindo Ferretti del gruppo musicale punk rock “CCCP – Fedeli alla Linea” (attivo dal 1982 al 1990) e del “Consorzio Suonatori Indipendenti” (dal 1992 al 2000). Dal 2004 ha intrapreso la carriera solista e di compositore di colonne sonore cinematografiche.

[…]

Lettera apocrifa di Nino Nasi all’autore

Distinto Autore,
è con un certo disappunto e imbarazzo che ho appreso di questa sua opera sulla mia Libreria del Teatro. Mi è parso in un primo momento quasi bizzarro e fuori luogo il titolo e sottotitolo che ha voluto utilizzare, con riferimenti fin troppo ingenui al mio amato Borges. Se fosse uscito negli anni in cui con maggiore acribìa mi dedicavo alla correzione liberale e non richiesta di bozze, manoscritti e scartafacci (per non parlare dei libri già belli che stampati e messi in commercio dalle più importanti case editrici nazionali) avrei di certo potuto per tempo risparmiarle la fatica e l’ossessione con cui mi pare abbia pedinato e importunato più di un mio amico lettore e si sia perso e disperso in ricerche tra polverose carte d’archivio. A questo punto lascerò ai suoi “25 lettori” il compito non facile di decidere se mettere questo libro tra le “asinate” o più degnamente tra i piccoli oggetti cartacei inclassificabili e che così tanto complicano la vita ai ligi commessi delle librerie commerciali, adusi a non perdere tempo nelle zizzanie dei piccoli editori indipendenti e negli autori troppo arzigogolati.
Detto questo, con lo stesso puntiglio sarebbe da chiedere ai cosiddetti liberi pensatori, politici, amministratori, locali e nazionali, che farsene di questo patrimonio, se tale vogliamo considerarlo, delle librerie storiche, delle librerie indipendenti, che ancora “in direzione ostinata e contraria” occupano spazi commerciali nelle vie delle città in giro per l’Italia invece di passare la mano, chiudere, abdicare alfine alle logiche cangianti ma sempiterne del capitalismo.
Solo il mio amato Piccolo Principe avrebbe per certo la risposta a questi arcani misteri così come rispose, lasciandolo a bocca aperta senza la capacità di replicare, all’uomo d’affari che voleva possedere tutte le stelle: “Possiedo un fiore che innaffio tutti i giorni. Possiedo tre vulcani dei quali spazzo il camino tutte le settimane. Perché spazzo il camino anche di quello spento. Non si sa mai. È utile ai miei vulcani, ed è utile al mio fiore che io li possegga. Ma tu non sei utile alle stelle…”.
E, mi raccomando, se proprio volete regalare questo libro non incartatelo!
Cordialmente Nino Nasi

Note
[1] Il Piccolo Principe, dalla quarta di copertina del catalogo pubblicato dalla Libreria del Teatro Editrice in occasione della mostra bibliografica “Antoine de Saint-Exupéry, il poeta aviatore”, Correggio, 1994.
[2] La prima edizione del Piccolo Principe uscì, in francese e in inglese, a New York presso l’editore Reynal & Hitchcock ai primi di aprile del 1943. L’opera fu poi data alle stampe in Inghilterra nel 1944, nel 1945 in Francia e nel novembre del 1949 in Italia, da Bompiani, tradotta da Nini Bompiani Bregoli. Negli anni successivi è stata tradotta in tutte le lingue d’Europa, in molte lingue dell’Africa, dell’Asia e dell’Oceania e anche in diversi dialetti. Attualmente la si può leggere in 103 lingue, tra cui l’arabo, il croato, l’esperanto, il giapponese, il russo, lo spagnolo, il catalano, il portoghese. Non possiamo che immaginare la gioia che avrebbe provato Nino nell’apprendere che nel 2018, a Udine, è stata effettuata una lettura del testo da parte di Andrea Zuccolo, con commenti sonori di Vittorio Vella, registrata e edita da Delta Studios per conto della Casa discografica Nota di Valter Colle. Il progetto, che si è svolto utilizzando i disegni originali di Antoine de Saint-Exupéry, é stato sostenuto e finanziato da ARLef, Agjenzie Regionâl pe Lenghe Furlane. È, insomma, probabilmente il libro francese più tradotto nel mondo e uno dei dieci libri francesi più letti di questo secolo: il libro più tradotto al mondo è la Bibbia, segue Il Piccolo Principe, terzo Il Capitale di Karl Marx, quarto Pinocchio di Carlo Collodi.
[3] “Col termine generico di caverna si indicano anche le grotte e gli antri, benché gli ultimi due non siano perfettamente sinonimi. Con tale parola s’intende un luogo sotterraneo o rupestre, chiuso da una volta, più o meno infossato nella terra o nella montagna, più o meno oscuro; l’antro è, invece, una caverna più oscura e profonda, all’interno di un anfratto, senza apertura diretta alla luce.  Tralasciamo la tana, riparo delle bestie selvatiche o di briganti, il cui significato è una degradazione, o lato oscuro, di tale simbolo”. Non mi si dica che questa descrizione non calza come un guanto alla Libreria del Teatro. Ringrazio Giovanna Gozzi per avermela segnalata in https://www.ritosimbolico.it/rsi/2012/08/il-simbolo-della-caverna/
[4] Testo di presentazione della Collezione Nino Nasi, dal catalogo della mostra bibliografica “Antoine de Saint-Exupéry, il poeta aviatore”, tenutasi a Correggio dal 10 al 24 dicembre 1994 al Palazzo dei Principi, in collaborazione con la Libreria del Teatro di Reggio Emilia. Questo è l’unico testo che risulti al momento scritto e pubblicato da Nino Nasi oltre al biglietto-dedica presente nel libro di Andrea Paolella, L’emiliano postmoderno. In viaggio con Pier Vittorio Tondelli, Roma, Postcart, 2013 (p. 120).
[5] Comunicato stampa della Biblioteca Panizzi del 9 ottobre 2000 in occasione della mostra bibliografica organizzata nel centenario della nascita di Antoine de Saint-Exupéry (avvenuta a Lione il 29 giugno 1900) in collaborazione con la Libreria del Teatro: “La mostra, allestita nello spazio espositivo dell’atrio della Biblioteca e che rimarrà aperta fino al 10 dicembre 2000, espone un centinaio di edizioni del Piccolo Principe scelte dalla collezione che il libraio concittadino Nino Nasi ha raccolto in anni di ricerche. La mostra si propone di offrire al pubblico della biblioteca e al mondo della scuola un ricco panorama della fortuna editoriale e dell’interesse del Piccolo Principe e nello stesso tempo di ricordare l’opera complessiva di Antoine de Saint-Exupéry. La raccolta di Nasi, il cui catalogo è stato edito dalla Libreria del Teatro nel 1994, non si limita alle edizioni italiane e straniere del Piccolo Principe, ma si estende anche a audiocassette, dischi, videocassette, CD-Rom, tesi di laurea e persino oggettistica: agende, quaderni, calendari, orologi, album, rubriche, magliette…”.
[6] Lo chiamavamo Vicky, regia, soggetto e sceneggiatura: Enza Negroni; musiche: Andrea Dalpian; montaggio: Giusy Santoro; fotografia: Andrea Dalpian; con Pier Vittorio Tondelli, Celestino Pantaleoni, Giorgio Bonacini, Giulio Tondelli, Giuliana Bellelli, Aldo Tagliaferri, Nino Nasi; produzione: Pulsemedia; origine: Italia, 2011; durata: 50’. Dalla scheda di presentazione: “Il titolo del documentario rimanda al periodo giovanile, vissuto in Emilia, a Correggio, dove amici e familiari chiamavano lo scrittore Pier Vittorio Tondelli affettuosamente Vicky. Si raccontano così gli anni della formazione, dai suoi articoli giovanili in varie riviste correggesi dell’epoca, dal 1976 al 1978, fino al romanzo d’esordio e di grande successo Altri libertini del 1980. Citazioni dai suoi libri Camere separate e dal suo libro d’esordio ci raccontano il suo paese d’origine, Correggio, un piccolo borgo della bassa padana, come lo definisce lo stesso scrittore. Il racconto biografico dei suoi anni di formazione è proposto dall’insieme di voci narranti raccolte, dei suoi familiari, amici e testimoni diretti che hanno condiviso esperienze culturali e artistiche, fra letteratura e teatro, a Correggio, dal 1975 al 1981: suo fratello Giulio Tondelli con la moglie Giuliana Bellelli, e altri testimoni come Celestino Pantaleoni, il fotografo che realizza decine di scatti fotografici inseriti nel documentario o Giorgio Bonacini, poeta, e il libraio Nino Nasi della Libreria del teatro di Reggio Emilia e infine Aldo Tagliaferri, responsabile editoriale Feltrinelli di Altri libertini”. Una coralità di voci e letture che rendono omaggio allo scrittore a vent’anni dalla sua scomparsa, raccolte a Correggio con il prezioso aiuto della famiglia e del Centro di documentazione Pier Vittorio Tondelli.

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Immagini
Nella Libreria del Teatro di Reggio Emilia – foto di Pierluigi Tedeschi

Musiche
Arkè String Project – “Birdland”
Pierre Henry – “Psyché rock”
CCCP Fedeli alla Linea – “Punk Islam”
Robert Johnson – “Walking Blues” (feat. Keb’ Mo’)

Brano corrente

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